Morti sul lavoro: la strage senza fine nelle statistiche Inail
Dopo il martedì nerissimo dei morti sul lavoro - il 28 settembre 2021 sette persone sono decedute in poche ore e un infermiere è stato stroncato dal Covid - siamo andati a vedere quanto è pesante il tributo di sangue che si paga lavorando. Con l'aiuto delle statistiche Inail e cercando di conoscere nomi e storie delle vittime
Tre-quattro vittime al giorno (e forse più) in media, ogni giorno, tutti i giorni, con picchi quotidiani di sette-otto tragedie. E decine di casi letali, se non centinaia, che sfuggono a conteggi e riepiloghi. Una strage continua, infinita, inarrestabile, con il Covid che ancora incide sulle statistiche gobali.
Di lavoro e sul lavoro si continua a morire, nelle fabbriche, nei campi e nelle serre, nei cantieri edili, nei magazzini, in mare, su mezzi di trasporto, nelle strutture ospedaliere, per strada. Dietro ciascun numero, una persona, una famiglia devastata dalla perdita, interrogativi che si rincorrono, promesse e impegni.
Luigi Viviani, 48 anni, boscaiolo. Salvatore Vetere, 51 anni, manutentore. Giorgia Sergio, 26 anni, addetta alle pulizie, Bujar Hysa, 63 anni, facchino, Jaballah Sabri, 22 anni, operaio tessile, Sergio Colpani, 53 anni, mulettista. E via elencando, fino a riempire pagine e pagine di nomi, visi e storie sbagliate (come puntualmente fa li metalmeccanico e fiorentino Marco Bazzoni, attivo su Facebook).
Morti sul lavoro: statistiche Inail parziali e provvisorie
Gli ultimi dati parziali e provvisori diffusi dall’Inail (che aggiorna di mese in mese i bollettini nella sezione “open data”) raccontano che da gennaio ad agosto 2021 hanno perso la vita almeno 772 lavoratori e lavoratrici dipendenti, oppure appartenenti a particolari categorie (una media di 3,2 tragedie quotidiane).
Durante i turni di servizio e nelle postazioni assegnate sono morte 620 persone (pari all’80,3%), altre 152 (19,7%) sono decedute in itinere (nei tragitti casa-lavoro e viceversa, in spostamenti tra due sedi diverse o per recarsi a pranzo e poi rientrare).
Nel 2020 si era arrivati a 1.538 denunce di decessi (4,2 al giorno), compresi quelli correlati al Covid. Nel 2019 le morti furono 1.205, 1.279 nel 2018. Ma il bilancio è ancora più pesante e drammatico, per quest’anno e per quello passato.
Leggi anche:
• Festa del lavoro: l’impatto del Covid-19 sui lavoratori in Italia e nel mondo
• Alternanza scuola-lavoro: studenti denunciano abusi
Morti sul lavoro 2021: dentro i riders, fuori le categorie extra Inail
«L’Istituto – dice a Osservatorio Diritti Silvino Candeloro, della direzione nazionale di Inca Cgil – computa le denunce di morte delle lavoratrici e dei lavoratori dipendenti coperti dalla propria assicurazione, dei soggetti assimilati (ad esempio i parasubordinati) e del personale del “Conto Stato” (cioè di amministrazioni centrali, scuole e università statali). Restano fuori gli abusivi e i sommersi, in nero o clandestini, e gli operatori di categorie che non ricadono sotto l’ombrello Inail: forze di polizia e forze armate, vigili del fuoco, liberi professionisti indipendenti, consulenti del lavoro e periti industriali, commercianti titolari di imprese individuali, alcune partite iva, giornalisti, dirigenti e impiegati del settore agricolo, contadini per hobby, amministratori locali, sportivi dilettanti, parte del personale di volo, volontari della protezione civile e infermiere volontarie della Croce rossa. In compenso nelle statistiche e nelle tutele dell’Istituto da poco rientrano i riders, i ciclofattorini delle imprese di consegna a domicilio, perlomeno quelli messi in regola. A breve – continua Candeloro – dovrebbero essere ricompresi anche i lavoratori autonomi dello spettacolo (incluso il personale di supporto, ad esempio elettricisti, falegnami, parrucchieri».
Nel confronto 2020-2021 per ora il numero cala, ma molti morti sul lavoro restano non censiti
Le denunce presentate all’Istituto tra gennaio e agosto 2021, tornando ai dati parziali e provvisori, sono per ora attestate a quota 772 (in attesa dell’arrivo di tutte le segnalazioni per decessi Covid correlati), 51 in meno rispetto alle 823 raccolte nei primi otto mesi del 2020 (-6,2%).
