Popoli indigeni del Brasile: una nuova legge mette in pericolo i loro diritti

L’approvazione della legge conosciuta come "Marco Temporal" cancella il diritto ancestrale di molte comunità indigene sui loro territori, favorendo l’industria agroalimentare e il settore minerario

La camera dei deputati del Brasile ha approvato martedì 30 maggio il progetto di legge 490, meglio conosciuto come Marco Temporal (Lasso di tempo), un progetto che, se approvato anche dal Senato, metterà a rischio la sopravvivenza di migliaia di comunità ancestrali brasiliane.

La normativa si centra nella modificazione del criterio di riconoscimento delle terre indigene nel paese dell’America Latina, stabilendo come punto di partenza temporale, per essere riconosciute, il giorno dell’entrata in vigore dell’attuale costituzione, ovvero il 5 ottobre 1988.

Pertanto i popoli indigeni che non possono dimostrare di aver abitato fisicamente quelle che dichiarano essere le loro terre nel giorno della promulgazione della Costituzione brasiliana, non avranno più diritti su di esse.

Una limitazione arbitraria del diritto delle comunità indigene al proprio territorio che reitera una violenza sistematica contro la loro stessa esistenza e la loro appartenenza all’identità nazionale del Brasile.

Questa normativa infatti utilizza uno stratagemma legale per sfrattare da terre che fanno gola all’agroindustria e al settore minerario gli indigeni che non erano presenti in quell’area nel momento in cui la Costituzione è entrata in vigore. Senza considerare che proprio i conflitti ambientali, i massacri e le persecuzioni in connivenza con la Stato, possono averli obbligati ad abbandonare temporaneamente determinati luoghi.

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Giornata contro la violenza sugli indigeni – Foto: Mídia NINJA (via Flickr)

Uniti per i popoli indigeni del Brasile: proteste contro il Marco Temporal

Il progetto di legge è stato approvato alla Camera dei deputati brasiliana con 283 voti favorevoli, 155 contrari e un solo astenuto: Antonio Carlos Rodrigues, del partito di Bolsonaro (Partito Liberale), che, per rispetto ai suoi antenati indigeni, non ha votato.

La Camera, che presenta una maggioranza conservatrice, si è schierata a favore del progetto favorendo gli interessi dei grandi gruppi dei settori agricoli, dell’allevamento e dell’estrazione mineraria. Oltre all’opposizione al governo Lula, hanno infatti votato a favore del Marco Temporal anche alcuni partiti che costituiscono la base del governo, come il Partito socialdemocratico (Psd), il Movimento democratico brasiliano (Mdb) e l’Unione Brasile.

E di fronte a questo scenario di possibile sfratto coatto, sono scoppiate proteste in vari punti del Paese, come quelle registrare alla periferia di San Paolo, dove i manifestanti si sono scontrati con la polizia bloccando alcune strade e lanciando frecce.

La legge non danneggerebbe le riserve indigene che sono già state create, ma assesterebbe un duro colpo ai quei territori sotto ispezione e non ancora dichiarati ufficialmente come riserva indigena.

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“Amazzonia in piedi, Bolsonaro a terra” (San Paolo, Brasile) – Foto: © Diego Battistessa

Le reazioni del governo Lula

Di fronte a questo duro attacco verso le sue politiche inclusive, in favore della protezione dell’ambiente e dei diritti dei popoli indigeni, la reazione del governo di Lula non si è fatta attendere.

Lo stesso Ignazio Lula da Silva, nuovamente in carica come presidente dal gennaio scorso, durante la visita al raduno di Tierra Libre, che aveva riunito a fine aprile a Brasilia più di 6.000 indigeni, aveva dichiarato:

«Riprenderemo il processo di legalizzazione delle  terre indigene (sospeso nel 2019 da Bolsonaro) , perché per arrivare al 2030 con deforestazione zero in Amazzonia avremo bisogno di voi come guardiani delle foreste».

Protagoniste di questa protesta dopo la votazione alla Camera, però, sono state soprattutto le tre donne che guidano i ministeri dell’Ambiente (Marina Silva), dei Popoli indigeni (Sonia Guajajara) e dell’Uguaglianza razziale (Anielle Franco).

Marina Silva ha etichettato come un’ingiustizia inaccettabile contro le popolazioni indigene del Brasile l’imposizione di questa norma, mentre  Sonia Guajajara ha scritto su twitter  che questa la legge è  «un grave attacco alle popolazioni indigene e all’ambiente. Continuiamo a lottare per la vita. Ora dialogheremo con il Senato per evitare di negoziare le nostre vite in cambio di profitto e distruzione. Non ci arrenderemo!».

Messaggio ripetuto anche Anielle Franco in una intervista a Cnn, dove ha ribadito che il governo vuole riaffermare il suo impegno per il diritto alla terra delle popolazioni indigene e delle comunità tradizionali e che lavoreranno per fermare qualsiasi battuta d’arresto in questo senso in Brasile.

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Marcia delle donne indigene (a sinistra, Sonia Guajajara) – Foto: Katie Mähler (via Flickr)

In difesa degli indigeni brasiliani: i prossimi passi

La legge ora ha bisogno anche dell’approvazione del Senato e della firma del presidente della Repubblica per entrare in vigore e quindi c’è ancora tempo per provare a fermarla.

Inoltre, anche se il Sentato dovesse confermare il voto della Camera, Lula potrebbe imporre il veto al provvedimento usando una sua prerogativa presenziale: prerogativa che però si può usare solo se l’appoggio alla norma nel Congresso non è “massivo”, altrimenti, come successo in varie occasioni sotto la presidenza Bolsonaro, il veto può essere superato con una nuova votazione del congresso.

Ora le legge è al Senato della Repubblica del Brasile con il nome di Legge n° 2903, de 2023 e il presidente del Senato, Rodrigo Pacheco, ha informato che la questione continuerà ad essere trattata secondo le tempistiche normali, senza il carattere d’urgenza con il quale invece è stato gestito nella Camera dei deputati.

Come detto, sono circa 300 i  gruppi etnici indigeni che si trovano in Brasile, comunità che occupano 734 territori considerati terre ancestrali, principalmente in Amazzonia. Di questi territori, 125 son in via di identificazione, 49 già identificati dal Funai, 68 dichiarati tali dal ministero di Giustizia e 496 omologate dalla presidenza della Repubblica e registrate con carattere di riserva indigena (qui la mappa aggiornata).

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