Chico Forti tornerà in Italia: chi è, la storia, la condanna e i 20 anni di carcere

Condannato negli Usa per l'omicidio di un uomo avvenuto nel '98, sulla colpevolezza di Enrico, per tutti Chico, Forti ci sono forti dubbi. Sono in tanti a ritenere, infatti, che il colpevole non sia lui. E sullo sfondo di questa intricata vicenda c'è anche un documentario sull'assassinio di Gianni Versace, prodotto dallo stesso Forti

«Ho una bellissima notizia da darvi: Chico Forti tornerà in Italia»*.

L’annuncio del ministro degli Esteri Luigi Di Maio è arrivato la sera del 23 dicembre 2020. L’imprenditore e produttore televisivo italiano 61enne di origine trentina, residente da molti anni negli Stati Uniti, è in carcere dal 2000 a Miami, condannato all’ergastolo per un omicidio avvenuto a febbraio del 1998 del quale lui si è sempre fermamente dichiarato innocente.

La richiesta di grazia per Chico Forti

Ora, dopo vent’anni, per Forti la grande svolta arriva direttamente dall’Italia, il suo Paese di origine.

Nel dicembre 2019, del resto, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Riccardo Fraccaro aveva dichiarato l’intenzione del governo italiano di chiedere la grazia per Forti al governatore della Florida. E il ministro degli Esteri, Luigi di Maio, aveva risposto personalmente a una lettera inviatagli dall’imprenditore (leggi anche l’articolo su Chico Forti: chi è, la storia e cosa cambierebbe oggi chiedendo la grazia).

Le ultime notizie parlano di una collaborazione del segretario di Stato Usa, Mike Pompeo

Come ha spiegato il ministro Di Maio nel suo messaggio sui social, il Governatore della Florida Ron DeSantis ha accolto l’istanza di Chico Forti di potersi avvalere dei benefici previsti dalla Convenzione di Strasburgo ed essere trasferito in Italia.

Di Maio ha ringraziato in modo particolare il segretario di Stato americano, Mike Pompeo, «per l’amicizia e la collaborazione che ha offerto per giungere a questo esito così importante».

Chi è Chico Forti: colpevole o vittima di un errore giudiziario

La vicenda giudiziaria di Chico Forti è controversa e fortemente dibattuta e nel corso degli anni sulla sua colpevolezza si sono sollevati molti dubbi. La cosa certa è che l’imprenditore è stato condannato al termine di un processo che si è rivelato pieno zeppo di errori e di approssimazioni, senza un movente, senza l’arma del delitto, senza testimoni, senza la prova del Dna.

Ma far riaprire il processo, cosa estremamente difficile nel sistema giudiziario americano, per Chico Forti si era rivelato impossibile.

In questi anni in Italia l’opinione pubblica, la stampa e il mondo politico si sono sempre di più interessati al caso e si sono impegnati a mantenere alta l’attenzione. A lottare con determinazione senza mai perdere la speranza è stato, in particolare, lo zio di Chico, Gianni Forti.

Il lavoro diplomatico per riportare Chico Forti in Italia

Negli ultimi cinque anni in Florida – riferiscono dal Department of corrections (il dipartimento delle pene) – hanno ottenuto il trasferimento nei loro Paesi di origine cinque detenuti stranieri, tre dei quali con condanne a 20 anni o più di carcere per reati gravi.

Il Governo italiano ha seguito la vicenda di Forti, ha portato avanti un intenso e delicato lavoro diplomatico per arrivare al trasferimento dell’imprenditore in Italia.

Sulla data del suo rientro dagli Usa non ci sono ancora notizie, ma il Governo italiano – ha spiegato il ministro degli Esteri – sta lavorando per accelerare il più possibile i tempi del suo ritorno a casa.

Una moglie, tre figli, una condanna all’ ergastolo: chi è Chico Forti

Colpevole di omicidio o vittima di un terribile errore della giustizia americana? È l’inquietante dubbio che, da quasi vent’anni, aleggia sulla vicenda di Enrico, per tutti Chico, Forti, trentino, campione di windsurf e di vela, prima di diventare imprenditore televisivo.

