Rivolta carceri e proteste: le nuove (contestate) linee guida di Gabrielli

Arrivano con una circolare riservata firmata dal capo della polizia, Franco Gabrielli, le nuove disposizioni per gestire le rivolte nelle carceri italiane. Ma molti addetti ai lavori sollevano dubbi e critiche sul metodo usato e sul contenuto del documento

Fanno discutere e dividono, mettendo al centro dell’attenzione il sistema carcerario e il bilanciamento di poteri e prerogative, le linee guida varate dal capo della polizia Franco Gabrielli per pianificare e coordinare gli interventi da attuare in caso di rivolte e in occasione di presidi di solidarietà ai carcerati.

Con una circolare riservata datata 29 gennaio e resa nota da Repubblica, il numero uno del Dipartimento di pubblica sicurezza fissa i passaggi da seguire se e quando scoppieranno altri disordini dietro le sbarre e precisa ruoli e procedure, con l’obiettivo dichiarato di stabilire esattamente chi fa cosa e di gestire in modo più efficace e sinergico situazioni critiche e problemi di ordine pubblico e sicurezza.

Durante la rivolta nelle carceri italiane di marzo 2020 morti 13 detenuti

Nelle sommosse di inizio marzo 2020, senza precedenti nella storia delle patrie galere, si intervenne sull’onda dell’emergenza e senza protocolli predeterminati. Interi reparti furono devastati, dal penitenziario di Foggia evasero decine di carcerati, si contarono decine di feriti tra gli agenti della polizia penitenziaria e le persone detenute e i danni si contarono in milioni di euro.

E morirono 13 detenuti, in circostanze ancora tutte da chiarire. Una strage. Inizialmente si parlò di overdosi di metadone e psicofarmaci razziati nelle farmacie saccheggiate, poi sono arrivate denunce di abusi, pestaggi e omissioni.

Le procure stanno ancora indagando, rimpallandosi i fascicoli, avviati contro ignoti. A Bologna pende una richiesta di archiviazione per il ragazzo deceduto alla Dozza.

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Proteste al carcere di San Vittore, Milano

Cosa fare in caso di rivolta: domande, perplessità, obiezioni

Ora si cerca di correre ai ripari, mettendo a punto procedure e criteri di intervento pianificati a tavolino, a monte. Lo strumento scelto e i contenuti non trovano però tutti d’accordo.

Le nuove diposizioni non coinvolgono solo polizia, carabinieri, guardia di finanza e gli uffici territoriali del Viminale, con la competenza in materia di ordine pubblico e sicurezza. Riguardano anche polizia penitenziaria e vigili urbani, protezione civile, esercito, servizi sanitari, altri ministeri, strumenti da utilizzare (mezzi con idranti, ad esempio), misure accessorie (la chiusura di strade) .

E si incrociano con leggi e normative che disciplinano il delicato settore penitenziario e i lavoratori del comparto, in divisa e no. Una questione non da poco, portata all’attenzione dell’opinione pubblica da chi nelle strutture detentive lavora.

«Possono semplici disposizioni di rango amministrativo – chiedono gli operatori più perplessi – incidere su aspetti e funzioni regolate da norme e decreti? Il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria è stato coinvolto nella stesura delle linee guida e, se sì, in quale modo?». E, ancora: «Tutti i ministri interessati sono stati messi al corrente dell’elaborazione delle linee guida e in che fase?».

La rivolta nel carcere di Modena (8 marzo 2020)

Che cosa dice la circolare Gabrielli

I prefetti, chiamati a stilare piani provinciali di intervento, sono invitati a convocare appositi Comitati provinciali per l’ordine e la sicurezza pubblica e a coinvolgere i direttori delle carceri presenti sul territorio e i comandanti locali della polizia penitenziaria, chiamando in causa anche gli investigatori e gli analisti del Nucleo investigativo centrale del corpo e il Gruppo operativo mobile (reparti specializzati della stessa polizia penitenziaria).

La traduzione tecnico-operativa della pianificazione verrà poi fatta dai questori, a capo della catena di comando. Le misure saranno graduate e progressive, calibrate in base ai possibili scenari.

Nelle situazioni meno critiche si prevede un «mero ma visibile dispiegamento della forza pubblica, posizionata in assetto di pronto intervento nei pressi dell’intercinta, a scopo dissuasivo e preventivo». L’accesso e l’azione all’interno di un istituto in rivolta si potranno invece verificare esclusivamente in via residuale e straordinaria e solo dopo che siano stati esperiti tutti i sistemi di contenimento e le risorse a disposizione dell’amministrazione penitenziaria».

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Rivolta carceri: chi autorizza l’ingresso di personale armato

Uno dei punti che solleva più dubbi è la presenza di personale esterno armato dentro gli istituti di pena. La riforma penitenziaria del 1975 prevede che gli agenti in servizio all’interno del carcere – e il riferimento sembra essere alla sola polizia penitenziaria  – non possono portare armi. Solo il direttore può decidere in che circostanze devono dotarsi di pistole.

La circolare Gabrielli non dice esplicitamente se il direttore dovrà dare il nulla osta anche all’ingresso di poliziotti, carabinieri e finanzieri armati. Stabilisce che il questore, in situazioni di eccezionale gravità e dopo la richiesta di rinforzi formulata dalla direzione ai referenti o alla prefettura, avvierà immediati contatti con il comandante della polizia penitenziaria (e non con il direttore) e deciderà se dare all’ufficiale la regia delle operazioni o se affiancargli un funzionario della questura. Non si esclude, nemmeno all’intero degli istituti, il ricorso al reparto Mobile.

