Diritti umani violati: la denuncia di Human Rights Watch
Il rapporto globale di Human Rights sui diritti umani violati nel mondo mette al centro l'Asia: in Corea del Nord e Vietnam aumenta la repressione; in Cina sono criminalizzate le minoranze; mentre India, Pakistan, Bangladesh e Indonesia vanno al voto nel 2024, ma le istituzioni democratiche sono minacciate
Diritti umani sacrificati per aumentare il potere, indignazione selettiva verso chi viola i diritti umani e repressione che supera i confini nazionali stanno minacciando il sistema di tutela dei diritti umani adottato 75 anni fa con la Dichiarazione universale dei diritti umani delle Nazioni Unite.
È quanto emerge dal 34esimo rapporto globale annuale di Human Rights Watch che analizza la situazione dei diritti umani in oltre 100 Paesi e ha un focus sull’Asia, dove la repressione crescente da parte dei governi sta mettendo a rischio i diritti umani.
Diritti umani violati: gli esempi di Cina, Corea, Vietnam, India, Pakistan, Indonesia e Bangladesh
L’ong segnala nel rapporto che, nel 2023, il governo cinese ha continuato a commettere crimini contro l’umanità nei confronti degli Uiguri e di altre minoranze musulmane nello Xinjiang e ha rafforzato le politiche di abuso in tutto il Paese.
Corea del Nord e Vietnam hanno fatto registrare un’escalation della repressione.
Per India, Pakistan, Indonesia e Bangladesh il 2024 sarà un anno di elezioni, ma in tutti e quattro gli Stati le istituzioni democratiche e lo stato di diritto sono sotto attacco.
«Le minacce dei governi asiatici nei confronti dei diritti umani a livello nazionale e internazionale richiedono nuovi e coraggiosi approcci da parte dei governi e delle istituzioni democratiche rispettose di quei diritti. In tutta l’Asia le persone vedono i loro diritti e le loro libertà calpestati o ignorati. È necessaria una leadership più forte per proteggere e promuovere i diritti umani nella regione, o la situazione non potrà che peggiorare», ha detto Elaine Pearson, direttrice per l’Asia di Human Rights Watch.
In Asia manca un’istituzione regionale in difesa dei diritti umani
In Asia manca una carta dei diritti umani o un’istituzione regionale preposta alla salvaguardia dei diritti umani e l’associazione delle nazioni del Sud Est Asiatico (Asean) si è ripetutamente dimostrata incapace di affrontare le crisi regionali, in particolare quella in Myanmar, sottolinea Human Rights Watch.
In Cambogia le elezioni dello scorso luglio non potrebbero nemmeno definirsi tali, perché il governo ha impedito al principale partito di opposizione di partecipare.
In vista del voto del 2024 in Bangladesh, le autorità hanno intensificato gli attacchi ai politici di opposizione e sono più di 10 mila i dissidenti arrestati.
In Vietnam e India le autorità hanno aumentato gli arresti arbitrari e le condanne di chi critica il governo, compresi gli attivisti per il clima.
Nelle Filippine, sindacalisti, giornalisti e attivisti sono bersaglio di politiche repressive, spesso mortali.
Il governo della Corea del Nord mantiene i suoi confini sigillati e ha quasi tagliato fuori la sua popolazione dal resto del mondo, peggiorando la situazione dei diritti umani nel Paese.
In Afghanistan i talebani hanno rafforzato le già severe restrizioni, in particolare nei confronti di bambine, ragazze e donne.
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Diritti umani violati oggi nel mondo: repressione oltre confine
Nel 2023 diversi governi asiatici hanno portato avanti condotte repressive anche al di fuori dei loro confini.
Nel rapporto vengono segnalati, in particolare, due casi che hanno riguardato l’India. In settembre, il governo canadese ha affermato di avere le prove che agenti del governo indiano fossero coinvolti nell’omicidio di un attivista separatista Sikh avvenuto in Canada, un’accusa che il governo indiano ha negato.
In novembre, le autorità statunitensi hanno incriminato un uomo per aver complottato con il governo indiano l’uccisione di un attivista separatista Sikh negli Stati Uniti.