La differenza è il risultato di un diverso andamento delle due macro categorie prese in considerazione. I decessi in itinere sono saliti da 138 a 152, 14 in più (+10,1%). Sempre nei primi otto mesi dell’anno in corso sono calati i morti nei luoghi di lavoro, 65 in meno (da 685 a 620, -9,5%).
Fonti ufficiose ipotizzano che circa un terzo degli infortuni mortali sul lavoro rimanga sottotraccia, non censito, e che la quota di sommerso sia ancora più rilevante nel settore agricolo e sul fronte degli incidenti stradali. Il ministero del Lavoro, contattato per avere il totale globale dei morti, non fornisce numeri né stime, rimandando ai soli dati Inail.
Luna, Laila e le altre: nomi e storie di donne morte lavorando
Le vittime restano in gran maggioranza uomini, con lo stesso tasso per i primi otto mesi 2021 e i primi otto mesi 2020 (89,9%). Nei due periodi raffrontati le lavoratrici decedute sono passate da 83 a 78 (5, -6,0%), i colleghi da 740 a 694 (46 meno, -6,2%).
Nomi e volti di donne e ragazze rimangono però più impressi di altri. Luana D’Orazio, ad esempio. Aveva 22 anni e un figlio piccolo. Lavorava in una azienda tessile di Montemurlo, vicino a Prato. Il 3 maggio 2021 è stata risucchiata e stritolata da un orditoio con le protezioni manomesse.
E Laila El Harim, 40 anni, madre di una bimba. Tre mesi dopo è stata uccisa da una fustellatrice in un’azienda di packaging di Camposanto, nel Modenese. Non era stata formata per le mansioni affidate, aveva inviato al compagno le foto dei congegni che la preoccupavano.
Leggi anche:
• Ferrero tra lavoro minorile e deforestazione: filiera sotto accusa
• McDonald’s, in Francia «prende i sussidi ma non protegge i lavoratori»
I morti italiani e quelli stranieri nelle statistiche Inail
Sempre nei primi otto mesi 2021 è sceso il numero delle denunce di decessi di lavoratori italiani (da 700 a 663, -67, pari al -9,6%) e colleghi comunitari (da 41 a 25, 16 in meno, cioè -39,0%), mentre le segnalazioni per lavoratori extracomunitari erano 82 e sono diventate 84 (2 in più, +2,4%).
Dall’analisi per età delle vittime emergono incrementi per le classi 15-19 anni (2 casi in più), 25-29 anni (+5 casi) e 40-54 anni (+43 ) e decrementi per la fasce 20-24 (-4 morti), 30-39 anni (-12 casi) e per gli over 55 (-86 croci), che rappresentano comunque il 45% del totale (349 morti).
Morti sul lavoro in Italia: ci sono anche ragazzi e ragazze
Vecchi con esperienza e giovani pieni di energie, nessuno è al sicuro. Il 24 agosto 2021 è toccata a Enzo Ferrari, 91 anni, contadino in pensione. Una delle pesanti balle di fieno che stava sistemando, in una tenuta agricola di Cadebosco di Sotto (Reggio Emilia), gli è franata addosso e non gli ha lasciato scampo.
Tra i ragazzi si ricorda Simone Valli, 18 anni appena, da poche settimane guardiacaccia. È scivolato in un dirupo, all’interno di una azienda faunistico-venatoria del comune montano di Teglio (Sondrio). Un volo di 100 metri. La fine, in una domenica d’estate, l’8 agosto 2021.
Leggi anche:
• Donne e lavoro: discriminata perché mamma, altro che pari opportunità
• Concetta Candido: Gad Lerner e la donna che si diede fuoco all’Inps
Quali sono i settori più pericolosi e le regioni in cui si muore di più sul lavoro
La gestione Industria e servizi tra gennaio e agosto 2021 è l’unica a far registrare un segno negativo nella conta delle vittime (-10,4%, da 721 a 646 denunce mortali, pari a 75 vittime in meno).
Di segno opposto il ramo Agricoltura (da 70 a 84 denunce, relative ai soli assicurati e non a tutti i lavoratori del settore, pari a 14 morti in più, +20%) e il Conto Stato (da 32 a 42 vittime, 10 morti di differenza, +31,2%).
