Myanmar: cresce la rivolta popolare contro il colpo di Stato
In tutto il Myanmar si intensificano i combattimenti tra l'esercito e i gruppi di difesa popolare appoggiati dal governo ombra. La situazione si è infuocata dopo un discorso del presidente del National Unity Government. Testimoni parlano di torture atroci contro i civili
Il Myanmar non fa più notizia. Ma da nord a sud del Paese cresce la rivolta armata contro i generali, al potere dopo il colpo di Stato del 1° febbraio 2021 (leggi Colpo di stato in Myanmar: ecco cosa sta succedendo nell’ex Birmania). Le proteste di piazza dei primi mesi, quando centinaia di migliaia di persone erano scese nelle strade delle principali città, subendo la sanguinosa repressione dei militari, si sono trasformate con il tempo in una vera e propria guerra civile.
Gli scontri a fuoco tra l’esercito e il People’s Defense Forces (Pdf), i gruppi di difesa popolare appoggiati dal governo ombra – il National Unity Government (Nug) – sono all’ordine del giorno e in atto in gran parte della ex Birmania. Così come proseguono senza sosta i combattimenti delle principali guerriglie etniche del Paese, che da decenni combattono per l’autonomia e che hanno intensificato le loro azioni proprio dopo il golpe (leggi Guerra in Myanmar: l’esercito bombarda i civili nello Stato Karen).
Colpo di Stato in Myanmar: l’appello per una rivoluzione popolare
La situazione è diventata più infuocata dopo che il 7 settembre scorso Lashi La, presidente ad interim del Nug, in una dichiarazione ufficiale diffusa su Facebook ha lanciato l’appello a tutti i gruppi di autodifesa di iniziare una «rivolta armata popolarecontro la giunta militare guidata dal generale Min Aung Hlaing».
Nel video Lashi ha anche invitato gli amministratori nominati dai militari a diversi livelli a lasciare immediatamente le loro posizioni per unirsi alla rivoluzione, alle guardie di frontiera e ai soldati ha chiesto di «unirsi al popolo e attaccare il nemico» ed infine ha accusato i militari di aver commesso «crimini di guerra».
Dopo l’appello, i Paesi dell’Associazione delle Nazioni del Sud-est asiatico (Asean), che hanno proposto un cessate il fuoco di quattro mesi per consentire la consegna di aiuti umanitari, hanno esortato alla moderazione tutte le parti in conflitto.
Molto probabilmente, la dichiarazione del Nug ha anche l’intento di attirare l’attenzione della comunità internazionale sulla situazione in Myanmar. Ma secondo alcuni analisti questa mossa potrebbe anche ritorcersi contro e complicare gli sforzi dell’opposizione fatti in questi mesi per ricevere il sostegno di Europa e Stati Uniti.
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La situazione oggi: combattimenti e bambini uccisi nella guerra civile in Myanmar
Dopo l’appello lanciato da Lashi La, violenti combattimenti si sono verificati in diverse parti del Paese. La sera del 7 settembre sono scoppiati scontri a fuoco tra le forze di resistenza locali e i soldati della giunta nel villaggio di Daw Poe Si, al confine tra i comuni di Demoso e Loikaw, nello stato Karenni. Il 9 settembre a Gangaw, nella regione di Magway, una ventina di persone è rimasta uccisa durante la battaglia tra la milizia locale del Pdf e l’esercito.
«Hanno sparato con l’artiglieria e hanno bruciato tutte le case nel nostro villaggio. Tra le vittime ci sono anche tre bambini e mio figlio di 17 anni», ha detto all’agenzia Reuters un residente di 42 anni. «Ho fatto fatica a riconoscere il suo corpo tra tutti i cadaveri. Ho perso tutto quello che avevo… Non li perdonerò mai», ha aggiunto disperato.
Altri combattimenti si sono verificati a Thantlang, nello stato Chin, al confine con l’India, dove i residenti locali hanno organizzato nei mesi scorsi un’eroica resistenza con armi rudimentali, e a Yangon, la capitale commerciale del Myanmar. Ma non solo, più di 80 torri di telecomunicazioni di proprietà di Mytel, una joint venture tra l’esercito del Myanmar e il ministero della Difesa del Vietnam, sono state distrutte dalle forze di resistenza civile in tutto il Paese (leggi anche Myanmar: banche europee e società internazionali sostengono i militari).
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Colpo di Stato: denunciate torture sui civili da parte dell’esercito
Secondo quanto riferisce il quotidiano Irrawaddy, le truppe del Tatmadaw – l’esercito birmano – avrebbero torturato e mutilato i civili dopo gli scontri a Gangaw. Nell’articolo si legge che «cinque civili sono stati trovati morti con i corpi mutilati vicino al punto in cui gli uomini della giunta si sono scontrati con i combattenti della resistenza locale il 9 settembre. Le vittime sono state colpite e torturate e su due corpi sono stati tagliati i genitali».
«C’erano tagli sulle gambe e sulle braccia. I volti erano gravemente sfigurati», ha detto un testimone al quotidiano. «Abbiamo dovuto cremare i corpi sul posto, era impossibile spostarli in quelle condizioni», ha aggiunto.
Guerra civile nell’ex Birmania: migliaia di morti e dispersi
Fino ad ora, secondo i dati riportati dall’Associazione per l’assistenza ai prigionieri politici (Aapp), un’organizzazione per la difesa dei diritti umani basata in Thailandia, i militari avrebbero ucciso 1100 persone dal colpo di Stato. Ma i numeri potrebbero essere molto più alti, soprattutto perché ci sono migliaia di persone scomparse ormai da mesi.