Forti ha 61 anni, dal 1992 risiede in Florida, dove si è sposato ed è diventato padre di tre figli. Ha trascorso gli ultimi diciannove anni chiuso nel carcere di Miami, dove sta scontando l’ergastolo.

Il 15 giugno del 2000, infatti, è stato condannato da una giuria popolare al carcere a vita per l’omicidio di un uomo, Dale Pike, ucciso il 15 febbraio del 1998 in un boschetto confinante con una spiaggia, freddato da due colpi di pistola calibro 22 sparati alla nuca.

La spiaggia si trova nei pressi del parcheggio del ristorante dove Forti lo aveva accompagnato e lasciato, dopo essere andato a incontrarlo all’aeroporto di Miami. Dale Pike era figlio di Anthony, proprietario di un hotel a Ibiza, che in quel momento aveva in corso una trattativa d’affari con l’imprenditore italiano: con l’intermediazione di un tedesco che viveva negli Usa, Thomas Knott, Pike voleva vendere l’hotel a Forti, operando in realtà una truffa ai suoi danni, perché quell’albergo non era più di sua proprietà già da tempo.

Il corpo di Dale Pike è stato ritrovato il 16 febbraio, completamente denudato ma con accanto alcuni oggetti personali, fra cui una scheda telefonica dalla quale si evince che le ultime chiamate erano state fatte a Chico Forti poco tempo prima della morte.

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Storia di una sentenza: mancano prove e arma del delitto

L’accusa, cambiata ben tre volte nel corso del processo, ha giudicato l’imprenditore colpevole basandosi su prove circostanziali deboli e poco chiare: la giuria lo ha condannato senza avere provato la sua responsabilità. Anzi, nel pronunciamento della sentenza, la Corte stessa ha ammesso di non avere le prove che Forti abbia premuto materialmente il grilletto, ma di avere la sensazione che lui sia stato “l’istigatore del delitto”.

In particolare, la pistola non è mai stata trovata. Anche il movente dell’omicidio è decaduto. Non ci sono testimoni, né impronte e anche la prova del Dna è risultata negativa. Elementi sufficienti, se non per affermare con sicurezza, quantomeno per porre il ragionevole dubbio che l’accusa abbia condannato un uomo innocente.

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Il produttore svedese Jens Alex con il braccialetto per Chico Forti

Chico Forti e il documentario sull’omicidio Versace

Sulla colpevolezza o meno di Chico Forti ci sono posizioni discordanti. In Italia, a combattere per la sua innocenza è la criminologa Roberta Bruzzone, che ha ricostruito l’intero caso con i suoi molteplici dettagli. Secondo la criminologa, un fatto non secondario da considerare è che, poco tempo prima dell’omicidio Pike, Forti aveva prodotto un documentario sull’assassinio di Gianni Versace, “Il sorriso della medusa”, fornendo una ricostruzione critica che, di fatto, gettava delle ombre sull’operato della polizia locale.

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Ad essere fermamente convinto dell’innocenza dell’italiano e a impegnarsi per la revisione del processo c’è anche Philip Mause, 74enne avvocato di Washington in pensione, che da anni si occupa di casi, non rari, di errori giudiziari negli Stati Uniti attraverso Injustice anywhere, un’organizzazione non profit americana che si batte per correggere sentenze di colpevolezza sbagliate e far riaprire i relativi processi fornendo assistenza legale alle vittime, fondata nel 2010 per seguire il processo ad Amanda Knox e Raffaele Sollecito a Perugia.

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chico forti intervista
Philip Mause (di spalle), mentre intervista John Palma, esperto in rilevamento delle bugie in campo criminologico

Chico Forti dichiarato colpevole «senza motivazione»

«Non conoscevo Enrico Forti, ma avevo sentito parlare del suo caso», racconta Mause, «ho letto la trascrizione del processo e ho capito che, sulla base degli atti, era molto difficile capire cosa fosse realmente successo. Non c’è alcun giudizio espresso dalla Corte sul perché l’imprenditore italiano fosse stato ritenuto colpevole, c’è soltanto il verdetto della giuria, senza una motivazione. È stato subito chiaro ai miei occhi che si trattava di un caso giudiziario molto controverso. Avvalendomi anche della collaborazione di altri esperti, sono arrivato alla conclusione che la giuria abbia dato una ricostruzione fuorviata su molti elementi».

