Myanmar oggi: la situazione dopo il colpo di Stato nel racconto degli sfollati

La guerra civile in Myanmar prosegue dopo il colpo di Stato dei militari del 1° febbraio 2021. Soprattutto nelle zone etniche, dove vengono denunciati crimini di guerra e contro l'umanità. Ecco cosa ci hanno raccontato gli sfollati nascosti nella giungla

Chiang Mai (Thailandia)

Non solo Ucraina. Anche in Myanmar continua a scorrere sangue. Soprattutto nelle zone etniche, dove il conflitto armato contro la giunta militare si è riacceso dopo il colpo di Stato del febbraio 2021.

La guerra sta causando migliaia di morti e solo negli stati Karen e Karenni, nel sud-est del Paese, si contano oltre 150 mila sfollati negli ultimi mesi.

Amnesty International denuncia una nuova ondata di crimini di guerra e probabilmente di crimini contro l’umanità. «I militari birmani hanno intensificato i raid aerei e il fuoco dell’artiglieria contro la popolazione civile. Gli attacchi hanno colpito case, centri sanitari, templi e chiese», spiega l’organizzazione.

Situazione Myanmar oggi: Amnesty denuncia torture, esecuzioni, saccheggi

«L’esercito del Myanmar ha sottoposto i civili Karen e Karenni a punizioni collettive attraverso diffusi attacchi aerei e terrestri, detenzioni arbitrarie, torture, esecuzioni extragiudiziali, saccheggi e incendi di interi villaggi», si legge su “I proiettili piovono dal cielo: crimini di guerra e sfollamento nel Myanmar orientale“, l’ultimo rapporto pubblicato dall’organizzazione.

Il documento si basa su ricerche condotte da marzo ad aprile 2022. L’organizzazione, che ha intervistato 99 persone, tra cui decine di testimoni o sopravvissuti agli attacchi e tre disertori dell’esercito birmano, ha anche analizzato oltre 100 fotografie e video relativi a violazioni dei diritti umani, che mostrano lesioni, distruzione e uso di armi, oltre a immagini satellitari, dati sugli incendi e dati di volo di aerei militari open source.

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Foto: via Pixabay

Cosa succede in Myanmar: condizioni disumane per gli sfollati

Molte persone sono state costrette a scappare dai loro villaggi e a rifugiarsi nella giungla a causa dei bombardamenti dell’aviazione birmana e stanno vivendo in condizioni disumane, con una scarsa assistenza sanitaria e una forte insicurezza alimentare.

«Gli operatori umanitari hanno parlato della crescente malnutrizione e delle difficoltà a raggiungere gli sfollati a causa delle continue violenze e delle restrizioni militari», ha detto Matt Wells, vicedirettore per la risposta alle crisi dell’organizzazione che lotta per i diritti umani.

Per le restrizioni al diritto di attraversare il confine con la Thailandia, la maggioranza degli abitanti dei villaggi sfollati rimane in territorio birmano e quindi non può beneficiare di una più ampia protezione internazionale e assistenza umanitaria.

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Gli effetti della guerra civile nell’ex Birmania sulle forniture mediche

«La giunta militare ha imposto pesanti restrizioni al trasporto di forniture mediche e aumentato il numero dei posti di blocco militari», si legge in un rapporto di Karen Human Rights Group.

«Alcuni abitanti dei villaggi sfollati possono accedere ai servizi sanitari offerti da una rete di organizzazioni locali all’interno del Paese e che operano vicino al confine tra Thailandia e Birmania, ma in molti casi non riescono a muoversi a causa dei controlli dei militari birmani. Non potendo accedere a strutture mediche adeguate alcuni sono morti di conseguenza», spiega l’organizzazione.

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Foto: via Pixabay

La testimonianza degli sfollati al confine tra Thailandia e Myanmar

Nascosti nella foresta in territorio birmano, a poche centinaia di metri dalla vicina Thailandia, si sono rifugiate circa 500 persone Karen, che hanno abbandonato le proprie abitazioni a seguito dell’incremento delle operazioni militari del Tatmadaw, l’esercito del Myanmar.

«Ero nella mia casa nel villaggio di Kaw Kaw Bo Mya. Quando all’improvviso, durante la notte, verso le 3, gli aerei birmani hanno sganciato quattro bombe», racconta una donna anziana a Osservatorio Diritti. «Siamo subito scappati e ora viviamo qui, in questo campo di fortuna che abbiamo costruito con le famiglie degli altri villaggi sotto attacco».

«Non abbiamo portato niente con noi. Siamo dovuti scappare di notte, abbiamo lasciato tutto. Speriamo di tornare presto a vivere nella normalità e, soprattutto, che la nostra casa ci sia ancora», dice un’altra ragazza con un neonato in braccio.

Date alla fiamme oltre 200 case in un villaggio nel nord del Myanmar

Secondo quanto riportano residenti e media locali, alla fine di maggio i soldati birmani hanno dato fuoco a centinaia di case nei villaggi di Kinn e Ke Taung, nella regione di Sagaing, nel nord del Paese, un’altra zona di pesanti combattimenti tra le forze di difesa popolare e l’esercito.

Il raid sarebbe iniziato il 26 maggio ed è continuato per tre giorni. «Più di 200 case sono state bruciate. La mia è stata completamente distrutta, rimangono solo le fondamenta di cemento», ha detto un abitante ai media locali.

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