Hong Kong: le proteste hanno gli anni contati

Entro il 2047 la transizione per la restituzione alla Cina dovrà essere ultimata. In vista di quella scadenza, le proteste per la libertà continuano. Così come gli arresti arbitrari e la repressione da parte delle autorità. Ecco cosa sta succedendo nella città stato asiatica

Gli arresti di massa ad Hong Kong stanno mandando in tilt il sistema carcerario della regione amministrativa speciale cinese e congestionano il lavoro della magistratura. Ammontano a 5.890 i manifestanti finiti in carcere dal giugno scorso ad oggi. Di questi, 4.368 sono uomini, 1.522 donne. Tra loro anche alcuni ragazzini di 11 e 13 anni e persone molto anziane (si parla di ultraottantenni ammanettati). A riferirlo è il sito Hong Kong Watch, l’ente londinese che monitora il flusso delle proteste antigovernative.

Da quando, sei mesi fa, la rivolta di piazza è esplosa, le richieste degli attivisti si sono fatte sempre più puntuali. E si è registrato un crescendo di violenza da parte della polizia. Sono finiti dietro le sbarre anche semplici cittadini accusati di «turbare l’ordine pubblico» o di partecipare alle sommosse, vietate dalla legge del 1997, anno in cui il “Porto Profumato” tornò alla Cina con la formula «un paese, due sistemi».

Le forze dell’ordine locali hanno dichiarato in una recente conferenza stampa che 1.377 detenuti sono stati arrestati in un solo luogo, il Politecnico (la Poly U), l’università sotto assedio, durante il lungo braccio di ferro durato 12 giorni.

Leggi anche:
Angela Gui: «Mio padre, editore detenuto in Cina»
Difensori dei diritti umani: l’Unione europea non li difende come dovrebbe
Inquinamento: l’aria di Nuova Delhi è diventata irrespirabile

hong kong protesta
Foto: Studio Incendo (via Flickr)

Proteste e scontri ad Hong Kong: retate e infiltrati dalla Cina

«L’impressione è che si facciano delle retate che servirebbero a scoraggiare la ribellione e a riempire le carceri in maniera dimostrativa. Inoltre, di sicuro tra i poliziotti di Hong Kong ci sono infiltrati del governo di Pechino», sostiene una fonte da Hong Kong che chiede l’anonimato, spiegando che le pene dei giudici possono arrivare fino a 10 anni di reclusione.

Le famiglie pagano una cauzione per vedere temporaneamente uscire i propri cari, ma non tutti escono e restano comunque in attesa di processo. Secondo diversi analisti intervistati dal South China Morning Post, la repressione attuale comincia a somigliare a quella del 1967, quando in Cina era in corso la  Rivoluzione Culturale ed Hong Kong trovò la forza di ribellarsi al governo coloniale inglese. Quei moti vennero brutalmente repressi e gli arresti furono migliaia.

L’ingerenza di Pechino si fa sempre più evidente, tanto che Human Rights Watch, dopo aver ricevuto minacce dal governo cinese, ha divulgato un comunicato in cui chiede alla Cina di rispettare il diritto dei cittadini a manifestare liberamente il dissenso.

«Negli ultimi due mesi le persone sono state arrestate senza prove certe di reato», ha dichiarato Ray Yep Kin-man, docente di Scienze Politiche all’università locale ed esperto dei moti del 1967. «Credo che la polizia stia adottando questa strategia come deterrente per coloro che potrebbero prender parte alle proteste in futuro», ha detto.

Iscriviti alla newsletter di Osservatorio Dirittiosservatorio diritti newsletter

La protesta continua all’insegna di «Vogliamo votare!»

Gli studenti non mollano e gli attivisti continuano a scendere in piazza, convinti che questa è l’«ultima battaglia per Hong Kong», come loro stessi l’hanno definita, in nome della libertà. Si tratta di una di corsa contro il tempo in vista del 2047, anno in cui la transizione per la restituzione alla Cina dovrà essere ultimata.

Dal 1997 vige una sorta di regime ibrido, con una economia liberista di mercato a forte impronta statale. Hong Kong è ancora una sorta di “zona franca” cinese, non pienamente democratica – una delle cinque richieste degli studenti è proprio il suffragio universale – eppure libera.

Le falle della democrazia sono ormai visibili. Il governatore di Hong Kong, per esempio, è eletto da un ristretto comitato elettorale composto da 1.200 cittadini, circa lo 0,01 per cento dei residenti. Le elezioni generali non sono per tutti. Quelle amministrative, invece, sono a suffragio universale. «Vogliamo votare!», grida la gente.

