Sami, il popolo della Lapponia minacciato dal climate change
I danni ambientali mettono a rischio i sami, una popolazione indigena del Nord Europa. «Abbiamo bisogno di una terra sana per poter portare avanti il nostro stile di vita», spiega Inka Saara Arttijeff, consigliere del presidente del Parlamento Sami in Finlandia
Nel lungo inverno artico, per trovare i muschi e i licheni di cui sono ghiotte, le renne sono abituate a scavare la neve con il muso. Negli ultimi anni, però, i cambiamenti climatici hanno reso gli inverni più miti. E l’aumento delle temperature ha portato piogge insolite, che congelandosi al suolo creano uno strato di ghiaccio, impedendo alle renne di annusare e scavare per trovare il loro cibo preferito. Questo è solo uno dei tanti problemi che i sami, importanti pastori di renne, affrontano quotidianamente.
Sami in prima linea contro il riscaldamento globale
Questo popolo indigeno vive un territorio compreso tra Norvegia (dove vivono 40 mila Sami), Svezia (20 mila), Finlandia (10 mila) e Russia (2 mila) ed è tra quelli che più risentono del surriscaldamento globale.
Popolo dedito soprattutto alla pastorizia di renne (considerate «semi-addomesticate» e allevate in totale armonia coi loro ritmi e bisogni), mantiene ancora oggi uno stile di vita semplice, nel più profondo rispetto della natura e dell’ambiente. Anche nelle altre tipiche attività tradizionali: caccia, pesca, raccolta, artigianato.
«Abbiamo bisogno di una terra sana per poter portare avanti il nostro stile di vita. La natura, la terra, le renne, sono la nostra forza», spiega Inka Saara Arttijeff, nata e cresciuta in una famiglia Inari Sami 34 anni fa e oggi consigliere del presidente del Parlamento Sami della Finlandia.
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Inka Saara Arttijeff. Foto: Sanna Autere / Kepa (via Flickr)
«Se le renne non riescono a nutrirsi adeguatamente, sono più deboli, si ammalano più facilmente», continua Inka. Trovare una forma di alimentazione artificiale, come un mangime, significherebbe rinnegare di fatto uno stile di pastorizia totalmente naturale. «L’allevamento tradizionale dei Sami è basato proprio sul fatto che la renna resti libera nel bosco e faccia la sua naturale migrazione».
Disboscamento e commercio minacciano i sami
I cambiamenti climatici non sono l’unica minaccia allo stile di vita sami: c’è chi nell’aumento della temperatura vede la possibilità di guadagno, per esempio incrementando il disboscamento e introducendo nuove forme di turismo.
«Per esempio, ora c’è la proposta di realizzare una linea ferroviaria che arrivi al Mar Glaciale Artico, il che comporterebbe un massiccio disboscamento», dice Inka Saara Arttijeff.
Il governo finlandese sta infatti valutando la costruzione di una rete ferroviaria che colleghi la città di Rovaniemi e il Mar Glaciale Artico e che prevede anche una direttrice verso il porto norvegese di Kirkenes. Il progetto, in discussione con le autorità norvegesi, dovrebbe vedere la luce entro il 2030 e risponde all’aumento dei rapporti commerciali con le nazioni asiatiche (prima tra tutte la Cina), proprio grazie allo scioglimento dei ghiacci nella calotta artica.
Percorrendo questa via, spiegano le autorità finlandesi, si risparmierebbe il 25-30% di tempo nei trasporti delle merci. Ma, ammettono le stesse autorità finlandesi, il progetto trova la ferma contrarietà dei Sami in entrambe le nazioni.
«Noi abbiamo bisogno del bosco per allevare le renne, quindi se il bosco non c’è più, cambia anche la nostra vita», dice Inka.
«Come popolo Sami cerchiamo sempre di far sentire la nostra voce. In Finlandia la legge obbliga le autorità a consultare il Parlamento Sami per tutte le questioni che riguardano la nostra terra e le nostre tradizioni. Noi siamo sempre dalla parte della natura: ci opponiamo al disboscamento, all’autorizzazione di nuove miniere o all’avvio di opere che avrebbero un forte impatto sull’ambiente e, quindi, sulla nostra vita e quella delle nostre renne. Ma il governo finlandese può scegliere comunque di andare avanti per la sua strada».
Cultura e lingua a rischio in Finlandia, Norvegia, Svezia
Eppure Finlandia, Norvegia e Svezia sono considerate a livello internazionale tre nazioni molto attente al rispetto dei diritti umani e dell’ambiente. «In Finlandia noi Sami abbiamo chiaramente accesso al welfare e a tutti i servizi sociali, ma in quanto minoranza non sempre vediamo rispettati i nostri diritti, per esempio la tutela della nostra lingua o della nostra cultura». Una situazione che ha contribuito a rendere nota negli ultimi tempi anche il film Sami Blood.
Difendere la cultura sami vuol dire anche difendere l’ambiente, una necessità sempre più chiara, anche se, a livello europeo, i sami finora hanno trovato pochi alleati. «Gli stati che non hanno necessità di confrontarsi con una minoranza indigena riconosciuta al proprio interno, penso alla Francia, alla Germania, alla stessa Italia, fanno più fatica a comprendere le nostre difficoltà e i nostri diritti e, forse proprio per questo, la nostra situazione come popolo sami oggi non è ancora così conosciuta», aggiunge Inka Saara Arttijeff, che è anche responsabile delle relazioni internazionali del Parlamento Sami, che rappresenta ai forum internazionali.
Onu sempre più schierata in difesa dei popoli indigeni
«All’interno delle Nazioni Unite, invece, stiamo assistendo a una fase importante: negli ultimi anni c’è stata proprio una svolta, un’attenzione crescente nei confronti dei popoli indigeni», conclude Inka. «Speriamo che questa tendenza sia sempre più radicata: noi Sami, come gli altri popoli indigeni, abbiamo bisogno di essere più ascoltati e rispettati, anche per il nostro ruolo in difesa della terra».
Penso che i Sami vadano rispettati. Una ferrovia stravolgerebbe tutto l’equilibrio,già molto compromesso. È giusto cercare di migliorare,ma bisogna rispettare l”ambiente e i popoli che lo abitano…..per la frenesia di ??migliorare?? stiamo distruggendo natura ,luoghi…che hanno un loro essere e poi nn possono più tornare.