«Però la legge – viene fatto osservare dai dissidenti – pone tutto il personale penitenziario alle dirette dipendenze del direttore, verso cui gli appartenenti alla polpenitenziaria hanno doveri di subordinazione».

Anarchico-insurrezionalisti considerati un pericolo dalla circolare Gabrielli

Per eventi di estrema gravità è prevista l’attivazione dell’Unità di crisi della prefettura, con la possibilità di mobilitare le teste di cuoio dei reparti speciali (Nocs della polizia e Gis dei carabinieri).

Un’attenzione particolare, lo prevede sempre la circolare Gabrielli, sarà data alle «iniziative di dissenso poste in essere nei pressi delle stesse strutture», cioè a presidi e picchetti e in particolare a quelli promossi da anarchico-insurrezionalisti, citati esplicitamente. Per scongiurare e contrastare azioni violente si esplicita la possibilità di usare idranti, elicotteri e reparti Mobili, mettendo in preventivo la chiusura di strade e vie d’accesso.

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Carcere di Secondigliano (NA) – Foto: Katia Ancona per Next New Media e Antigone (via Flickr)

La protesta dei direttori delle carceri italiane

Sui siti d’area e tra i familiari dei detenuti cresce la protesta. E voci critiche arrivano anche dal fronte interno, da coloro che leggono nelle disposizioni un ridimensionamento delle responsabilità e dei poteri dei direttori, pur riconoscendo la necessità di pianificare e raccordare gli interventi anti sommosse.

Le nuove linee guida, viene rammentato, vanno a impattare sulle prerogative e sui compiti di chi ha la responsabilità degli istituti e del personale, attribuzioni che sono stabilite da leggi, regolamenti e decreti.

I primi a sbilanciarsi sono stati i vertici della Cgil- Funzione pubblica. Il via libero all’ingresso nelle carceri di poliziotti, carabinieri e finanzieri, canonizzato dalla circolare, è visto come «una sconfitta». Singoli appartenenti all’amministrazione penitenziaria hanno fatto filtrare malumori e preoccupazioni.

Poi ha preso posizione il segretario nazionale del Sindacato dei direttori penitenziari, il Sidipe, con una lettera aperta al ministero di Giustizia e ai vertici del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria e del Dipartimento per la giustizia minorile, cui fanno capo gli istituti per minorenni e giovani detenuti  (fino a 25 anni di età).

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Foto: associazione Roma Insieme

«Trasparenza dell’amministrazione penitenziaria da tutelare»

«Quello penitenziario – ricorda il numero uno del Sidipe, Rosario Tortorella, precisando di non avere avuto copia della circolare Gabrielli – è un contesto del tutto peculiare e specifico ed è regolato da proprie norme, anche di rango primario, che declinano un concetto di ordine, sicurezza e disciplina proprio degli istituti penitenziari. (…) Non vogliamo credere che le “linee guida” possano inficiare o modificare questo complesso ed articolato quadro normativo, posto a tutela della legalità e della trasparenza dell’azione della stessa amministrazione penitenziaria, né sarebbe possibile, neppure in via analogica o interpretativa, una pedissequa trasposizione all’ambiente penitenziario delle regole che disciplinano la tutela dell’ordine pubblico, afferente la sicurezza all’esterno delle carceri».

Altro rilievo, sempre del sindacato dei direttori: le disposizioni del capo della polizia non prendono in considerazione gli istituti penali minorili, apparentemente tagliati fuori dalla circolare, ma non immuni dal rischio di rivolte.

«Sì al dialogo, no interferenze»: la gestione della rivolta dei detenuti

La Cgil Funzione pubblica, attraverso i responsabili nazionali Carla Ciavarella e Florino Oliverio, riconosce la necessità di fornire «regole di ingaggio». Ma va oltre, in una nota indirizzata al capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria: la circolare Gabrielli, sostiene, «ha suscitato forti perplessità relativamente alla declinazione delle linee operative da adottare nel caso in cui, eccezionalmente, si renda necessario l’intervento delle altre forze di polizia dall’esterno per ristabilire l’ordine e la sicurezza interna negli istituti. Le linee guida sembrano obbligare la nostra amministrazione ad appiattirsi sul terreno della pubblica sicurezza come se avessimo nel frattempo dimenticato che il ricorso all’ausilio di altre forze di polizia resta un evento estremo da invocare solo quando tutte le altre strade di dialogo, mediazione, depotenziamento dei rivoltosi non abbia avuto esito positivo. Non può e non deve sussistere alcuna interferenza tra le attività di competenza dell’autorità preposta all’ordine pubblico, svolte all’esterno del muro di cinta, e quelle autorizzate all’interno dal direttore e attuate dalla polizia penitenziaria».

Il sostegno alle nuove linee guida in caso di rivolta nelle carceri italiane

Nel fronte dei favorevoli alle linee guida si è schierata l’Associazione nazionale dei dirigenti e dei funzionari della polizia penitenziaria: la circolare è definita «storica e di portata eccezionale».

Anche i curatori del blog di ultradestra “storiedipoliziapeniteziaria” approvano le disposizioni per la pianificazione e per azioni coordinate, con un solo appunto a Gabrielli: aver ignorato l’esistenza dei Gil, i gruppi rapidi di intervento locale della polizia penitenziaria, creati in Lazio e in Campania dopo le rivolte e attivabili per operazioni veloci e mirate nei reparti carcerari fuori controllo.

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