Argentina, dittatura militare a processo
In Argentina la giustizia continua il suo lavoro per ridare dignità alle vittime della dittatura militare. L’ultima condanna all’ergastolo per crimini di lesa umanità è avvenuta il 26 marzo scorso. E tutto questo nonostante il presidente negazionista Javier Milei
Due giorni dopo l’importante ricorrenza del 24 marzo che ha visto migliaia di manifestanti scendere in piazza per ricordare le vittime della dittatura del terrorismo di Stato, la giustizia argentina ha condannato all’ergastolo 10 ex agenti di polizia per crimini contro l’umanità commessi durante la dittatura (1976-1983). Non ergastolo, ma condanna a 25 anni per un altro imputato nel processo, Alberto Julio Candioti (ex capo della sezione comando e servizio del distaccamento di intelligence dell’esercito 101).
I condannati all’ergastolo sono l’ex capo del reggimento di fanteria meccanizzata n. 3 di La Tablada, Federico Minicucci, oltre a vari ex membri del distaccamento di Intelligence 101 dell’Esercito di La Plata, Carlos María Romero Pavón, Jorge Héctor Di Pasquale, Roberto Armando Balmaceda, Guillermo Alberto Domínguez Matheu.
A questi si aggiungono l’allora capitano Carlos Gustavo Fontana, l’ex ministro del governo di Buenos Aires, Jaime Smart, l’ex direttore delle Investigazioni sull’Area Metropolitana della polizia di Buenos Aires, Juan Miguel Wolk, l’allora medico della Direzione Investigativa, Jorge Antonio Bergés e l’ex ufficiale ispettore delle brigate Investigative Banfield e Lanús, Luis Horacio Castillo.
La sentenza è stata celebrata come un fatto storico anche da Amnesty International, che sulle reti sociali ha dato risalto alla notizia sottolineando l’importanza del fatto che per la prima volta anche la violenza contro le persone transgender sia affrontata come crimine contro l’umanità.
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Dittatura militare in Argentina: storia di 605 vittime a processo
Il Tribunale penale federale n. 1 (Tof 1) di La Plata ha basato le condanne sull’analisi di 605 casi di persone torturate e vittime di sparizioni forzate in tre centri di detenzione clandestini, tristemente famosi nel periodo della dittatura militare.
Si tratta dei due centri di Banfield e Quilmes, conosciuti colloquialmente come “pozzi”, e del centro El Infierno (l’inferno).
Come riportato dal giornale argentino Clarin, i tre giudici Ricardo Basilico, Walter Venditti ed Esteban Carlos Rodríguez Eggers hanno considerato che i fatti oggetto di questo processo «costituiscono crimini contro l’umanità e devono essere classificati come tali» e che suddetti fatti «sono stati commessi nel quadro di un genocidio».
I reati contestati sono quelli di sparizione forzata nei casi di persone tuttora scomparse, oltre ai casi di rapimento, trattenimento e occultamento di bambini e bambine nate durante la prigionia delle madri e che non sono stati ancora localizzati. A questo si aggiunge la violenza sessuale, privazione illegale della libertà e applicazione di tortura, omicidio, riduzione in servitù e aborto forzato.
Sono state inoltre considerate le aggravanti previste per le sparizioni forzate che hanno portato alla morte delle vittime (quei casi in cui sono stati ritrovati e identificati i resti delle vittime), di donne incinte e di minori di 18 anni.
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La notte della Matite spezzate: i desaparecidos del 16 settembre 1976
Tra i casi giudicati si trova anche il caso comunemente conosciuto come La noche de los Lapices (La notte della Matite spezzate), che ha riguardato la sparizione e l’uccisione di diversi studenti delle scuole superiori il 16 settembre 1976, nella città di La Plata, capoluogo della provincia di Buenos Aires.
Le vittime furono 10, delle quali solo 4 sopravvissero alle torture dei loro carnefici. Questi studenti orbitavano nel mondo della Ues (Unione degli Studenti delle Superiori), movimento che si era unito nel 1975 alle pressioni verso il ministero dei Lavori Pubblici per la concessione di biglietti dell’autobus con uno sconto per studenti.
I giovani vennero rapiti dai gruppi armati e dalla autorità pubbliche che rispondevano ai centri di potere della dittatura, sei di loro vennero assassinati e ancora oggi i loro resti non sono stati ritrovati: Claudio de Acha (17 anni), María Clara Ciocchini (18), María Claudia Falcone (16), Francisco López Muntaner (16), Daniel A. Racero (18) e Orazio Ungaro (17).
I quattro sopravvissuti, Pablo Díaz, Emilce Moler, Patricia Miranda e Gustavo Calotti hanno potuto confermare di essere stati torturati nei “pozzi” di Banfield e di Quilmes, centri clandestini dove operavano i protagonisti del processo già menzionato.
Importante sottolineare che attraverso la legge N° 10.671,19 del 1988 è stato stabilito nella provincia di Buenos Aires il 16 settembre come “Giorno dei diritti dello studente delle superiori”.
Storia di una dittatura: il 24 marzo in Argentina
“Giorno Nazionale della Memoria, per la Verità e la Giustizia”, questo è il nome ufficiale della commemorazione che ogni 24 marzo ricorda (e denuncia) in Argentina gli orrori della dittatura.
Un regime civile-militare che vide i suoi albori proprio il 24 marzo 1976 (e che terminò il 10 dicembre 1983) causando una scia di morte e dolore con la quale la nazione dell’America Latina fa ancora i conti tutt’oggi.
Un periodo particolarmente buio della storia nazionale, nel quale vennero torturate e uccise migliaia di persone, nel quale scoppiò la guerra delle Malvinas (1982) e che ha lasciato 30 mila persone scomparse.
La data fu stabilita nell’agosto del 2002 (pochi mesi dopo la grave crisi economica “corralito” e le successive dimissioni del presidente Fernando De la Rúa il 20 dicembre 2001) dalla Legge Nazionale 25.633, il cui articolo 1 stabilisce: “Il 24 marzo sarà istituito come Giorno Nazionale della Memoria per la Verità e la Giustizia in commemorazione di coloro che sono stati vittime del processo avviato in quella data”.
In questo 2024 ricade anche un altro anniversario importante, elemento che aumenta il simbolismo e l’emotività della commemorazione del 24 marzo. Sono passati infatti 40 anni da quando (nel 1984) la Commissione Nazionale sulla Scomparsa di Persone (Conadep) pubblicò il rapporto Nunca Más (Mai più). Si tratta di un documento fondamentale che indaga e denuncia le sparizioni forzate di persone avvenute durante la dittatura militare in Argentina in 50 mila pagine di atrocità, che includono sparizioni forzate, appropriazione di bambini, omicidi e torture.