San José de Apartadó, Colombia: morte nella comunità di Pace
Con l’uccisione di due membri della comunità di Pace di San José de Apartadó, in Colombia, ritornano i fantasmi del terrore paramilitare. Ecco cosa sta accadendo
Un duplice omicidio ha scosso la comunità di Pace di San José de Apartadó, valle dell’Urabá, dipartimento di Antioquia, Colombia. Si tratta della morte per colpi d’arma da fuoco di Nallely Sepúlveda (30 anni) ed Edison David (14) , rispettivamente moglie e figlio del coordinatore umanitario della comunità.
L’omicidio è avvenuto nella zona La Esperanza e a trovare i corpi sono stati degli adolescenti della comunità che tornavano da una attività scolastica. La notizia è stata data attraverso le reti sociali ed è poi rimbalzata sui mezzi stampa nazionali e internazionali.
La comunità ha fatto capire dalle dichiarazioni diffuse di aver già identificato i responsabili in un contesto dove si pensa che questo omicidio sia avvenuto come rappresaglia per l’attività svolta dal marito e padre delle vittime.
I fatti non sono isolati e se da un lato ricordano altri momenti difficili vissuti dalla comunità negli ultimi anni, il più grave dei quali è stato il massacro del febbraio 2005 perpetrato dall’esercito, rispondono anche ad una serie di minacce e intrusioni denunciate dalla stessa popolazione nelle scorse settimane.
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San José de Apartadó, Colombia: storia della comunità di Pace
La Comunità di Pace di San José de Apartadó si è dichiarata neutrale 27 anni fa, nel bel mezzo del conflitto armato che stava devastando e dissanguando il paese dell’America Latina. Con una scelta coraggiosa e non violenta e con l’intenzione di fermare il contagio della violenza, circa 300 famiglie che abitavano in questa zona rurale decisero di creare un autogoverno firmando il 23 marzo 1997 la dichiarazione che sanciva la creazione della comunità di Pace e ne delimitava il territorio.
Una luce di speranza in mezzo alla lotta “senza quartiere” tra esercito, guerriglia, paramilitari e narcotrafficanti, dove anche gli interessi internazionali per le rotte della cocaina e dei migranti verso nord, verso gli Usa, hanno fatto terra bruciata.
A pochi giorni dall’anniversario di questo gesto di coraggio, però, ancora una volta le circa 3000 persona della comunità devono affrontare un grave lutto e l’inoperatività della autorità preposte.
Anche il recupero dei cadaveri di Nallely Sepúlveda e di Edison David, infatti, è stato realizzato dai membri della comunità, che non ha ottenuto risposta dalla procura dopo aver segnalato i fatti e il luogo nei quale si trovavano i corpi delle vittime.
Una zona dimenticata dallo Stato colombiano
Storicamente questa zona della Colombia è stata preda della guerra che ha insanguinato il paese, un conflitto multidimensionale nel quale vari attori hanno terrorizzato la popolazione locale, violandone i diritti e mettendo in pericolo la loro integrità fisica.
Soprattutto le formazioni narco-criminali, figlie della smobilitazione dei gruppi paramilitari avvenuta tra il 2003 e il 2006, sono quelle che oggi controllano questa zona della Colombia, che confina con Panama e che rappresenta un “corridoio” molto lucrativo sia per la droga sia per il traffico di migranti.
Oggi si chiamano Autodefensa Gaitanistasde Colombia (Acg), ma se prima rispondevano agli interessi dei latifondisti in funzione anti-guerriglia, ai nostri giorni si dedicano al narcotraffico avendo sviluppato una forte connivenza con parte dell’esercito e delle autorità locali per tenere la popolazione sotto scacco. Ed è proprio in questa area che si trova la comunità di Pace di San José de Apartadó, in quello che continua ad essere uno dei luoghi più pericolosi del paese sudamericano.
Per far fronte a tutto questo, proprio il giorno primo della tragedia, Gustavo Petro, attuale presidente della Colombia, aveva organizzato e presieduto l’assemblea popolare di Urabá, per dare un gesto concreto di vicinanza a una popolazione per troppo tempo dimenticata da uno Stato arroccato nella capitale, Bogotá.
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Morte a San José de Apartadó, dal Papa all’Operazione Colomba: le razioni internazionali
Domenica 24 marzo Papa Francesco ha voluto ricordare le vittime, sottolineando inoltre che proprio questa comunità era stata premiata nel 2018 come esempio di impegno per l’economia solidale, la Pace e i diritti umani.
«Voglio esprimere la mia vicinanza alla comunità di San José de Apartadó, in Colombia, dove pochi giorni fa sono stati uccisi una giovane e un bambino», ha detto José Bergoglio di fronte a decine di migliaia di fedeli in piazza San Pietro per l’Angelus.
Una delle voci più forti è quella di Operazione Colomba, l’organizzazione italiana che accompagna dal 2009 la Comunità di Pace di San José Apartadó e che, con il suo lavoro di monitoraggio e accompagnamento costante, aiuta a mantenere alta l’attenzione su quello che succede nella zona.
«Nelle ultime due settimane noi di Operazione Colomba eravamo presenti in qualità di osservatori internazionali nel villaggio La Esperanza proprio a causa degli ultimi attacchi ricevuti. Io ero ripartita da quel villaggio il giorno prima del massacro», spiega Monica Puto, operatrice di Operazione Colomba, il corpo nonviolento di pace della Comunità di don Oreste Benzi.
Nel comunicato condiviso da Operazione Colombia poche ore dopo il massacro, la stessa Puto precisa che «la Comunità di Pace aveva subito di recente diversi attacchi: invasioni di terreno nella proprietà privata Las Delicias, all’interno del villaggio, danni materiali a beni di sua proprietà, minacce, calunnie per screditare la resistenza pacifica che portano avanti da 27 anni per proteggere la loro terra da grandi progetti estrattivi. Il Municipio di Apartadò, gli enti locali e il governo nazionale erano a conoscenza di quanto stava accadendo prima del massacro».
Dal 1997 ad oggi sono più di 300 i membri della Comunità di Pace assassinati.