Myanmar: le proteste contro il colpo di Stato proseguono, la repressione pure

Domenica sono morte almeno 18 persone durante le proteste, che però non si interrompono. L'esercito spara ad altezza uomo. La comunità internazionale condanna il colpo di Stato. E Aung San Suu Kyi rischia 9 anni di prigione. Ecco cosa succede oggi in Myanmar (ex Birmania)

da Hua Hin, Thailandia

Nonostante la domenica di sangue che ha causato la morte di almeno 18 persone, non si sono fermate le proteste in Myanmar contro il colpo di Stato militare del primo febbraio. E non si è fermata nemmeno la brutale repressione della polizia e dell’esercito che continua a sparare ad altezza uomo.

Myanmar, proteste contro il colpo di Stato: arriva il gruppo d’élite

Le immagini che ci arrivano grazie ai social network, mostrano scene di una violenza inaudita. Fucili puntati contro medici e infermieri, case prese d’assalto, cecchini nascosti pronti a fare fuoco e civili innocenti che hanno sacrificato la propria vita in nome della libertà.

Che la situazione potesse degenerare in qualsiasi momento era prevedibile. Subito dopo i primi giorni di protesta, oltre alla polizia, nelle strade del Paese sono stati schierati anche gli uomini del Tatmadaw, l’esercito del Myanmar. Tra questi ci sono anche quelli della 33a divisione di fanteria leggera, un gruppo d’élite già utilizzato nelle atrocità commesse contro la minoranza musulmana Rohingya nel 2017 e condannato nel 2018 da Washington.

Tom Andrews, il relatore speciale delle Nazioni Unite, nei giorni scorsi aveva descritto il dispiegamento di questo reparto speciale come «una pericolosa escalation da parte della giunta in quella che sembra essere una guerra contro il proprio popolo». Una guerra che, fino ad ora, conta oltre venti vittime.

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Stato Karen (Myanmar) – Foto: www.fabiopolesereporter.com

Ex Birmania, la comunità internazionale condanna i militari

I leader mondiali hanno espresso profonda preoccupazione per l’attuale situazione nel Paese e hanno chiesto ai militari di «interrompere immediatamente l’uso della forza contro i civili» e di «rispettare i diritti alla libertà di espressione».

«Il popolo del Myanmar ha il diritto di riunirsi pacificamente e chiedere il ripristino della democrazia», ha detto Ravina Shamdasani, portavoce delle Nazioni Unite. «L’uso della forza letale contro manifestanti non violenti non è mai giustificabile in base alle norme internazionali sui diritti umani», ha aggiunto.

Amnesty International si è dichiarata «scioccata per l’uso della forza letale da parte della polizia e dell’esercito del Myanmar» e ha chiesto «l’immediata fine dell’impiego delle armi da fuoco contro i manifestanti pacifici che scendono in piazza da un mese in varie città del Paese».

Anche Phil Robertson, vicedirettore per l’Asia di Human Rights Watch, ha condannato l’uso della forza da parte dei militari.

«Le munizioni vere non dovrebbero essere usate per controllare o disperdere le proteste e la forza letale può essere utilizzata solo per proteggere la vita o prevenire lesioni gravi», ha dichiarato.

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Myanmar, a oggi gli arresti sono oltre mille

Secondo il Political Prisoners Monitoring Group, fino ad ora le autorità militari hanno eseguito 1.213 arresti. Tra i fermati ci sono anche molti giornalisti. Ko Kaung Myat Naing, un reporter che in queste settimane sta coprendo le proteste per Democratic Voice of Burma (Dvb) nella città di Myeik, nella regione di Tanintharyi, ha mostrato in diretta il suo arresto. Nel video diffuso si vede la polizia e l’esercito che circondano la sua casa e gli intimano di uscire. Quando il giornalista gli chiede se hanno un mandato, le forze di sicurezza rispondono sparando in aria e lanciando dei sassi contro la sua abitazione.

Venerdì scorso a Yangon è stato fermato e rilasciato dopo qualche ora anche un reporter straniero: il giapponese Yuki Kitazumi, che da anni vive in Myanmar e gestisce una società di produzione media.

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Dopo un mese Aung San Suu Kyi appare in videoconferenza

Lunedì c’è stata la seconda udienza del processo ad Aung San Suu Kyi. Oltre a essere stata imputata per «importazione e utilizzo illegale di apparecchiature di trasmissione e ricezione radio» e per aver «violato la legge sulla gestione delle catastrofi», le sono stati contestati due nuovi reati: «Violazione delle legge sulla comunicazione e incitamento al disordine pubblico».

Khin Maung Zaw, il suo avvocato, che l’ha vista in videoconferenza per la prima volta dopo un mese di detenzione, ha riferito che la Suu Kyi è «in buona salute». La prossima udienza è prevista per il 15 marzo. La Signora, se condannata, rischia fino a 9 anni di carcere e l’impossibilità di candidarsi a qualsiasi elezione futura.

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Aung San Suu Kyi – Foto: Claude TRUONG-NGOC (via Wikimedia Commons)

Cosa succede in Myamnar: perchè si protesta

Un colpo di Stato messo in atto dai militari il primo febbraio ha rovesciato il governo eletto nel novembre scorso. Aung San Suu Kyi e quasi tutti gli esponenti esponenti di spicco della Lega nazionale per la democrazia (Lnd) – partito che ha trionfato nell’ultima tornata elettorale con ben 396 dei 476 seggi in palio – sono stati arrestati, proprio nel giorno in cui si sarebbe dovuta tenere l’inaugurazione del nuovo Parlamento.

Tutti i poteri in Myanmar sono stati trasferiti al generale Min Aung Hlaing, capo delle forze armate, mentre Myint Swe, è stato nominato presidente ad interim.

Secondo l’esercito, la causa del golpe sarebbero stati i brogli alle ultime elezioni. A gennaio, infatti, i militari avevano denunciato delle irregolarità nelle votazioni e avevano affermato di aver identificato milioni di casi di frode, tra cui migliaia di minori che sarebbero risultati tra i votanti. Il Tatmadaw aveva annunciato di «passare all’azione» se le loro richieste non fossero state ascoltate. E così hanno fatto. Da allora sono iniziate le proteste di piazza e la sanguinosa repressione.

I confini del Myanmar (capitale Naypyidaw)

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