Favela Rio de Janeiro: nel pericoloso Morro do Adeus tra criminalità e progetti sociali

A raccontare a Osservatorio Diritti la situazione della pericolosa favela di Rio de Janeiro, in Brasile, è il fotoreporter Sebastian Gil Miranda, che al Festival della fotografia etica di Lodi presenta la sua mostra su una compagnia di danza nata nel cuore del Morro do Adeus

Il Brasile si avvicina al voto per scegliere il nuovo presidente. Il primo turno delle elezioni – che vede sfidarsi l’uscente Jair Bolsonaro e Luiz Inácio Lula da Silva, i due principali candidati – è fissato al 2 ottobre.

Intanto, nel Paese latinoamericano il tasso di violenza legato alla guerra del narcotraffico continua a crescere, anche a causa degli atti brutali perpetrati non solo dai cartelli della droga, ma anche dalle forze di polizia.

Nello Stato di Rio de Janeiro, secondo i dati della Rete degli osservatori della sicurezza, che riunisce sette organizzazioni accademiche e della società civile, tra il 2020 e il 2022 si sono verificati 67 massacri in azioni poliziesche, che hanno provocato 308 vittime.

Massacri nelle operazioni di polizia nelle favelas di Rio de Janeiro

Dal 2008 a Rio sono state promosse le Unità della polizia pacificatrice (Upp) con lo scopo di controllare la criminalità urbana e combattere il predominio dei narcotrafficanti nelle favelas. Ma il programma, sotto molti aspetti, ha fallito.

Nel Complexo do alemão, il secondo conglomerato di favelas più grande di Rio, nella parte nord della metropoli, lo scorso luglio un’operazione di polizia – con 400 agenti in campo – si è conclusa con almeno 18 vittime: la quarta azione poliziesca più letale nella storia di Rio.

La pandemia del Covid-19 ha ulteriormente peggiorato lo stato di anarchia, il deficit delle istituzioni, la situazione di insicurezza e lo scontro tra gruppi rivali per il controllo del traffico di droga.

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Foto: Sebastian Gil Miranda per Na ponta dos pés

Scontro tra bande del narcotraffico nelle pericolose favelas di Rio

La vita quotidiana è particolarmente difficile nel Morro do Adeus, una delle tredici favelas del Complexo do alemão e uno dei quartieri più violenti e complicati del conglomerato. «A Rio dominano due fazioni di narcotrafficanti, il Comando vermelho, la più grande e potente, e il Tercer comando puro. Storicamente, quest’ultimo deteneva il potere nel Complexo do alemão, ma nel corso del tempo il Comando vermelho ha esteso la sua leadership su quasi tutto il conglomerato. Solo il Morro do Adeus restava fuori dal suo predominio».

A raccontarlo è Sebastian Gil Miranda, fotoreporter, regista e artista argentino, insignito di numerosi premi, impegnato da anni nella documentazione di tematiche di forte valenza sociale e umanitaria in vari Paesi del mondo, a partire dal Brasile.

Da nove anni Miranda segue e documenta Na ponta dos pés (In punta di piedi), un progetto sociale nato dieci anni fa a Rio, nel Morro do Adeus, grazie a una giovane ballerina del posto, Tuany Nascimento, che ha creato una scuola di danza classica per le bambine e ragazzine del quartiere con l’obiettivo di dare loro un’alternativa alla vita della strada e alla violenza, alla povertà e all’emarginazione.  In questi anni Miranda ha trascorso molto tempo nel Morro do Adeus, in alcuni casi rischiando lui stesso la vita, conosce bene il tessuto sociale e le problematiche di questa comunità.

Favela Rio de Janeiro: la feroce guerra tra fazioni

«Negli ultimi anni», prosegue il fotografo, «fra le due fazioni di narcotrafficanti è scoppiata una guerra feroce. A partire dall’epoca del Mondiale di calcio in Brasile (2014) e delle Olimpiadi di Rio (2016), la polizia militare è diventata una presenza sempre più forte nel Complexo, con l’obiettivo di combattere il traffico di droga. Ma è accaduto che i poliziotti, corrotti, hanno finito in molti casi per immischiarsi loro stessi nel business degli stupefacenti in connivenza con i criminali. Così, ad un certo punto, il Complexo è diventato teatro di scontri fra le due fazioni, da un lato, e di scontri fra la polizia e uno dei due gruppi criminali, dall’altro, generando una situazione di insicurezza e di violenza inaudita».

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Foto: Sebastian Gil Miranda per Na ponta dos pés

Criminalità e violenza per gli abitanti della favela

Uno dei problemi, spiega Miranda, è che mentre il Tercer comando puro è una fazione prettamente locale, fatta di gente del quartiere, che quindi normalmente rispetta gli abitanti, le attività e i progetti sociali in loco, esercitando una sorta di protezione sulle famiglie, il Comando vermelho viene da fuori, è esterno, non conosce i locali. E questo aumenta enormemente il grado di insicurezza per gli abitanti durante il conflitto, la possibilità di finire in mezzo a uno scontro armato e di essere colpiti fatalmente in una sparatoria.

