Palestina e Israele in una spirale di violenza senza fine

Dall’operazione dell’esercito israeliano "Break the Wave" alle incursioni dei coloni israeliani fino agli attentati a Gerusalemme. La tensione tra Palestina e Israele continua a crescere. Mentre ricorre la 45esima Giornata internazionale della solidarietà con il popolo palestinese

La violenza dei coloni israeliani nei confronti della popolazione palestinese è diventata ormai parte integrante della vita quotidiana degli abitanti della Cisgiordania. Dal 2020 a oggi si sono verificati 306 episodi di violenza che hanno coinvolto le proprietà palestinesi, 290 casi di danni a beni agricoli e 226 casi di assalti fisici, stando a quanto riferito da B’Tselem, centro d’informazione israeliano per i diritti umani nei Territori palestinesi occupati.

Giornata internazionale della solidarietà con il popolo palestinese: perché il 29 novembre

Questa la situazione sul campo, nonostante siano passati ormai ben 45 anni dall’istituzione della Giornata internazionale di solidarietà con il popolo palestinese, indetta su mandato dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite per ricordare l’adozione, il 29 novembre del 1947, della Risoluzione 181 che stabiliva la creazione di uno stato ebraico e di uno arabo. Sono trascorsi ben 75 anni, ma la nascita di uno stato palestinese, dotato di indipendenza economica e continuità territoriale, sembra quanto mai lontana.

E se in Cisgiordania gli abitanti devono convivere ogni giorno con un’occupazione militare che sembra complicare ogni aspetto della vita quotidiana, nella Striscia di Gaza la situazione è sempre più drammatica. Secondo Oxfam Italia, il 90% dell’acqua pubblica di Gaza è contaminato o non potabile. L’unica acqua utilizzabile per uso domestico è quella imbottigliata e venduta da privati a prezzi esorbitanti, con oltre il 60% delle famiglie che vive al di sotto della soglia di povertà, mentre la sopravvivenza di più della metà della popolazione dipende in modo diretto dagli aiuti umanitari.

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Coloni israeliani in Cisgiordania – Foto: © Irene Masala

Palestina e Israele: cittadini alle prese con coloni ed esercito israeliano

Le azioni messe in atto dai coloni, e talvolta anche da altri civili israeliani che non vivono negli insediamenti, comprendono il blocco di strade e di macchine palestinesi, l’incursione in villaggi e terreni agricoli, in particolare durante il periodo di raccolta delle olive, fino al danneggiamento vero e proprio dei raccolti e delle proprietà. In alcuni casi, quelli più gravi, si sono verificate vere e proprie aggressioni fisiche e armate.

Alla violenza dei coloni negli ultimi mesi si sono aggiunte le incursioni dell’esercito israeliano nell’ambito dell’operazione militare Break the Wave, lanciata 250 giorni fa con l’obiettivo ufficiale di rintracciare palestinesi sospetti di terrorismo. Le operazioni si sono concentrate in particolare nella zona di Nablus e Jenin, nel nord della Cisgiordania, e dall’inizio dell’intervento militare a oggi sono stati uccisi 130 palestinesi, 13 civili israeliani e 4 membri delle forze di sicurezza israeliane.

Il numero di operazioni militari si è ulteriormente intensificato negli ultimi giorni in seguito alla doppia esplosione del 23 novembre a Gerusalemme, in cui ha perso la vita uno studente 16enne originario del Canada e altre 21 persone sono rimaste ferite.

Nablus ed Hebron: quando il conflitto diventa assedio

All’alba dello scorso 4 ottobre, vigilia della festa ebraica Yom Kippur, un gruppo di circa 100 coloni israeliani si è riunito sulla strada che porta dalla città palestinese di Huwara a Nablus. Secondo la ricostruzione effettuata dal giornale israeliano +972Magazine, i coloni, alcuni dei quali dotati di armi automatiche, hanno bloccato la lunga fila di auto palestinesi che tentavano di entrare in città. «I coloni sono stati scortati da soldati israeliani e agenti della polizia di frontiera, che hanno chiuso un cancello di metallo situato lungo la strada per impedire il passaggio dei veicoli palestinesi. Da allora, quasi ogni giorno, i coloni si sono riversati all’ingresso sud della città per impedire ai palestinesi di entrare o uscire. In alcune occasioni hanno partecipato ai blocchi anche politici israeliani locali e membri della Knesset, il parlamento israeliano».

L’attenzione particolare su Nablus è dovuta al fatto che in città si trova il quartier generale dei Lions’ Den, gruppo di militanti palestinesi responsabile di diverse azioni contro le forze di occupazione israeliane. Nablus, come Jenin, altra città sotto controllo speciale, ricade sotto il pieno controllo amministrativo e di sicurezza dell’Autorità palestinese (Ap) in quanto zona A seconda la divisione sancita dagli accordi di Oslo.