Colpevole o innocente? «Dire una bugia non fa di un uomo un omicida»

L’opinione di Mause è che Forti abbia compiuto all’inizio una sciocchezza che gli è costata cara: ha mentito in un primo tempo alla polizia, negando di aver incontrato Dale Pike. «Ma dire una bugia su una determinata circostanza, magari per paura o perché si è psicologicamente sotto pressione, non rende colpevole di omicidio una persona. Parlando con vari esperti, abbiamo rilevato che è molto comune che una persona innocente sia portata a mentire perché entra nel panico. Ma la mia idea è che la giuria si sia fatta influenzare da quella menzogna, si sia convinta a priori che Forti fosse il colpevole e, a partire da questo pregiudizio, abbia costruito tutta la sua tesi, accostando i tasselli come in un puzzle per far combaciare le idee precostituite. Mi domando: se avesse ucciso Pike, perché mai Forti sarebbe andato a incontrarlo all’aeroporto, in un posto così affollato, davanti a decine e decine di persone? Sarebbe stata una cosa molto sciocca».

Riapertura del processo: il ruolo dell’opinione pubblica

Fra le varie stranezze del caso, l’avvocato ne ricorda una: «La seconda volta in cui Forti si è recato al Dipartimento di polizia per essere interrogato in quanto persona informata sui fatti, la polizia non ha registrato la sua deposizione e non ha redatto una memoria scritta immediata». Insomma, gli elementi poco chiari sono tanti. Anche se Mause è cosciente della difficoltà di arrivare a una revisione del processo: «Per la giustizia sarebbe molto imbarazzante ammettere di aver sbagliato e aver condannato all’ergastolo un innocente».

L’avvocato ha visitato Forti in carcere, oggi è in contatto con lui via email. «È una persona meravigliosa, non c’è assolutamente la minima possibilità che sia stato lui a compiere il delitto. Si tratta di un caso ridicolo. E l’opinione pubblica potrebbe esercitare una forte influenza affinché il processo venga riaperto».

Negli Stati Uniti lo scorso maggio la vicenda di Chico Forti è stata protagonista di un’inchiesta approfondita da parte di 48 hours, programma del canale Tv Cbs.

Nel 2015 Philip Mause è entrato in contatto con Thomas Salme, 50enne film maker e documentarista svedese, residente da anni in Italia, che dal 2011 ha preso a cuore la vicenda di Forti e si batte per provare la sua innocenza: con la consulenza dell’avvocato americano, Salme sta terminando di girare un documentario sul caso, prodotto dalla svedese Pampas production AB in collaborazione con la televisione SVT: Framed in Miami (incastrato a Miami), in sei episodi, che sarà pronto per la fine dell’anno.

La tesi di fondo del film è che nella vicenda giudiziaria dell’imprenditore un ruolo non secondario sia stato giocato dallo scomodo documentario da lui prodotto sull’omicidio di Versace, che ha messo in cattiva luce la polizia di Miami.

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chico forti documentario
Locandina di “Framed in Miami” (dettaglio)

«La giustizia americana corregga le sue storture»

«Devi essere considerato innocente finché non viene provata la tua colpevolezza e non puoi essere giudicato colpevole se non sulla base di prove assolutamente inconfutabili», sottolinea Mause. «Abbiamo appurato che negli Usa ci sono diversi casi di persone che, sottoposte a interrogatorio, confessano crimini che non hanno mai commesso. Ci sono studi che cercano di capire le motivazioni psicologiche che portano a queste false confessioni. È difficile da capire, ma sappiamo che succede e oggi lo possiamo scoprire grazie alle prove del Dna. Sappiamo anche che almeno il 5 per cento delle condanne alla pena di morte negli Usa sono errori giudiziari. Nel sistema americano è molto difficile riaprire un caso giudiziario e operare una revisione di una sentenza di condanna. Può accadere, ma è molto arduo da ottenere».