Leggi anche:
Cecenia: agenti russi (ancora) sotto accusa per torture nelle prigioni
Pena di morte: meno esecuzioni nel 2018, ma l’abolizione è ancora lontana
Uiguri: storia di persecuzione e repressione nello Xinjiang cinese

hong kong proteste
Foto: Studio Incendo (via Flickr)

Ultime notizie parlano di pacifisti e anziani con i ribelli

Il movimento di protesta che da giugno riempie le piazze ha due anime. Forse più di due, come conferma la fonte locale: «C’è una stragrande maggioranza di persone assolutamente pacifica e pacifista, che fin dall’inizio ha preso parte alla protesta contro il provvedimento sull’estradizione in Cina. E ci sono frange più agguerrite, disposte ad ingaggiare una lotta con le forze dell’ordine».

Il punto è che ad Hong Kong, eccetto una élite politica ed economica legata al capo dell’esecutivo Carrie Lam e a Pechino, quasi tutti i 7 milioni e 300 mila abitanti hanno scelto la democrazia e la libertà.  Tanto che a dar man forte agli attivisti più facinorosi sono scesi in piazza anche insospettabili anziani e pensionati.

Centinaia di persone con i capelli bianchi hanno raggiunto i manifestanti di Hong Kong per una lunga marcia il 30 novembre. Si è trattato di una manifestazione pacifica. «L’intera Hong Kong vi sostiene», si leggeva su uno dei cartelli. La gente non tollera le interferenze della Cina continentale, soprattutto da quando Pechino ha affilato i coltelli, dopo il sostegno ricevuto dagli attivisti dal Congresso americano e dal presidente statunitense Donald Trump.

«Il governo vorrebbe che lasciassimo soli quelli che stanno in prima linea», ha dichiarato il 64enne Tam Kwok-sun, tra gli organizzatori delle manifestazioni. «Noi, invece, gli staremo vicino».

Leggi anche:
Cile alla prese con proteste di massa e abusi di potere
Mine antiuomo: in Colombia vittime triplicate in tre anni

hong kong notizie
Hong Kong – Foto: Pixabay

Cina: ritorsioni verso chi sostiene Hong Kong

D’altro canto, anche in Cina si fa sentire la ritorsione verso gli attivisti cinesi accusati di sostenere la protesta di Hong Kong. Sophia Huang Xueqin, giornalista freelance e attivista femminista, è stata arrestata il mese scorso nella Cina del Sud e trasferita in regime di “sorveglianza residenziale” in una località segreta, dove è vietato l’accesso persino ai suoi avvocati e ai familiari.

Huang, 32 anni, è una figura chiave del movimento del Metoo cinese, ma continua a subire l’attacco delle autorità di Pechino da quando ha trascorso sei mesi ad Hong Kong per seguire le proteste. È stata accusata di «turbamento dell’ordine pubblico», crimine per il quale sono previsti fino a 5 anni di reclusione.

Cosa sta succendendo ad Hong Kong: le pene per gli attivisti

Le prime sentenze emesse a fine novembre ad Hong Kong sono esemplariNg Ting- pong, 43 anni, è stato condannato a 10 mesi di carcere e al pagamento di una multa di 1.670 dollari per aver sputato in faccia a un poliziotto. E uno studente di musica di 24 anni, Cheng-Zimou, rimarrà sei settimane in carcere per essere stato trovato in possesso di armi improprie, un bastone “‘espandibile”, durante una delle manifestazioni di Hong Kong.

Preoccupa la definizione di «arma impropria»: gli attivisti del gruppo Telegram Guardians of Hong Kong – uno dei più efficaci nel tradurre la stampa locale non di regime e nel far circolare notizie sulla violazione dei diritti – contestano il fatto che le penne laser possano essere considerate un’arma. Il possesso di questi oggetti, infatti, è diffuso tra gli studenti.

Un ragazzino di 16 anni passerà tre mesi in un centro di riabilitazione proprio per averne usata una, insieme a un “ombrello modificato”, durante i cortei. Dal 21 settembre, giorno del suo arresto, il minorenne è in custodia cautelare in carcere.

Peggio è andata all’attivista Amy Pat Wai-fun, 24 anni, condannata a 3 anni e 10 mesi per aver partecipato ai moti di Mong Kok nel 2016 (una durissima protesta durata una notte).

La cartina di Hong Kong

Lascia una risposta

L'indirizzo email non verrà pubblicato.