India: elezioni in vista, esplodono violenze e repressione anti-musulmana

A gennaio il premier Modi ha inaugurato il tempio di Ram ad Ayodhya. Gli episodi di violenza e discriminazione verso la comunità musulmana si sono intensificati in tutto il Paese per mano della maggioranza hindu. Ecco cosa accade in vista delle elezioni che si terranno in India tra aprile e maggio 2024

È passato più di un mese da quando il primo ministro Narendra Modi ha inaugurato il famigerato Tempio di Ram nella cittadina di Ayodhya, in India del Nord, e gli episodi di violenza settaria per mano della maggioranza hindu non si sono fatte attendere. Dopo l’inaugurazione, che è trascorsa senza incidenti in un’Ayodhya blindata dalle forze dell’ordine, migliaia di sostenitori del partito nazionalista hindu Bharatiya Janata Party (Bjp) di Modi si sono uniti in cortei di veicoli in tutto il Paese al grido di «Jai Shri Ram» (Gloria al dio Ram).

Episodi di violenza sono esplosi in diversi stati come Karnataka, Gujarat, Uttar Pradesh, Bengala Occidentale, Madhya Pradesh, Kerala, Maharashtra e Telangana.

«Le esplicite istruzioni del primo ministro Modi contro le aggressioni sono spesso rimaste inascoltate, vittime della violenza incoraggiata da impunità di lunga data, sostegno politico e protezione», ha affermato Elaine Pearson, direttrice per l’Asia di Human Rights Watch.

India, elezioni 2024: aumentano gli incidenti contro le minoranze

Nello stato del Maharashtra, governato dal giugno 2022 da una coalizione che include anche il Bjp, il giorno successivo all’inaugurazione del tempio, in un sobborgo della capitale Mumbai, diverbi tra uomini hindu che partecipavano a una processione al tempio e residenti musulmani sono esplose in scontri e violenze che hanno portato a 13 arresti.

Un’emittente indipendente ha fatto circolare un video che mostra una folla di uomini che attacca un risciò (guidato da un uomo musulmano) e prende di mira negozi appartenenti alla comunità musulmana in una nuova esplosione di violenza legata al Tempio di Ram.

Il giorno dopo, ​in risposta agli incidenti, il Comune ha impiegato i bulldozer per radere al suolo le bancarelle “illegali” dei commercianti musulmani nell’area, facendo seguito all’avvertimento da parte del governo locale di misure severe contro i rivoltosi. Peccato che, come in altri episodi di demolizioni di proprietà musulmane, la comunità era già vittima – e non artefice – di violenza.

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Il primo ministro dell’India, Shri Narendra Modi – Foto: Prime Minister’s Office (via Wikimedia Commons)

India, ancora violenza verso i musulmani

Quello di Mumbai non è stato l’unico episodio di violenza e demolizioni mirate. All’alba del 30 gennaio, le autorità di Delhi hanno demolito una moschea e una madrasa nel quartiere di Mehrauli: i bulldozer hanno raso al suolo anche l’adiacente cimitero e un numero imprecisato di tombe di santi sufi nella foresta affermando che si trattava di strutture illegali.

Anche se non è certo quando fu costruita la moschea di Akhondji, documenti storici mostrano che nella metà dell’Ottocento già esisteva. L’inattesa demolizione ha lasciato i residenti musulmani di Mehrauli, che in quella moschea era soliti pregare e seppellire i loro morti nel cimitero, con un senso di sgomento e impotenza di fronte a un sopruso per mano delle autorità.

L’8 febbraio scorso violenti scontri sono scoppiati a Haldwani, nello stato dell’Uttarakhand, in seguito alla demolizione, ordinata dal tribunale locale, di una madrasa e di una moschea non autorizzate situate in un’area abitata prevalentemente da musulmani.

I residenti della zona hanno lanciato pietre contro le forze dell’ordine, hanno dato fuoco ai veicoli e utilizzato molotov durante gli scontri. Le forze dell’ordine hanno risposto con l’ordine si sparare a vista: si contano sei morti. Non è un caso che questi episodi di violenza si siano intensificati proprio dopo l’apertura del tempio di Ram.

Inaugurato il tempio di Ram ad Ayodhya: il culmine delle politiche maggioritarie in India

La recente inaugurazione del tempio di Ram ad Ayodhya non è un evento qualsiasi per l’India, bensì – come è stato da più parti definito – un momento fondante che rappresenta il culmine delle politiche maggioritarie portate avanti dal partito nazionalista hindu Bjp, al governo dal 2014, e delle richieste delle organizzazioni sue affiliate.

