Brasile: Bolsonaro torna all’assalto su Amazzonia, armi e diritti umani

Dopo un’alleanza con i partiti di centro che controllano il parlamento, Jair Bolsonaro ha davanti a sé la strada spianata per portare avanti i suoi piani più controversi, che metterebbero a rischio l'ambiente, i diritti umani e la sicurezza in Brasile

da Rio de Janeiro, Brasile

Il messaggio è stato mandato nelle ore successive all’elezione dei nuovi presidenti di Camera e Senato, Artur Lira e Rodrigo Pacheco, e al rimpasto di governo. Quattro decreti che facilitano l’accesso alle armi, l’avvio della riforma dei Piano nazionale dei diritti umani in segreto e senza partecipazione della società civile, l’accelerazione sulla legge che consente lo sfruttamento minerario nelle aree ambientali e indigene attualmente protette.

Così il presidente del Brasile, Jair Bolsonaro, ha tradotto in concreto la vittoria politica incassata grazie all’alleanza con il Centrão, cartello di partiti conservatori di centro che controllano il parlamento brasiliano. Rimosso l’argine rappresentato dai movimenti politici finora tenuti fuori dal governo e superato il blocco rappresentato dall’ex presidente della Camera, Rodrigo Maia, il capo dello stato ha davanti a sé una strada spianata. E vuole approfittarne.

Armi: cosa cambia col nuovo appoggio del parlamento brasiliano a Bolsonaro

Forte di un nuovo fedele sostegno parlamentare, Bolsonaro ha deciso in quattro decreti di modificare nuovamente tutte le disposizioni legislative approvate dall’inizio del mandato. Nei decreti esecutivi, che devono essere approvati in parlamento entro 120 giorni, ma senza dibattito nel merito, il presidente di fatto riduce al minimo possibile i requisiti per l’acquisto e il porto d’armi e aumenta notevolmente il numero di armi e munizioni consentite per ogni cittadino avente diritto.

In particolare, uno dei decreti aumenta il numero di armi da fuoco che le persone possono acquistare da quattro a sei. Questo limite sale a otto nel caso di agenti di polizia, polizia penitenziaria, e dipendenti di procure e tribunali. Il governo ora consente espressamente il possesso simultaneo di due armi.

Il secondo decreto stabilisce che collezionisti, cacciatori e tiratori sportivi possano ottenere armi dietro presentazione di una relazione di uno psicologo iscritto all’ordine e non, come in precedenza, dietro ottenimento di prova di “attitudine psicologica” rilasciata da uno psicologo della Polizia Federale. Ora, la nuova norma stabilisce che la relazione deve essere firmata da uno psicologo iscritto al Consiglio regionale di psicologia.

Il terzo decreto stabilisce che collezionisti, cacciatori e tiratori sportivi, che fino a oggi potevano acquistare 5.000 munizioni all’anno per ogni arma, ora potranno anche acquistare provviste per ricaricare fino a settemila cartucce. Inoltre, nonostante un precedente decreto consentisse agli adolescenti di età compresa tra i 14 e i 18 anni di praticare il tiro in stabilimenti riconosciuti e con autorizzazione dei genitori, adesso gli adolescenti potranno anche esercitarsi a sparare con l’arma presa in prestito da un amico.

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Jair Bolsonaro, una lunga storia di provvedimenti per liberalizzare le armi in Brasile

Da quando ha assunto la presidenza, il presidente Bolsonaro ha emesso otto decreti per ridurre le regole per l’acquisto, la detenzione e il porto di armi da fuoco per uso personale per privati cittadini, cacciatori, sportivi e per appartenenti alle forze armare o di polizia.

Alcuni hanno avuto un impatto notevole sull’acquisto e la circolazione di armi, tanto che il numero di nuove registrazioni di armi da fuoco in Brasile è aumentato del 90 per cento nel 2020 rispetto all’anno precedente. La Polizia federale brasiliana ha autorizzato la registrazione di 179.771 nuove armi da fuoco nel 2020. La maggior parte delle registrazioni rientra nella categoria “cittadino ordinario”, quasi il 70 per cento del totale.

Altri decreti erano stati contestati da gruppi parlamentari e magistratura, secondo cui la materia meritava un dibattito parlamentare ampio. In sostituzione dei tre decreti il presidente ha presentato in parlamento un disegno di legge, senza essere tuttavia messo ai voti. Oggi quelle regole tornano, peggiorate nei nuovi decreti.

Il governo, con un’ordinanza dello scorso 9 dicembre, aveva tentato anche di azzerare i dazi all’importazione di revolver e pistole semiautomatiche. Tuttavia, pochi giorni dopo il giudice della Corte suprema federale del Brasile (Stf), Edson Fachin, aveva sospeso l’ordinanza della Camera di commercio estero sostenendo che il decreto «mette a repentaglio la sicurezza della società facilitando l’inserimento di armi nel mercato. Inoltre, non c’era alcun interesse sociale ad azzerare il tasso di importazioni di armi in un paese che paga tasse elevate su altri beni essenziali», scriveva il giudice.

Il presidente aveva già revocato i decreti del Comando logistico del marzo 2020 (Colog), che rendevano più rigido il tracciamento, l’identificazione e la marcatura di armi e munizioni, il contrario di quanto voluto da Bolsonaro. L’annullamento provoca una grave vacatio legis in merito, favorendo di fatto il traffico di armi.

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Jair Bolsonaro – Foto: Jeso Carneiro (via Flickr)

Diritti umani in Brasile: la nuova (pericolosa) mossa del presidente Bolsonaro

Il 10 febbraio 2021 il ministro per le Donne, la famiglia e i diritti umani, Damares Regina Alves, ha pubblicato una circolare in cui informa di aver creato un gruppo di lavoro per proporre modifiche al Programma nazionale per i diritti umani, considerata la dichiarazione più importante della politica sui diritti umani in Brasile.

