Rwanda a 24 anni dal genocidio: ce lo racconta il film Imfura

Un film di 36 minuti per entrare nell'eredità lasciata dalla follia del genocidio in Rwanda del 1994: si intitola Imfura, del regista Samuel Ishimwe, e lo propone questa sera e domenica pomeriggio il Festival del Cinema Africano, d'Asia e America Latina di Milano

Imfura è un corto di 36 minuti che porta gli spettatori all’interno di quella che è stata una delle tragedie più sconvolgenti di fine Novecento: il genocidio del Rwanda. La pellicola non è un racconto storiografico dei folli giorni del 1994, quando furono uccise oltre 800 mila persone. Non ci sono immagini d’archivio, non compaiono machete e kalashnikov, la violenza di quei momenti non è contemplata in quest’opera estremamente intimista e riflessiva. Ciò che traspare, invece, è l’eredità di quella follia che ha sconvolto il Paese delle Mille Colline.

Il film di Samuel Ishimwe sarà proiettato questa sera alle 19, per la prima volta in Italia, all’Auditorium San fedele di Milano (in replica anche domenica 25 marzo alle 14.30). L’evento fa parte del Festival del cinema africano, Asia e America Latina di cui Osservatorio Diritti è media partner.

Imfura, il trailer del film sul Rwanda di oggi

La storia di Imfura

La storia raccontata è quella del giovane Gisa, che ritorna al villaggio di sua madre, scomparsa durante il genocidio. Il ragazzo si trova nel bel mezzo di una disputa familiare sul destino delle rovine della casa che sua madre aveva costruito. E partendo da questa premessa, con le mura che sembrano un muto santuario dell’orrore, si sviluppa la narrazione.

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Una scena da Imfura di Samuel Ishimwe (Festival del Cinema Africano, dell’Asia, dell’America Latina)

Il giovane parla della sua vita, ascolta quella dei parenti, e attraverso la quotidianità, i contrasti familiari e i ricordi affiora la realtà di un Paese che, proprio come Gisa, sembra aver iniziato un percorso proiettato al futuro e a una nuova storia, ma sembra allo stesso tempo condannato all’impossibilità di dimenticare l’orrore e a cercare di chiudere i conti con il passato.

Un film potente, ma al contempo estremamente delicato, che pretende attenzione continua. L’utilizzo delle inquadrature fisse, della luce filtrante in camera, dei momenti di silenzio alternati alle canzoni religiose salmodiate dagli anziani, formano un costrutto tecnico stilistico che consente di riflettere su una pagina ancora macchiata di sangue della storia contemporanea e sulla quale, a 14 anni dagli eventi, aleggiano molte ombre sul genocidio in Rwanda.

Le responsabilità francesi nel genocidio del Rwanda

È proprio in questi giorni che in Francia, grazie a Le Monde, sono emersi nuovi dettagli in merito al ruolo che l’Eliseo ha avuto all’interno del genocidio ruandese.

Attraverso un’intervista a Pierre Conesa, ex funzionario della delegazione Affari strategici, si è venuti a conoscenza del fatto che una branca dei servizi francesi indusse l’esecutivo transalpino ad appoggiare incondizionatamente il governo Hutu nonostante ci fossero già stati progrom nei confronti dei Tutsi.

Quel che è certo poi è che la Francia ha formato le truppe d’elité ruandesi accusate dell’abbattimento del volo su cui viaggiava il presidente hutu Habyarimana e Parigi armò l’esercito di Kigali almeno fino all’embargo del 17 maggio 1994, quando il genocidio era già in corso.

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Una scena da Imfura di Samuel Ishimwe (Festival del Cinema Africano, dell’Asia, dell’America Latina)

E ancora, dalle pagine di Le Monde e Revue XXI, emergono ulteriori responsabilità di Parigi anche all’interno dell’Operation Turquoise, l’operazione ”umanitaria” attraverso la quale però fu permesso alle milizie genocidarie di riparare oltre confine e scappare così dal Rwanda che era caduto sotto controllo dei ribelli tutsi di Kagame.

Ancora molte ombre, dunque, e per dissiparle è necessario che siano desecretati i documenti inerenti il genocidio del ’94. E occorre dar voce a storie come quelle raccontate in Imfura, che permettono di ricostruire quei tragici momenti affidandosi alla memoria di chi quei giorni d’orrore li ha vissuti in prima persona.

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