«Anche a me è successo, ho rischiato di finire in mezzo a qualche scontro a fuoco che durava anche un’ora e mezzo-due ore senza tregua. Oggi Na ponta dos pés ha una sua sala per il balletto, ma all’inizio le ragazzine danzavano in un vecchio campo di pallone. Ed è accaduto spesso che, durante una lezione, scoppiassero nei dintorni scontri armati e le ballerine fossero costrette a scappare per non essere colpite». Molte di loro hanno visto morire i propri familiari.

«Uno dei casi più atroci è quello di una ragazzina alla quale i narcotrafficanti hanno assassinato i due fratelli e il padre è stato ucciso da un poliziotto che lo aveva confuso con un criminale».

Nel Morro do Adeus comanda il Comando vermelho

Dopo cinque anni in cui le due fazioni si sono alternate al potere, con la violenza, nel Morro do Adeus, adesso il Comando vermelho ha prevalso sul Tercer comando puro e ha conquistato il quartiere. Osserva Miranda: «Il Comando detta la legge, i suoi capi decidono tutto nella favela. Se stabiliscono un coprifuoco alle cinque del pomeriggio, nessuno può uscire di casa dopo le cinque. Per entrare nel quartiere bisogna avere il benestare di ragazzini che maneggiano le armi, assoldati dal Comando. Una delle conseguenze più gravi del predominio di un gruppo è che tutte le famiglie del quartiere che in qualche modo sono legate alla fazione rivale – perché magari hanno un cugino o uno zio che è coinvolto nel narcotraffico con quella fazione – vengono automaticamente espulse dal quartiere, devono lasciare le loro case, da un giorno all’altro, andarsene a vivere da un’altra parte».

Il dramma delle famiglie espulse dalla favela

Continua Miranda: «Un problema terribile, quello delle famiglie espulse, un’ulteriore violazione dei diritti degli abitanti – all’interno della guerra del narcotraffico – di cui in genere si parla poco. Negli ultimi anni centinaia di famiglie sono state mandate via dal Morro do Adeus, persone già povere, vulnerabili, che perdono tutto, senza sapere dove andare, come ricominciare, solo perché un loro parente aveva legami con la fazione sbagliata. E questo è ciò che è accaduto anche a molte giovani ballerine, costrette ad andarsene con le loro famiglie».

Na ponta dos pés, il balletto per il riscatto sociale dei bambini

Miranda è impegnato nel progetto sociale Na ponta dos pés non solo come fotografo, ma anche nella promozione della visibilità internazionale, nella raccolta fondi, nella costruzione dello spazio per le attività. Quest’anno Na ponta dos pés compie dieci anni. Nel tempo il progetto è molto cresciuto, grazie anche alla visibilità mediatica e alle campagne di crowdfunding.

«Quando ho cominciato a seguire il progetto, nove anni fa, le giovani ballerine erano un piccolissimo gruppo. Oggi Na ponta dos pés si è ingrandito, ha una sua sede, una sala per il balletto professionale nel cuore della favela e il progetto, che è un’organizzazione non profit, si è aperto a molte altre attività rivolte non solo alle bambine ma anche ai bambini e ragazzi del quartiere, per aiutarli a sviluppare una coscienza sociale e ambientale, ad avere gli strumenti per accedere al mercato del lavoro e trovare la loro strada nella vita».

E aggiunge: «Durante la pandemia, che ha colpito in modo terribile il Brasile, nel periodo del lockdown le ragazzine di Na ponta dos pés si sono date da fare per procurare e distribuire beni e alimenti alla gente della favela, informavano gli adulti sulle misure di igiene e prevenzione del virus, facendosi carico di compiti dei quali lo Stato, assente nelle favelas, avrebbe dovuto farsi carico».

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Foto: Sebastian Gil Miranda per Na ponta dos pés

“La danza contro le pallottole” al Festival della fotografia etica di Lodi

Il progetto fotografico di Miranda Ballet against bullets (la danza contro le pallottole) è in mostra al Festival della fotografia etica di Lodi, dal 24 settembre al 23 ottobre, all’interno dello Spazio dedicato al non profit, la sezione storica della rassegna che prende spunto dai reportage commissionati dalle associazioni sui territori e sulle tematiche in cui esse operano.

Nato nel 2010 da un’iniziativa del Gruppo fotografico progetto immagine, il Festival della fotografia etica è diventato negli anni una prestigiosa rassegna di carattere internazionale, con l’obiettivo di dare rilevanza alla fotografia come strumento per denunciare ingiustizie nel mondo, violazioni dei diritti umani e raccontare tematiche sociali. Novità di quest’anno: il Festival ospita la mostra ufficiale del World press photo 2022. Informazioni sul programma si posso trovare qui.

Il progetto sociale Na ponta dos pés può essere seguito su Instagram all’account @projetonapontadospes.

2 Commenti
  1. Graziella dice

    Vorrei sapere dove si svolge il festival fotografico del Ballet Against Bullet.
    Grazie

    1. Redazione dice

      Buongiorno, lo può trovare al Festival della fotografia etica di Lodi. Il link è indicato nell’articolo. Arrivederci

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