Dall’analisi territoriale emergono un’impennata di infortuni letali nel Sud (da 165 a 211 casi mortali) e un curva crescente nel Nord-Est (da 161 a 167) e al Centro (da 147 a 150). I cali sono localizzati nel Nord-Ovest (da 265 a 169) e nelle Isole (da 52 a 50 morti).
Una commissione ad hoc per chi muore in divisa
Per l’Inail sono infortuni mortali sul lavoro anche quelli provocati dal Covid-19, che sta condizionando la raccolta e la comparazione dei dati: la causa virulenta è equiparata a quella violenta ai fini assicurativi. Il riconoscimento degli indennizzi, fatti i controlli di rito e salvo eccezioni, è previsto innanzitutto per i sanitari esposti a un elevato rischio di contagio e poi per i lavoratrici e lavoratori a costante contatto con il pubblico e l’utenza (come addetti ai front-office, cassiere, banconisti, lettighieri).
Altre amministrazioni statali (come ministero dell’Interno e della Giustizia, interpellati da Osservatorio Diritti) hanno maglie strettissime. I casi vengono esaminati ad uno ad uno da una commissione creata ad hoc, chiamata a decidere se accordare o meno il riconoscimento del nesso causale tra pandemia e attività lavorativa, con le ricadute economiche e le garanzie previste per coniugi, partner e figli.
A fine agosto, a fronte di 17 poliziotti di Stato (dati sindacali) e 13 poliziotti penitenziari uccisi dal Covid (dati ministeriali), l’attribuzione di caduto in servizio non era ancora stata accordata per alcuna vittima.
Vittime del virus e del dovere: chi sono i poliziotti morti sul lavoro
Qualche esempio. Per la polizia penitenziaria, 37 mila effettivi e quotidiane aggressioni in carcere, tra gennaio 2020 e agosto 2021 risulta un unico deceduto e in itinere: l’assistente capo Mauro Di Bernardo, coinvolto in un incidente mentre in macchina stava andando a prendere servizio al carcere de l’Aquila, il 17 maggio 2021.
Per la polizia di Stato, 98 mila uomini e donne, i caduti in servizio tra gennaio e agosto sono due: Marino Terrazza e Gianluca Quaino, 37 e 54 anni. Il primo è stato investito durante un intervento per un tamponamento, il 28 luglio 2021, a Posada (Nuoro). ll secondo non è scampato a un frontale avvenuto sulla strada per rientrare a casa a fine turno, a Moimacco (Udine), il 16 settembre 2021. Un morto nel 2020, quattro nel 2019.
Dove la vita corre i pericoli maggiori
I picchi di infortuni mortali denunciati all’Istituto, prendendo come riferimento l’intero 2020, riguardano imprese di costruzioni (149 assicurati morti), trasporti e magazzinaggio (144), sanità e assistenza sociale (108, con la variabile Covid che ha pesato), fabbriche di prodotti in metallo (42 decessi), aziende alimentari e delle bevande (30).
Artigianato e Agricoltura totalizzano 223 e 124 vittime e “solo” contando i lavoratori coperti dall’Inail (come confermano dalla sede centrale).
Riporto i punti essenziali della Sentenza 50/2022 (ECLI:IT:COST:2022:50) Massima numero 44534 della Corte Costituzionale
“Titolo
Diritti inviolabili o fondamentali – In genere – Diritto alla vita – Posizione privilegiata nell’ordinamento – Matrice di ogni altro diritto a tutela della persona, anziché di interessi collettivi…
Testo
Il diritto alla vita, riconosciuto implicitamente dall’art. 2 Cost., nonché, in modo esplicito, dall’art. 2 CEDU, è il primo dei diritti inviolabili dell’uomo,
cioè di quei diritti che occupano nell’ordinamento una posizione, per dir così, privilegiata, in quanto appartengono all’essenza dei valori supremi sui
quali si fonda la Costituzione italiana. Esso concorre a costituire la matrice prima di ogni altro diritto, costituzionalmente protetto della persona, e da
esso discende il dovere dello Stato di tutelare la vita di ogni individuo…”
Se la Corte Costituzionale definisce il diritto alla vita “Matrice di ogni altro diritto a tutela della persona, anziché di interessi collettivi” perchè così tante morti sul lavoro? Inoltre l’incapacità dello stato a fare gli opportuni controlli, alla luce della massima della Corte Costituzionale, potrebbe creare una responsabilità dello Stato?