Il comitato non comprende alcun rappresentante della società civile, del parlamento o del sistema giudiziario. I 14 membri del gruppo sono tutti rappresentanti del ministero retto da Damares. La circolare, inoltre, vieta il rilascio di qualsiasi informazione sulle discussioni del gruppo fino al termine delle sue attività, a novembre.

Il profilo del comitato e la scelta della segretezza hanno messo in allarme la ong Human Rights Watch che ha pubblicato una nota molto dura in merito. «L’amministrazione Bolsonaro ha ammesso che sta pianificando di cambiare il Programma nazionale per i diritti umani senza la partecipazione di chiunque non sia d’accordo con le sue politiche», afferma la direttrice di Hrw Brasile, Maria Laura Canineu.

«Dati i deplorevoli precedenti sul tema dei diritti umani del governo, c’è il rischio reale che il risultato di questo processo segreto sia disastroso per la protezione dei diritti umani in Brasile», ha detto.

«L’amministrazione Bolsonaro ha cercato di minare tutte le politiche a tutela dei diritti umani. Ha aperto la porta alla negazione dell’educazione inclusiva ai bambini con disabilità con la creazione di scuole “separate” per loro. Ha incoraggiato una maggiore violenza da parte della polizia attraverso dichiarazioni pubbliche e proposte legislative. Ha punito i dipendenti pubblici per aver raccomandato il mantenimento dei servizi di salute sessuale e riproduttiva durante la pandemia Covid-19. E ha cercato di perseguire persone che hanno criticato la sua risposta al nuovo coronavirus.

Date le sue potenziali implicazioni per i diritti delle persone in tutto il Brasile, qualsiasi revisione dovrebbe essere condotta apertamente, con un’ampia partecipazione della società civile», ha affermato Canineu.

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Sfruttamento terre indigene: cosa rischiano ambiente e popoli nativi in Brasile

Nella lista di desideri presentata da Bolsonaro al neo presidente della Camera, Artur Lira, c’è anche lo sblocco della riforma sullo sfruttamento minerario, attualmente in fase di stallo in parlamento. La legge (PL191), redatta dai ministeri delle Miniere e dell’Energia e della Giustizia, è un attacco frontale alle politiche di tutela del territorio: sblocca l’attività mineraria in riserve indigene e rimuove il potere di veto dei popoli indigeni su tali attività (previsto dalla Costituzione).

Inoltre, autorizza piantagioni di colture transgeniche, la costruzione di centrali idroelettriche e rimuove le barriere alle attività zootecniche e lo sfruttamento petrolio, gas e turismo nelle terre indigene protette. Se approvata, un’area delle dimensioni del Venezuela sarà invasa.

A oggi l’estrazione di minerali in riserve protette è illegale. Nonostante ciò, secondo un’indagine di Greenpeace condotta nella prima metà dello scorso anno, il 72 per cento dell’attività di estrazione illegale si svolge in Amazzonia in territori protetti. Nel 2020 gli ettari illegalmente oggetto di sfruttamento sono stati 434,9 rispetto ai 383,3 del 2019. Il governo vuole rendere il processo legale.

Parallelamente alla richiesta di accelerare il voto sullo sfruttamento in Amazzonia, il presidente Bolsonaro ha lanciato a sorpresa un piano di salvaguardia della foresta pluviale amazzonica. Il programma federale è stato chiamato “adotta un parco” suggerendo l’idea che si tratti di un’area di qualche metro quadrato in centro città e non 63 milioni di ettari di foresta pluviale pari, più o meno, al territorio dell’intera Francia, appena il 15% dell’Amazzonia brasiliana.

L’iniziativa consente a privati cittadini e aziende nazionali e straniere di donare fondi da utilizzare per attività di conservazione delle aree protette. Azione bollata da Greenpeace come «una campagna mediatica per ripulire la propria immagine mentre continua a distruggere le strutture che si occupano della conservazione del bioma, smantellare l’Istituto Chico Mendes per la Biodiversità e militarizzare le agenzie di controllo e tagliare i fondi».

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Esplosione nella miniera di Parauapebas, stato del Pará (Brasile) – Foto: © Marco Ratti

Bolsonaro ci prova con il greenwashing, ma restano i problemi con la comunità internazionale

L’azione di greenwashing nasce da un’articolata strategia, pensata per evitare sanzioni statunitensi e impedire il fallimento dell’accordo commerciale tra Unione europea e Mercosur. La vittoria di Joe Biden alle elezioni statunitensi, che non aveva esitato a criticare Bolsonaro nel corso della campagna elettorale per la Casa Bianca, ha fatto sorgere la paura dei produttori per possibili misure di Washington, insieme ai timori di un boicottaggio internazionale dell’export brasiliano.

Allevatori e proprietari terrieri vedono come ormai probabile la non ratifica dell’accordo commerciale tra Ue e Mercosul. I governi di Francia, Germania e l’Unione europea hanno già reso noto di non poter ratificare il trattato «fino a che il governo brasiliano non muove passi concreti per la riduzione della deforestazione».

Particolarmente critico, pressato dagli agricoltori francesi preoccupati per l’invasione di buoi brasiliani, il presidente francese Emanuelle Macron ha assunto la postura più intransigente.

Per questo appare tutt’altro che casuale la presenza della Carrefour come sponsor e prima azienda ad “adottare” parte della foresta amazzonica. Il colosso francese dei supermercati è da qualche mese tra i clienti delle brasiliane Jbs e la Mafrig, aziende che, secondo un recente report delle ong Global Witness e Chain Reaction Research, hanno utilizzato carne provenienti da allevamenti creati su territori illegalmente disboscati.

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