Elezioni Nigeria: politiche alle prese con petrolio e corruzione

Le elezioni politiche 2019 del 26 febbraio in Nigeria dovranno fare i conti con petrolio, ambiente, sicurezza e corruzione. Mentre gli Ogoni portano alla sbarra la Shell 24 anni dopo la morte di Ken Saro Wiwa. La sfide nelle urne è tra l'uscente Buhari e l'ex vicepresidente Atiku

A meno di altri ripensamenti dell’ultimo minuto, dopo aver annunciato il voto per lo scorso 16 febbraio la Nigeria ha deciso di rimandare le elezioni che rinnoveranno l’Assemblea nazionale a sabato 23 febbraio (il voto a livello federale è previsto invece per il 9 marzo). A condizionare la situazione socio-politica ci sono i problemi di sempre: un’endemica corruzione, le condizioni ambientali disastrose e una sicurezza interna minacciata dal gruppo terroristico Boko Haram. La causa dei primi due fattori, in fondo, è sempre la stessa: il petrolio. L’oro nero ha approfondito le diseguaglianze sociali e la sua estrazione fuori controllo ha reso invivibili le condizioni di vita in alcuni Stati della Repubblica federale.

A differenza degli anni Novanta, quando le proteste degli ambientalisti non riuscivano a tradursi in qualcosa di concreto, oggi Eni e Shell, considerate dalle popolazioni locali e da alcune ong internazionali responsabili di entrambe le piaghe, sono chiamate a giudizio in Italia e Olanda.

Leggi anche: Eni trascinata a processo per disastro ambientale

elezioni nigeria 2019
Foto: Luka Tomac/Friends of the Earth International (via Flickr)

Nigeria: quattro vedove contro Shell

L’ultimo processo in ordine di tempo è cominciato il 13 febbraio a L’Aja, nei Paesi Bassi. Di fronte ai pubblici ministeri siede la compagnia anglo-olandese Royal Dutch Shell, ritenuta dall’accusa indirettamente colpevole dell’impiccagione di quattro attivisti del Movimento per la sopravvivenza del popolo Ogoni (Mosop). Il Mosop è il movimento degli Ogoni, popolo che abita la regione del Delta del Niger, la più colpita dall’inquinamento da petrolio. A partire dagli anni Novanta ha organizzato manifestazioni per rivendicare i diritti della popolazione locale alla terra e a un ambiente sano.

Esther Kiobel, Victoria Bera, Blessing Eawo e Charity Lewula sono vedove dal 1995. I loro mariti facevano parte del Mosop e sono stati prima imprigionati, poi impiccati a seguito di un processo sommario. Da 24 anni le donne sostengono che le repressioni subite dagli Ogoni siano state indirettamente provocate dalla presenza di Shell, dalla quale pretendono un risarcimento e scuse pubbliche.

Iscriviti alla newsletter di Osservatorio Dirittinewsletter osservatorio diritti

Hanno ottenuto di andare a processo anche nel Paese dove ha sede la Shell, in Olanda, soprattutto grazie al supporto legale di Amnesty International, che già nel 2017 aveva iniziato la sua campagna di denuncia.

Leggi anche: Eni Nigeria, la licenza Opl 245 «priva il Paese di 6 miliardi di dollari»

elezioni nigeria petrolio
Esther Kiobel – Foto: Amnesty International

Fin dal 1996, avvocati internazionali hanno cercato di attribuire responsabilità all’azienda anglo-olandese per l’impiccagione degli attivisti. Qualche risultato è stato raggiunto, come nel 2009, quando alla Corte di New York la ong Center for Constitutional Rights ha ottenuto per il figlio di Ken Saro Wiwa e gli Ogoni un risarcimento di 15,5 milioni di dollari.

«Non c’è dubbio che la Shell abbia giocato un ruolo chiave negli eventi che devastarono l’Ogoniland negli anni Novanta. Crediamo che vi siano ragioni per aprire indagini penali. Presentare l’enorme quantità di prove raccolte è stato il primo passo per portare la Shell di fronte alla giustizia. Ora stiamo preparando una denuncia penale da inoltrare alle autorità competenti», spiegava nel 2017 al Corriere della sera Audrey Gaughran, direttrice del programma Temi globali di Amnesty International.

L’ong, con il progetto Niger Delta Oil Spill Decoders ha raccolto i dati delle perdite di petrolio provocate da Eni e Shell.Fino al 2011, le perdite ammontano almeno a 17,5 milioni di litri, secondo i rapporti di Shell, mentre Eni fino al 2014 avrebbe perso almeno 4,1 milioni di litri. La compagnia anglo-olandese si trova in Nigeria dal 1956.

Leggi anche: Eni Nigeria, Zingales punta l’indice contro procedure anti-corruzione

Ogoni, la storia di Ken Saro Wiwa

Quando i mariti delle donne che hanno trascinato Shell a giudizio sono stati impiccati, non erano soli. Con loro c’era anche Ken Saro Wiwa, poeta e attivista, leader e fondatore del Mosop. Ken Saro Wiwa è diventato un attivista ambientale dopo aver già avuto ambizioni politiche all’epoca della Guerra del Biafra.