Nonostante questo, le forze di sicurezza israeliane fanno frequentemente incursioni in città e nei campi profughi per compiere arresti e operazioni militari. In questo contesto sociale estremamente infiammabile, sono in corso in Israele le trattative da parte del leader del Likud e premier incaricato Benjamin Netanyahu e il partito di estrema destra Otzma Yehudit per la creazione di un nuovo ministero per la Sicurezza nazionale che potrebbe portare a un inasprimento del controllo militare sui territori palestinesi occupati.

Da nord a sud della Cisgiordania la situazione non cambia. A metà novembre 30 mila ebrei israeliani si sono riuniti a Hebron per una marcia celebrativa fino alla tomba di Abramo, nel cuore della città. Decine di migliaia di israeliani hanno marciato accompagnati da soldati attraverso il mercato, attaccando negozi e residenti palestinesi e dando il via a uno degli scontri più gravi degli ultimi decenni.

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Militari sui tetti a Hebron – Foto: © Irene Masala

Palestina e Israele, sempre più difficile muoversi

Le varie città e cittadine palestinesi sono tutte relativamente vicine, ma viaggiare da un luogo all’altro sta diventando sempre più difficile per gli abitanti a causa della continua crescita degli insediamenti israeliani che restringe ogni anno di più l’area in cui ai palestinesi è permesso vivere, lavorare, giocare e viaggiare in sicurezza. Sempre più spesso, infatti, i palestinesi non possono guidare tra varie zone della Cisgiordania che distano solo pochi minuti tra loro senza passare da un insediamento.

Gli insediamenti costruiti dal governo israeliano all’interno dei Territori palestinesi occupati, considerati illegali dal diritto internazionale, sono più di 280 e ospitano oltre 450 mila persone. Di questi, 150 sono avamposti non ufficialmente riconosciuti nemmeno dallo stato di Israele.

Alcune di queste aree sono state occupate con mezzi ufficiali attraverso ordini militari che dichiaravano la zona in questione “terra demaniale”, “zona di tiro” o “riserva naturale”. Altre aree sono state conquistate dai coloni con atti di quotidiana violenza che fungono così da importante strumento informale che consente allo stato di espandersi ulteriormente.

La storia di South Hebron Hills: istruzione e futuro a rischio

La stessa mattina dell’attentato a Gerusalemme, intorno alle 9, le forze di sicurezza israeliane hanno demolito una scuola elementare costruita nella comunità di Masafer Yatta, insieme di 19 frazioni nel governatorato a sud di Hebron. La demolizione è stata approvata dal giudice della Corte Suprema Isaac Amit, che ha annullato il precedente ordine provvisorio che bloccava la demolizione.

A denunciarlo è sempre l’ong israeliana B’Teselem, che sottolinea come «gli ostacoli all’istruzione stiano diventando insormontabili per studenti e insegnanti».

«La decisione della Corte Suprema israeliana dello scorso maggio di sfollare otto villaggi palestinesi nell’area ha distrutto la vita delle centinaia di persone che vivono in questi villaggi da generazioni». Una delle maggiori vittime di questa decisione, e degli sforzi di Israele per rafforzare ulteriormente l’occupazione, è stata appunto l’istruzione.

Le quattro principali scuole di Masafer Yatta sono infatti sotto immediata minaccia di demolizione e questo rende molto incerto il futuro degli studenti. Spesso gli insegnanti vengono trattenuti dalle forze dell’ordine mentre si stanno recando a scuola e l’esercito confisca regolarmente le loro auto. Secondo +972magazine solo negli ultimi mesi sono state sequestrate sei auto agli insegnanti e tutte devono ancora essere restituite.

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South Hebron Hills, Cisgiordania – Foto: © Irene Masala

Banche e assicurazioni contribuiscono all’occupazione dei Territori palestinesi

Alcune importanti compagnie assicurative e fondi pensione israeliani, tra i principali attori dell’economia nazionale, sono coinvolti in attività strettamente collegate all’occupazione militare israeliana e ai processi di espropriazione e controllo coloniale.

È quanto emerso dall’ultimo report del centro di ricerca israeliano Who Porfits?, che individua cinque enti assicurativi e finanziari – la Migdal Insurance and Financial Holdings, la Harel Insurance Investments and Financial Services, la Clal Insurance Enterprises Holdings Limited, la Phoenix Holdings e la Menorah Mivtahim Holdings – come responsabili di aver finanziato la creazione e il mantenimento degli insediamenti, con relativo sfruttamento delle risorse occupate, o di aver finanziato il complesso militare-industriale israeliano e quindi di trarre notevole profitto dall’occupazione militare e dalla colonizzazione delle terre palestinesi.

Palestina e Israele: la mappa dei Territori occupati

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