Nel corso della sua vita, Mause ha sempre lottato per i diritti civili. «Quando ero uno studente di Legge alla Georgetown University di Washington, ho appoggiato il movimento di Martin Luther King per i diritti degli afroamericani e nel 1965 ho partecipato alle marce da Selma a Montgomery contro la segregazione razziale. Allora sentivo davvero di vivere un momento storico cruciale. Sono stato anche attivo nel movimento di protesta contro la guerra del Vietnam». E aggiunge:

«Nel sistema della giustizia criminale americana ci sono molte cose da modificare, a partire dalla scienza forense. Perfino l’evidenza delle impronte digitali oggi crea dei problemi: quando questo tipo di prova è stato creato, era basato sulle impronte di tutte e dieci le dita, oggi vengono usate le impronte soltanto di un dito. Gli Stati Uniti pretendono di dare insegnamenti agli altri Paesi, ma dovrebbero prima di tutto guardare in casa propria e correggere ciò che non va internamente, prima di ergersi a modello per il resto del mondo».

*Articolo aggiornato con le ultime novità sul caso Chico Forti il 23 dicembre 2020

18 Commenti
  1. Raffaella dice

    Dottor Giusti,
    ora che Chico Forti ha ottenuto la grazia,come si sente? Non ci sono prove della colpevolezza di Forti. Non c’è l’arma e nemmeno il DNA. Quindi la sua ricostruzione su che cosa si è basata?

  2. Roberto Contardi dice

    Secondo il mio modesto parere è palese che Chico è una persona innocente. E’ incredibile che sia in carcere da 21 anni e’ un ingiustizia incredibile. Si deve fare assolutamente qualcosa per quest’uomo innocente. Non capisco come la giustizia americana compia questi errori incredibili. CHICO LIBERO SUBITO

  3. Giuseppe Trapani dice

    Forza Chico, Vai avanti a testa alta.. io E tutta la mia Famiglia ti vogliamo un mondo di bene…🙏🙏🙏Preghiamo per Te SEMPRE E X SEMPRE. ringrazio le iene per lo straordinario servizio e vi prego, solo voi delle iene potete fare qualcosa di Vero, continuate…un bacio forte Chico a prestissimo…….abbraccio..💪🏻💪🏻💪🏻

  4. Claudio Giusti dice

    Ho scritto a diversi professori e avvocati americani, e persino a Raoul Cantero: nessuno di essi ha mai sentito parlare del Forti, come nessuno conosce casi di lwopers graziati e/o rispediti al paesello. L’unico caso di grazia che sono riuscito a rintracciare è quello di Sharanda Jones che però fu condannata all’ergastolo lwop per un reato federale da quattro soldi.
    Rammento infine che ci sono 70 italiani nelle prigioni statunitensi e 20 americani nelle nostre.

  5. boboskij dice

    d’accordissimo col dottor Claudio Giusti. che si faccia la galera.

  6. Massimo Zamponi dice

    Fabio Dal Cin… 10 minuti di applausi!

  7. Corrado dice

    Riportiamo a casa Chico forti

  8. Nadia Sala dice

    Vergogna americana ma ancor più italiana , per non aver saputo tutelare e difendere un suo cittadino !! Liberatelo ora o mai più , chiedendo ( come vuole Chico ) la COMMUTAZIONE della pena da ergastolo , a 20 anni ,così che avrebbe già scontato l’intera pena e sarebbe FINALMENTE LIBERO ❤️

  9. Mirkovic dice

    Accogliamo persone tutti giorni di varie nazionalità, e ci dimentichiamo di un nostro fratello che sta marcendo in carcere per colpa di un sistema corrotto e sporco…l’Italia e i nostri politici si devono svegliare .vergogna.forza chicco

  10. emanuele dice

    Si chiedono come mai un interrogato confessi colpe che non ha mai fatto. Ma figlioli cari non penserete mica che un interrogatorio si svolga nella piena legalità . Ci sono schiaffi pugni calci dati per ore che ti aiutano a firmare il verbale davanti a un avvocato d’ufficio. Non penserete che il caso Chucchi sia raro . Certo lui li ha fatti spazientire di più e ne ha prese di più.

    1. Emilio dice

      Ma lui mica ha mai confessato. Su tutto il resto ti do ragione.

