Popolo Sami: Norvegia, territorio tradizionale in pericolo

L’estrazione mineraria, i parchi eolici e l’aumento delle temperature nell’Artico mettono a repentaglio il territorio, la sussistenza e lo stile di vita del popolo Sami, l’ultimo popolo indigeno d'Europa già vittima di discriminazione

di Adele Immediata, Michelle De Stalis

I Sami, unico popolo indigeno in Europa, abitano una regione conosciuta come “Sápmi”, che comprende porzioni di quattro paesi: Norvegia, Svezia, Finlandia e Russia.

I circa 40.000 Sami norvegesi si concentrano nella contea di Finnmark, più precisamente nella cosiddetta Lapponia norvegese (Lapland), e sono dediti fin dal diciassettesimo secolo all’allevamento di renne.

Secondo il Norwegian Reindeer Herding Act del 2007, che regola l’allevamento di renne nel paese, solo chi ha diritto a un “marchio” di renne può condurre l’allevamento. Il diritto a un marchio di renne richiede che la persona sia un Sami i cui genitori e nonni abbiano o abbiano avuto l’allevamento di renne come occupazione principale. Il diritto di possedere renne comprende anche il diritto di pascolo nella cosiddetta “area di pastorizia delle renne Sami”.

Quest’ultima comprende circa 14.000 km (il 40% della superficie della Norvegia) ed è suddivisa in sei aree regionali di pastorizia delle renne: East-Finnmark, Vest-Finnmark, Troms, Nordland, Nord-Trøndelag e Sør-Trøndelag/Hedmark.

La gestione dell’allevamento di renne è suddivisa in tre livelli: nazionale, regionale e locale. La maggior parte delle decisioni relative all’allevamento delle renne a livello nazionale sono delegate al “Norwegian Reindeer Husbandry Board” composto da quattro membri nominati dal ministero e tre nominati dal parlamento Sami (Sámediggi).

A livello regionale ogni area di allevamento di renne ha il proprio consiglio di cinque o sette membri nominati dal parlamento Sami e dal consiglio di contea, ma anche dall’amministrazione regionale.

A livello locale, invece, l’allevamento di renne Sámi è diviso in 89 distretti, incaricati di produrre i cosiddetti “Piani di uso del suolo” in cui sono disposti i piani di uso del territorio del distretto insieme al numero di renne previsto.

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Popolo Sami ed estrazione mineraria: territorio tradizionale in pericolo

Nonostante siano ufficialmente riconosciuti come popolo indigeno, i Sami si trovano di fronte a molteplici sfide che mettono a repentaglio non solo la loro sussistenza, ma anche la loro stessa identità culturale. La questione principale per cui il popolo Sami lotta da secoli è quella del diritto alla terra. Da decenni, infatti, si oppongono all’esproprio dei terreni tradizionalmente dedicati al pascolo delle renne per sfruttare risorse minerarie o costruire infrastrutture e parchi eolici.

Per quanto riguarda l’attività mineraria, il governo ha permesso, e tuttora permette alle aziende di scavare enormi miniere a cielo aperto sulla terra dei Sami e poi di scaricare rifiuti minerali tossici nei fiordi.

Uno dei tanti esempi è la società Nussir Asa, che, nonostante la lunga resistenza da parte del parlamento Sami, nel febbraio 2019 ha ottenuto la concessione governativa per aprire una grande miniera di rame in una zona costiera della Lapland.

La società ha anche attualmente il permesso di depositare fino a due tonnellate di rifiuti (principalmente in eccesso di roccia con tracce di rame e nichel) nel Repparfjord, un ricco fiordo di pesca che ospita un collettivo di pescatori norvegesi e Sami.

