Guerra civile in Myanmar, la denuncia dell’Onu: «In corso crimini contro l’umanità»
La guerra civile in Myanmar continua dal 1° febbraio 2021 con tutta la sua violenza. Un nuovo rapporto delle Nazioni Unite accusa i militari birmani di crimini contro l'umanità e chiede un impegno immediato della comunità internazionale per fermare l'esercito
da Chaing Mai (Thailandia)
Non solo Ucraina. La guerra continua anche in Myanmar, dove il primo febbraio 2021 i militari hanno preso il potere con un colpo di Stato. La violenza dell’esercito contro la popolazione, che sin dall’inizio si è battuta per rovesciare il golpe, fino ad ora, secondo i dati forniti dall’Assistance Association for Political Prisoners, ha causato la morte di quasi 1.700 persone e oltre 11 mila arresti.
Ma le vittime di questo conflitto dimenticato potrebbero essere molte di più, soprattutto nelle zone etniche, dove migliaia di persone sono scomparse nel nulla e centinaia di migliaia sono fuggite dai loro villaggi, cercando di mettersi al riparo dagli attacchi e dai bombardamenti delle forze armate birmane.
Guerra civile in Myanmar, la denuncia delle Nazioni Unite
«Le forze armate e di sicurezza del Myanmar hanno mostrato un palese disprezzo per la vita umana, bombardando le aree popolate con attacchi aerei e armi pesanti e prendendo di mira deliberatamente i civili, molti dei quali sono stati colpiti alla testa, bruciati a morte, arrestati arbitrariamente, torturati o usati come scudi umani», ha detto Michelle Bachelet, Alto Commissario Onu per i diritti umani, presentando il rapporto pubblicato in occasione della 49a sessione del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite.
Il documento si basa su interviste ad oltre 155 vittime, testimoni e avvocati, i cui resoconti sono stati avvalorati da immagini satellitari, file multimediali verificati e informazioni open source considerate molto attendibili. Tuttavia questi dati «rappresentano solo una frazione delle violazioni e degli abusi a cui è stata sottoposta la popolazione del Myanmar dal colpo di Stato», precisa Bachelet, aggiungendo che «oltre 440 mila persone sono state sfollate e 14 milioni hanno bisogno assistenza umanitaria urgente, in gran parte bloccata dai militari in aree di bisogno nuove e preesistenti».
Ascolta “Myanmar: genocidio e crimini contro l’umanità, ma nessuno fa niente” su Spreaker.
Crimini contro l’umanità: cosa succede in Myanmar
Il rapporto sottolinea che il Tatmadaw, l’esercito della ex Birmania, è convolto in violenze e abusi nell’ambito di un attacco diffuso e sistematico contro i civili. A luglio nella regione di Sagaing, a 20 chilometri a Sud-Ovest di Mandalay, la seconda città più grande del Paese, «i soldati hanno ucciso 40 persone in una serie di raid», si legge nel documento dell’Onu. «Gli abitanti del villaggio hanno trovato i resti di alcune vittime con mani e piedi ancora legati dietro la schiena».
A dicembre nello Stato Kayah (quello dell’etnia Karen), alla vigilia di Natale, i militari hanno bruciato i corpi di 31 civili. Gli abitanti del villaggio hanno descritto di aver scoperto i resti in diversi camion, con corpi trovati in posizioni che indicavano che avevano tentato di scappare e che erano stati arsi vivi. Altri attacchi dell’esercito birmano contro la popolazione sono in atto negli stati etnici Karen, Kachin e Shan.
Leggi anche:
• Myanmar: le proteste contro il colpo di Stato proseguono, la repressione pure
• Myanmar: a un anno dal colpo di Stato esplode il mercato della droga
Myanmar: stupri e torture nei centri di detenzione militari
«Alcuni detenuti hanno riferito di aver subito tortura e altre forme di maltrattamento durante lunghi interrogatori nei centri di detenzione militari in tutto il Myanmar», spiega la Bachelet.
Secondo quanto hanno riportato le testimonianze, le violenze erano disumane. Alcuni prigionieri sarebbero stati costretti a stare in piedi per ore, senza cibo e senza acqua. Altri sarebbero stati appesi al soffitto. Altri ancora venivano colpiti da scosse elettriche o drogati. Ma non solo. Alcuni detenuti avrebbero subito violenze sessuali e quelli di fede musulmana sarebbero stati costretti a ingerire carne di maiale.
Diverse associazioni locali che si battono per i diritti umani denunciano altre torture, sparizioni, uccisioni e stupri in varie parti della ex Birmania. Modus operandi di certo non nuovo al Tatmadaw, che ha sempre puntato sul terrore per imporre il proprio controllo, soprattutto nelle zone etniche, dilaniate da decenni di combattimenti legati alle richieste di autonomia.
Leggi anche:
• Turismo sessuale minorile: il primato dei clienti italiani
• Afghanistan: talebani a colloquio con l’Occidente su diritti umani e crisi umanitaria
La guerra in Myanmar prosegue dal febbraio 2021: l’Onu si appella alla comunità internazionale
«Durante il tumulto e la violenza dell’ultimo anno, la volontà del popolo non è stata infranta. Rimangono impegnati a volere un ritorno alla democrazia e alle istituzioni che riflettano le loro volontà e aspirazioni», ha affermato Bachelet. «La spaventosa ampiezza e portata delle violazioni del diritto internazionale subite dal popolo del Myanmar richiedono una risposta internazionale ferma, unificata e risoluta».
Proprio per questo «è necessaria un’azione significativa urgente da parte della comunità internazionale per impedire che ancora più individui vengano privati dei loro diritti, delle loro vite e dei loro mezzi di sussistenza», ha concluso l’Alto Commissario Onu per i diritti umani.