Occupazione: la qualità del lavoro in Italia continua a peggiorare
I dati dell'ultima indagine della Fondazione Di Vittorio certificano che l'occupazione nel mondo del lavoro in Italia è sempre più legata a part-time involontari e contratti a termine: ecco cosa sta succedendo
Il tasso di occupati in Italia a ottobre 2022 era il 60,5 per cento. Un dato alto, certo, il più alto mai registrato nel nostro Paese. Ma comunque il più basso dei 27 Stati dell’Unione europea. La media Ue, infatti, è del 70%, il tasso della Germania supera il 77%, Grecia, Spagna e i paesi dell’Est Europa hanno tassi superiori a quello italiano.
I dati sono contenuti nell’indagine sul reale stato dell’occupazione italiana realizzata dalla Fondazione Di Vittorio, da cui emerge che, nonostante l’aumento del tasso di occupazione, la situazione non è così rosea.
L’occupazione cresce, ma diminuisce il numero di persone in età da lavoro e tra gli occupati sono sempre di più precari, part-time involontari e lavoro povero.
«Nel nostro Paese l’occupazione cresce ancora troppo poco, cresce soprattutto per gli occupati over 64, cresce più precaria e povera, continua a penalizzare giovani e donne», ha detto Tania Scacchetti, segretaria confederale della Cgil, commentando i dati della ricerca.
Leggi anche:
• Festa del lavoro 2022: gli effetti della pandemia sui diritti dei lavoratori
• Morti sul lavoro: la strage senza fine nelle statistiche Inail
Occupazione: al lavoro più occupati over 64
A ottore 2022 gli occupati superano i 23 milioni di persone. Questa soglia era già stata superata nel 2018, nel 2019 e nel 2008. «In realtà quindi, è da molto tempo, fatto salvo il drammatico calo dovuto alla pandemia, che il numero massimo di occupati italiani si è attestato più o meno attorno ai 23 milioni; parlerei dunque di un andamento sostanzialmente stazionario più che di boom, fermo restando che qualsiasi aumento è il benvenuto», si legge nell’indagine.
Da cosa dipende allora quel 60,5% di occupati? Il tasso cresce solo in parte per l’aumento del numero delle persone occupate, mentre incide in modo sostanziale la diminuzione della popolazione in età da lavoro. Tra febbraio 2020 e ottobre 2022 gli occupati sono cresciuti di 157 mila unità, mentre la popolazione in età lavorativa (15-64 anni) è calata di 677 mila unità.
Ad allarmare sono i dati demografici. L’aumento dell’occupazione è in gran parte determinato da occupati over 64 (raddoppiati tra il 2008 e il 2022, passando da 380 mila a 733 mila) e l’età media degli occupati è aumentata (gli over 50, infatti, sono il 40% del totale).
Sul lungo periodo il problema demografico rischia poi di peggiorare: le previsioni al 2042 prevedono un calo di quasi 7 milioni di persone nella fascia di età 15-64 anni, «un dato che farebbe saltare, se non corretto attraverso un mix di interventi su lavoro, formazione, natalità e migrazioni, una parte importante della produzione italiana», si legge nell’indagine.
Leggi anche:
• Donne e lavoro: discriminata perché mamma, altro che pari opportunità
• Caporalato e sfruttamento del lavoro: crescono i casi al Nord e tra i minorenni
Occupazione in Italia: in aumento i dati su precarietà e lavoro part-time involontario
«Per dare un giudizio realistico sullo stato attuale dell’occupazione italiana non bisogna prendere in considerazione solo il numero totale di occupati o il tasso di occupazione; occorre considerare tutte le sue dinamiche, a partire innanzitutto dall’esponenziale aumento di precarietà e part-time involontario che, come i dati dimostrano, non sono positive, peraltro in un anno, il 2022, in cui l’economia cresce sensibilmente», ha detto Fulvio Fammoni, presidente della Fondazione Di Vittorio.
Come ha sottolineato Fammoni, è la qualità dell’occupazione a fare la differenza. Nel 2008 i 23 milioni di occupati contavano un numero di contratti precari inferiore a quelli attuali: 2,3 milioni contro i 3 milioni del 2022.
A crescere sono anche i part-time involontari: tra il 2008 e il 2020 sono passati da 1,3 milioni (circa il 40% del totale) a 2,7 milioni (parti al 64,6%).
«L’andamento dell’occupazione è fortemente caratterizzato da un drastico peggioramento delle sue condizioni legate alla precarietà e al part-time (involontarietà del lavoro) che incidono pesantemente sia sulle retribuzioni, che sulla prospettiva previdenziale», si legge nell’indagine.
Basta andare a vedere, infatti, il numero di ore lavorate da un occupato dipendente: nel 2008 in media erano 413, mentre nel 2022 sono state 393, cioè 20 in meno.
Leggi anche:
• Precariato: lavoro a tempo determinato e salari bassi dilagano in Italia
• Gender gap: in Italia l’occupazione cresce, ma non intacca il divario di genere
Occupazione e lavoro: «Nella legge di bilancio mancano risposte adeguate»
Per Scacchetti (Cgil), «alcune scelte rappresentano un attacco ai più poveri e aumentano la precarietà con l’allargamento del lavoro occasionale. Inoltre vengono ridotte le risorse per sanità, scuola e welfare e si incrementa l’iniquità fiscale. Infine, l’assenza di forti condizionalità sugli investimenti rischia di peggiorare un quadro già allarmante».
Per la sindacalista, l’Italia dovrebbe puntare, anche grazie alla risorse del Pnrr, su investimenti condizionati alla crescità di lavoro di qualità, a partire dai settori pubblici, al contrasto alla precarietà, alla valorizzazione della competenze dei lavoratori, al diritto alla formazione permanente. «Strade che devono essere percorse per non aggravare quella crisi demografica che descrive purtroppo un Paese in un inesorabile declino», conclude Scacchetti.