Dopo una lunga querelle legale, infatti, nel 2019 la Corte suprema indiana ha dato il via libera alla costruzione del tempio dedicato al dio hindu Ram in uno dei luoghi più controversi della storia indiana. Il tempio è stato costruito sulle ceneri di una moschea del 16esimo secolo, che un tempo si ergeva sulla collina dove gli hindu credono sia nato il dio, demolita nel 1992 da una folla di fanatici hindu.

La destra hindu, che sostiene che la moschea fosse stata eretta su un preesistente tempio hindu dedicato proprio al dio Ram, in quegli anni aveva dato vita a un movimento per la ricostruzione del tempio. La demolizione della moschea di Babri nel dicembre del 1992 – un evento di vandalismo politico-religioso senza precedenti – innescò una serie di scontri su base settaria e una spirale di violenza contro la comunità musulmana che fece oltre 2.000 morti e si sarebbe protratta per gli anni a venire, con esplosioni di violenza e rigurgiti settari.

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Ram Mandir, Ayodhya, India – Foto: Prime Minister’s Office (via Wikimedia Commons)

La paura dei musulmani indiani, le parole di Modi e lo stop alla violenza

Pur se a gennaio le autorità avevano messo in sicurezza l’area durante la cerimonia, i residenti musulmani di Ayodhya si erano detti preoccupati per la propria sicurezza. Le forze dell’ordine sono rimaste in allerta mentre i devoti hindu provenienti da tutta l’India hanno visitato la città nelle settimane successive all’inaugurazione. Alcuni residenti hanno mandato le loro famiglie fuori città mentre sui social media molti musulmani avevano messo in guardia dalla violenza imminente e invitato i membri della comunità a evitare di viaggiare con i mezzi pubblici.

Anche se il 22 gennaio il primo ministro Modi ha dichiarato che il tempio di Ram è «un simbolo di pace e armonia nella società indiana», sono stati registrati oltre una dozzina di casi di scontri e violenze in diversi stati indiani. Molti replicavano lo stesso schema: giovani hindu vestiti color zafferano (il colore dell’hinduismo e del Bjp) che mostravano atteggiamenti aggressivi, brandendo pubblicamente bastoni e spade.

Le violenze sono state sedate dopo l’intervento della polizia, a differenza di quello che successe ad Ayodhya nel 1992, «dimostrando che quando viene loro ordinato di farlo, le forze dell’ordine possono agire in modo rispettoso dei diritti», ha affermato Human Rights Watch.

India tra le elezioni 2024 e l’attacco alle minoranze

La (ri)costruzione del tempio di Ram, inaugurato dal primo ministro in persona, che ha guidato la cerimonia insieme a prominenti figure dell’hinduismo e dell’estrema destra, ha un profondo significato per l’India di Modi, ma anche per il secolarismo e l’uguaglianza incarnati nella Costituzione.

Non è un caso che il tempio sia stato inaugurato – anche se non del tutto completato – proprio a ridosso delle prossime elezioni generali che si terranno in primavera, tra aprile e maggio 2024, e nelle quali il premier Modi si candiderà per il terzo mandato.

Modi e il Bjp avevano fatto della questione del tempio di Ayodhya il cavallo di una battaglia identitaria che ha dato forza e carattere ad un partito che, prima di allora, era quasi inesistente a livello nazionale. La costruzione del tempio rappresenta il momento culminante di una lunga battaglia legale e identitaria, ma soprattutto un’enorme vittoria sul piatto del Bjp.

Per il resto dell’India e delle sue molte minoranze, invece, l’evento rappresenta un momento buio, in cui il maggioritarismo incarnato dalla destra hindu viene avallato dallo Stato ai danni delle minoranze religiose, in primis quella musulmana.

La costruzione stessa del tempio rappresenta la sconfitta dei valorisui quali sui quali si fonda la Costituzione. La fusione tra politica e religione, in India, non potrebbe essere più chiara e lancia un messaggio alle minoranze del Paese proprio in vista delle elezioni: la violenza per mano della maggioranza hindu viene condonata e le minoranze religiose hanno meno diritti degli altri.

Le autorità dovrebbero agire immediatamente per arginare il deterioramento della situazione dei diritti umani nel Paese, in particolare per quanto riguarda le libertà di religione, espressione e associazione, ha affermato Human Rights Watch in un comunicato. In vista delle elezioni previste per quest’anno, sarebbe fondamentale affrontare i crescenti timori di violenza e discriminazione contro i musulmani indiani e le altre minoranze religiose, sempre secondo l’organizzazione.

«Una campagna politica che consente il trionfalismo violento danneggia la governance, lo stato di diritto e la reputazione dell’India come democrazia», ha affermato Pearson. «Le autorità devono garantire che la legge venga applicata in modo imparziale e non a vantaggio dei sostenitori del partito al governo».

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