  11. Daniele dice

    Mi vergogno di essere italiano.
    Se lo stato americano è colpevole di aver incarcerato un innocente,quello italiano lo è altrettanto per averlo abbandonato.

  12. Massimiliano malavasi dice

    Come aiutare Chico Forti? Cosa posso fare ?
    Grazie

  13. Claudio Giusti dice

    Fra dieci anni sarete ancora a ripetere le stesse cose

  14. Claudio Giusti dice

    Questo è il momento: la vera ultima chance per Chico Forti. La presenza nel governo di persone adatte a farle simpatizzare per questa causa è un’occasione unica e irripetibile.
    Ma non ci si deve limitare a chiederne l’aiuto: si devono fornire le giuste informazioni.
    Gli amici di Chico devono chiarire cosa questi politici devono dire, con chi devono parlare, cosa devono fare e chiedere. I sostenitori di Chico Forti devono spiegare l’obbiettivo che vogliono raggiungere, con quale strategia e quali sono le norme e i precedenti americani. In definitiva questi ministri devono essere presi per mano e condotti a fare quello che serve.
    Sempre che fra gli amici di Chico vi sia qualcuno che abbia una sia pur pallida idea di cosa fare.

    1. Fabio Dal Cin dice

      Mi perdoni. Lei è il Dott. Giusti? La stessa persona, che con ogni diritto a farlo, manifestava l’opinione che il Sig. Forti fosse seccamente colpevole? Perché i suoi commenti tempo addietro erano molto offensivi e spesso passibili di azioni legali. Commentava i dibattiti della Sig.ra Bruzzone tipo “basta cazzate, vai a fare pompini!”, o quelli fatti dal sig. Gianni Forti con “spero vengano a prendere anche te e ti portino in carcere con il tuo Chico”. Noto con meraviglia il suo cambio di registro. Forse avrà avuto modo di leggere negli ultimi mesi la mail, per esempio, spedita dall’ “ottimo” tenente John Campbell a Tony Pike, dove dice che i giudici dell’accusa erano incerti nel procedere e che hanno dovuto (plurale!) minacciarli per indurli ad accusare Forti. O forse ha visto quanto detto dalla giurata Veronica Lee, che afferma il processo sia stata tutta una cazzata e che molte prove a favore di Chico sono state occultate, nonché bullizzata dagli altri componenti la giuria. O ancora avrà visto come l’ex moglie di Thomas Knott abbia affermato ravvedendosi che il marito la sera del delitto non è sempre rimasto al famoso party ma che per circa due ore sia uscito, demolendo di fatto l’ alibi di ferro del tedesco? Vede, all’inizio anche Stefano Cucchi si era procurato le enormi ferite ed ematomi dicendo che era caduto da solo; ci sono voluti 10 anni, ma la verità è stata scoperta, mettendo in luce un sistema corrotto di quasi un intero comando di Carabinieri.
      Mi stia bene.

      1. Claudio Giusti dice

        Non dica sciocchezze Dal Cin. IO non ho mai usato una simile terminologia e lei sicuramente mi confonde con i chicchiani. IO sono universalmente considerato l’autorità italiana sulla pena di morte ed il diritto penale statunitense e al massimo posso avere usato il termine idiozia riferendomi alle incredibbbbbili scemenze chicchiane. Per quanto riguarda la nota di cui sopra faccio notare la sua evidente ironia e il fatto che questa è stata inviata ad una persona molto vicina al Forti. Persona che nel tempo ha ricevuto tutto quello che ho scritto e trovato e che mi considera degno di attenzione. Ovviamente se questo non fosse un Parlamento da quattro soldi si sarebbe preteso la pubblicazione delle 50.000 pagine di verbali e di writ of certiorari e la presenza di personale competente. Purtroppo è chiedere troppo e, per sua informazione, nessuno in Florida ha mai sentito parlare del Forti e NON esistono casi conosciuti di lwopers graziati e/o rispediti al paesello.

    2. Adelia dice

      Per la knox lo stato americano è intervenuto eccome ! Viste le prove insussistenti e la richiesta di un nuovo processo non capisco la rigidità del sistema americano. Tanto all ergastolo ci sta qualcun altro…cosa importa

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