Era popolare sia come scrittore, sia come autore televisivo, con uno show che si chiamava Basi & Company, una sorta di sceneggiato completamente nigeriano che rappresentava in modo molto chiaro i potenti dell’epoca.

In tutto, a perdere la vita nell’esecuzione sono state nove persone: li chiamavano The Nine Ogoni ed erano il più influente nucleo di attivisti del Mosop. Saro Wiwa e gli altri attivisti si trovavano in una caserma di Port Harcourt, quel 10 novembre 1995. Nel gennaio di due anni prima avevano mobilitato 300 mila persone. Questo aveva trasformato il movimento e il suo carismatico leader in nemici pubblici per il regime militare del generale Sani Abacha. Gli impiccati sono stati buttati in fosse comuni, ma gli Ogoni hanno ugualmente celebrato il funerale di Saro Wiwa, mettendo in una bara i suoi libri e la sua pipa.

Leggi anche: Eni Nigeria, a processo il flusso di denaro della presunta maxi-tangente

elezioni nigeria
Foto: Luka Tomac/Friends of the Earth International (via Flickr)

Il processo-farsa e il discorso sulla Nigeria

Nel 1996 una missione delle Nazioni Unite in Nigeria ha evidenziato come il processo dei Nine Ogoni fosse stata una farsa e avesse violato ogni convenzione internazionale. È stato il primo segnale che qualcosa stava cambiando nell’attivismo in Nigeria.

«Nel processi contro Ken Saro Wiwa e altri, il Governo della Nigeria dovrebbe considerare l’opportunità di costituire una commissione di giuristi, nominati dal ministro della Giustizia della Nigeria, per stabilire che genere di sgravio finanziario possa essere concesso ai familiari degli uccisi», scriveva l’Onu nel suo rapporto di missione. Rapporto che è rimasto lettera morta.

Le parole pronunciate da Ken Saro Wiwa di fronte alla Corte che lo stava per condannare sono rimaste nella storia, quasi come una preveggenza della Nigeria che stava per nascere:

«Prevedo che l’enigma del Delta del Niger presto sarà risolto. Il programma è stato già stabilito in questo processo. Se i modi pacifici che ho favorito prevarranno oppure no, dipenderà dalla decisione dell’oppressore, al genere di segnali che invierà al pubblico in attesa.

Nella mia estraneità dalle false accuse che ho affrontato qui, nella mia assoluta convinzione, esorto il popolo Ogoni, i popoli del Delta del Niger e le minoranze etniche oppresse della Nigeria ad alzarsi in piedi e combattere senza timore e pacificamente per i loro diritti. La storia è dalla loro parte, Dio è dalla loro parte. Perché il Santo Corano dice in Sura 42, versetto 41: “Tutti quelli che combattono quando oppressi non incorrono in nessuna colpa, ma Allah punirà l’oppressore”. Verrà il giorno».

Elezioni Nigeria: politiche 2019 appese a corruzione, petrolio e sicurezza

La storia nigeriana tende a non uscire dai binari di corruzione e petrolio. Semmai, con un’aggiunta: la presenza nel Nord del gruppo terroristico di Boko Haram. Le denunce che hanno reso famoso Ken Saro Wiwa sono vere anche oggi, dopo che negli anni anche le Nazioni Unite hanno certificato lo stato di devastazione ambientale della zona dell’Ogoniland, intorno al Delta del Niger.

elezioni nigeria shell
Foto: Platform London (via Wikimedia Commons)

Tra i 73 candidati alle elezioni presidenziali, c’è chi, come il presidente uscente Muhammadu Buhari, ha promesso un radicale cambio di passo. Nei quattro anni passati al governo, nonostante gli sforzi, i risultati ottenuti non sono ancora sufficienti. Anche in termini di sicurezza, Buhari aveva scommesso di poter sconfiggere Boko Haram, mentre il gruppo continua a resistere nel Nord del Paese.

Leggi anche: Eni Nigeria, a processo il flusso di denaro della presunta maxi-tangente

Il suo avversario più credibile a questa tornata è Atiku Abubakar, ex vicepresidente, un uomo da sempre agganciato al potere in Nigeria. Atiku, come lo chiamano tutti, è stato accusato dallo stesso Buhari di essere uno dei veicoli del riciclaggio di denaro proveniente dalle tangenti nigeriane. Il suo nome è finito anche nel processo Opl 245 a Milano, in quanto socio della prima Malabu Oil&Gas, la società che nel 1998 deteneva la licenza Opl 245, successivamente ceduta – secondo la procura con tanto di tangente – a Eni e Shell.

Atiku è un personaggio importante anche per i suoi legami con l’Italia. L’imprenditore italo-nigeriano Gabriele Volpi, infatti, è diventato uno dei principali imprenditori africani propria grazie al suo rapporto con Atiku, con il quale oggi i rapporti sono molto più freddi.

Lascia una risposta

L'indirizzo email non verrà pubblicato.