L’intera vicenda rivela la scarsa importanza dei valori tradizionali rispetto ai profitti industriali, l’asimmetria di potere del popolo Sami nel processo decisionale, avendo il Sámediggi unicamente un ruolo consultivo sulle questioni del diritto alla terra, e la potenziale violazione della Convenzione n. 169 dell’Organizzazione internazionale per il lavoro (Ilo) sui diritti dei popoli indigeni e tribali, ratificata dalla Norvegia nel 1990.

Popolo Sami in Norvegia: i danni della recente transizione ecologica

Negli ultimi due decenni, la Norvegia ha mirato a ridurre la propria dipendenza dal petrolio e dal gas incrementando la produzione di energia rinnovabile, come l’energia eolica, per prepararsi ad una transizione verso un’economia più verde. Numerosi nuovi progetti di costruzione di impianti eolici saranno situati nella Lapland.

Per ultimarli sarà necessario realizzare strade e costruire grandi installazioni industriali nell’area di pastorizia Sami. L’allevamento locale di renne ne pagherebbe le conseguenze, poiché in mancanza di aree ampie ed indisturbate, i pastori sarebbero costretti ad abbandonare completamente la loro attività.

Per questo motivo, le comunità Sami considerano gli investimenti del governo norvegese nell’energia eolica sulle loro terre come colonialismo verde, ovvero l’estrazione di risorse mascherata da risposta del paese al cambiamento climatico.

Nell’ottobre 2021, la Corte suprema della Norvegia ha emesso una sentenza storica che ha sostenuto i diritti delle popolazioni indigene e ha inferto un colpo significativo alla strategia del paese in materia di energie rinnovabili. Il collegio giudicante ha dichiarato che i parchi eolici di Roan e Storheia, costruiti nella penisola di Fosen, nella Norvegia centrale, violano i diritti degli allevatori di renne Sami, garantiti dalla Convenzione internazionale sui diritti civili e politici, e che le loro licenze sono nulle. 

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Renna – Foto: Pixabay

Quando la discriminazione passa per la crisi climatica

Alle grandi aree di pascolo perse a causa di diverse attività industriali, si aggiungono i problemi legati al surriscaldamento globale. L’aumento delle temperature nell’Artico, tre volte più rapido rispetto alla media globale, sta avendo conseguenze disastrose per gli allevamenti di renne, mettendo a repentaglio lo stesso stile di vita Sami.

In molti si domandano quanto velocemente gli animali possano adattarsi alla rapidità dei cambiamenti ambientali in corso. Vivere alle frontiere della crisi climatica ha dunque comportato nuove minacce per lo stile di vita dei Sámi, per la loro cultura, lingua e mezzi di sussistenza.

Le temperature più calde, con estati più lunghe e inverni più caldi, rappresentano un problema per la principale fonte di cibo delle renne, il lichene, che viene sostituito dal muschio. Il sostentamento diventa dunque particolarmente scarso in inverno, quando le renne fanno più affidamento sui licheni causando ingenti perdite di bestiame.

Ciò a sua volta sta innescando preoccupanti cambiamenti nella cultura, nella lingua e nei mezzi di sussistenza dei Sami. Molti pastori infatti sono stati costretti a cambiare i loro modelli di sostentamento, introducendo tecnologie moderne per garantire la sopravvivenza delle mandrie di renne o costruendo recinti dove possono essere nutrite durante l’inverno.

Oltre ad essere un onere economico per i loro proprietari, ciò favorisce anche la diffusione di malattie infettive tra gli animali. Considerando lo stretto rapporto dei Sami con la natura, l’impatto non si limita soltanto alle renne.

Dal momento che cultura, lingua e natura non possono essere separate nella visione del mondo Sami, il cambiamento climatico avrà serie ripercussioni socio-culturali. La maggior parte delle parole nelle lingue Sami hanno infatti origine nella natura e si riferiscono a temperature, venti, animali e piante. La scomparsa dei fenomeni naturali potrebbe quindi portare alla scomparsa del vocabolario, una parte fondamentale dell’identità Sami, che viene trasmessa da una generazione all’altra principalmente oralmente.

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