Ma l’India non è un caso isolato. Secondo Hrw, il governo del Ruanda si è reso responsabile di una dozzina di rapimenti, sparizioni forzate, aggressioni, minacce e uccisioni contro cittadini ruandesi critici nei propri confronti e che vivono all’estero.
Anche il governo cinese ha esportato la sua repressione nei confronti di cittadini cinesi e non cinesi e istituzioni critiche nei propri confronti: nel rapporto si parla di aggressioni, violenza, sorveglianza e intimidazioni verso studenti e accademici in università occidentali che hanno parlato degli abusi del governo cinese a Hong Kong, in Tibet o nello Xinjiang.
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Diritti umani e governi asiatici: la situazione
L’organizzazione ricorda che nel Consiglio di sicurezza dell’Onu il Giappone è rimasto in silenzio e ha rifiutato di imporre o rafforzare le sanzioni contro i governi del Sud Est asiatico che violano i diritti umani, lo stesso ha fatto la Corea del Sud.
L’Australia è stata molto più lenta rispetto ad altri governi occidentali nell’usare sanzioni contro i governi che violano i diritti umani, in particolare con la Cina.
Il governo indiano ha completamente abbandonato la pratica adottata in passato di promuovere i diritti umani tra i suoi vicini, come Myanmar, Sri Lanka e Nepal.
L’emergere dell’Indonesia come un Paese più rispettoso dei diritti umani non si è tradotto in politiche di sostegno ai diritti umani al di fuori dei propri confini.
«Le democrazie in Asia – come India, Indonesia, Giappone e Corea del Sud – hanno fallito nel fornire una leadership per migliorare i diritti umani nella regione o nel mondo. Devono capire che la repressione fuori dai propri confini ha effetti sui diritti umani a casa loro», ha detto Pearson.
Indignazione selettiva: dalla guerra in Israele al caso dell’Ucraina
Nel rapporto Human Rights Watch pone l’accento sul doppio standard spesso adottato dai governi verso chi vìola i diritti umani. «Ci sono governi che condannano i crimini di guerra di Israele a Gaza, ma non dicono nulla sui crimini contro l’umanità perpetrati dalla Cina nello Xinjiang.
Altri chiedono di perseguire a livello internazionale la Russia per i crimini di guerra in Ucraina, ma sottovalutano la responsabilità degli Stati Uniti in Afghanistan, indebolendo così il riconoscimento dell’universalità dei diritti umani e la legittimità delle leggi adottate per tutelarli», scrive Tirana Hassan, direttrice esecutiva dell’organizzazione.
L’indignazione selettiva ha un costo in termini di diritti umani per tutti coloro che hanno bisogno di protezione nel mondo: «Manda un messaggio chiaro: alcune persone meritano protezione, ma non tutte. Alcune vite valgono più di altre», aggiunge Hassan.
A questo si aggiunge la diplomazia delle transazioni utilizzata dai governi per ottenere vantaggi a breve termine: gli Stati Uniti mantengono alleanze con Paesi che violano i diritti umani come Arabia Saudita, Egitto e India, ma che sono considerati Paesi chiave nella loro agenda politica o visti come baluardi contro la Cina; l’Unione Europea stringe accordi con Paesi che violano i diritti umani come Libia, Turchia e Tunisia per impedire l’ingresso di migranti o richiedenti asilo da Africa e Medio Oriente.
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Diritti umani violati per consolidare il potere
Nel 2024 quasi metà della popolazione mondiale andrà a votare, ma molti leader politici stanno facendo di tutto per eliminare chi critica le loro azioni e decisioni e consolidare il proprio potere.
In Perù il governo ha adottato misure per minare le altre istituzioni democratiche, limitare la responsabilità del legislatore ed eliminare i membri del Comitato nazionale di giustizia, il cui ruolo è garantire l’indipendenza di giudici, procuratori e autorità elettorali.
In Thailandia la Corte costituzionale ha sovvertito la volontà della popolazione nelle elezioni del 2023, sospendendo il principale candidato a primo ministro con accuse fasulle.
In Europa, Stati Uniti, Australia e Vietnam i governi stanno adottando misure repressive e sproporzionate per punire gli attivisti del movimento per il clima.
«La lenta distruzione di questi controlli ed equilibri vitali può avere conseguenze allarmanti per i diritti umani e lo Stato di diritto», ha scritto Hassan.