India: l’aria di Nuova Delhi è diventata irrespirabile
L'inquinamento ambientale picchia duro nella zona di Nuova Delhi e dintorni. Con conseguenze più gravi soprattutto per la popolazione più povera dell'India, che non ha alcun mezzo per difendersi. La Corte Suprema individua nei governi statali i maggiori responsabili di questa situazione
Il 1° novembre gli abitanti di Nuova Delhi, capitale dell’India, si sono svegliati sotto una densa coltre di smog che rendeva l’aria irrespirabile. Le autorità locali hanno dichiarato l’emergenza di salute pubblica dopo che gli indici della qualità dell’aria sono schizzati a “grave+” con i diversi misuratori sparsi per la città che hanno in alcuni casi superato il tetto di 999 nell’Indice di qualità dell’aria (Aqi), che misura i livelli di particolato e sostanze tossiche nell’aria: il peggior dato negli ultimi due anni.
Come ogni autunno – complici l’assenza di vento, la morfologia della città e la nebbia che forma una cappa – la qualità dell’aria nella capitale indiana peggiora drasticamente trasformandosi in “emergenza”. Un’emergenza che ogni anno ricorda come le misure per contrastare l’inquinamento ambientale cronico che attanaglia la città siano insufficienti.
Questo novembre, con i misuratori di Pm 2,5 che hanno raggiunto 484 (su una scala di 500), le autorità della capitale si sono affrettate a imporre le solite, palliative, misure d’emergenza: la chiusura di scuole e fabbriche, le targhe alterne, la sospensione dei lavori nei molti cantieri, la distribuzione di 5 milioni di mascherine anti-smog per i cittadini.
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Perché l’India è inquinata: la situazione a Nuova Delhi
Ogni anno, per una serie di fattori, a inizio inverno, si registra un drammatico peggioramento dell’aria in quella che è già una crisi di salute pubblica in una città di oltre 25 milioni di abitanti.
Molti sono i fattori che contribuiscono al grave inquinamento atmosferico di Nuova Delhi: le emissioni industriali, quelle dei veicoli privati e commerciali (il trasporto pubblico funziona a gas), la polvere dei cantieri che senza sosta demoliscono e ricostruiscono zone intere della città, le centrali a carbone (il 70% dell’energia in India è prodotta da combustibili fossili), la combustione della stoppia negli stati agricoli vicini, che si stima sia responsabile di quasi il 10% dell’inquinamento della regione.
Tutti questi fattori, combinati con una serie di fenomeni atmosferici – come basse temperature, nebbia e assenza di vento – fanno si che la coltre di smog stazioni sulla città e su tutta la pianura gangetica che arriva al Golfo del Bengala fino alla primavera. La data che di solito segna il passaggio è quella di Diwali, una festa hindu che si celebra tra ottobre e novembre e per la quale tutta l’India si illumina a giorno per i fuochi d’artificio. All’alba del giorno successivo Delhi è una camera a gas. Con Diwali inizia la stagione dello smog che in India, dove si registra un’altissima incidenza di malattie polmonari e respiratorie, uccide ogni anno 1,2 milioni di persone.
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Problemi ambientali nel mondo: le città più inquinate
Una classifica di Greenpeace e AirVisual pubblicata lo scorso marzo e basata sui rilevamenti del 2018 in 3.000 città in tutto il mondo ha rivelato che 22 delle prime 30 città più inquinate sono in India. Delhi è classificata come 11esima città, ma è la capitale più inquinata.
Inoltre, scorrendo la classifica si nota che la prima, la seconda, la quarta e la sesta città nella lista (rispettivamente Gurugram, Ghaziabad, Faridabad e Noida), pur se tecnicamente si trovano in altri stati (Haryana e Uttar Pradesh), sono attigue alla capitale e fanno parte della Regione della Capitale Nazionale (Ncr), una divisione amministrativa che rende il territorio della capitale un territorio a sé stante, con 46 milioni di abitanti e New Delhi come capoluogo, amministrato dal governo centrale e da quello locale. In altre parole, il primato è indiscutibilmente di Delhi con le sue città satellite: una città-stato dove i poteri – statale e centrale – si accavallano rendendo ancora più difficile l’attribuzione di responsabilità in un settore già di per sé transdisciplinare.
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Inquinamento India: la Corte Suprema punta il dito contro i governi
Lo scorso 25 novembre la Corte Suprema Indiana, massimo organo giudiziario indiano, ha decretato che i governi statali sono responsabili per i danni causati ai cittadini dall’inquinamento atmosferico. Respirare aria pulita, hanno dichiarato i giudici della corte, è un diritto costituzionale che i governi statali hanno sistematicamente disatteso.
La Corte ha concesso una finestra di sei settimane agli stati per spiegare perché non dovrebbero essere considerati responsabili per aver messo a rischio il diritto alla vita dei cittadini, “per aver fallito nell’esercizio delle proprie funzioni”.
In passato la Corte aveva più volte invitato i governi a adottare misure concrete che però hanno colpito solo l’anello più debole della catena: negli stati agricolo del Punjab, Uttar Pradesh e Haryana, l’ordine di fermare gli incendi dei residui agricoli contro cui tutti i politici puntano il dito si è spesso tradotto solo in multe per i coltivatori più poveri che non posseggono i macchinari e che quindi non possono far altro che incendiare i campi per fare spazio alle nuove colture.
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Soluzioni anti-inquinamento a scapito dei più deboli
Il peso dei fallimenti del governo in materia ambientale spesso ricade sulle spalle dei più deboli. E se è vero che l’inquinamento atmosferico è democratico nel suo colpire tutti i residenti indiscriminatamente, è altrettanto vero che i ricchi sono meno esposti alle sostanze volatili tossiche della capitale. I purificatori dell’aria, le cui vendite sono salite alle stelle negli ultimi anni tra le fasce alte delle città, e le auto di grossa cilindrata con autista e aria condizionata, riducono al minimo il contatto dei loro proprietari con l’aria contaminata e dalla quale i poveri e le fasce più deboli non hanno riparo.
La risposta del governo centrale all’inquinamento da record della capitale è stata installare costosi purificatori dell’aria negli uffici ministeriali, come ad avallare questa divisione di classe, anche nell’aria che si respira. Le emergenze degli ultimi anni hanno però avuto il merito di contribuire a diffondere una maggiore coscienza del tema nella popolazione. Che ora aspetta delle risposte.