Marco Zennaro è libero dopo un anno in Sudan: ecco la sua storia

Finisce l'incubo per Marco Zennaro: l’imprenditore di Venezia torna a casa dopo essere stato bloccato in Sudan per un anno a causa di una disputa commerciale. Ecco la sua storia

Marco Zennaro è atterrato all’aeroporto di Roma Fiumicino il 12 marzo, annunciato via social dagli amici e familiari che per quasi un anno non si sono mai fermati nel chiederne la liberazione. A inizio marzo la situazione si era sbloccata, dopo la fine del terzo processo per truffa che lo aveva trattenuto nella capitale del Sudan da settembre 2021, facendogli passare il Natale lontano dai tre figli e la moglie.

Storia di Marco Zennaro: le accuse, l’arresto e il carcere

L’azienda Zennarotrafo, attiva in Africa da oltre vent’anni, produce componenti elettrici a Marghera, nel comune di Venezia, e dà lavoro a 25 famiglie. L’imprenditore era volato in Sudan per risolvere un disguido con un partner commerciale africano che lo accusava di aver spedito una partita di materiale elettrico difettoso.

Atterrato il 18 marzo 2021 a Khartum, Marco Zennaro aveva incontrato il cliente e iniziato una trattativa economica con un intermediario, Ayman Gallabi, ritrovato morto nel Nilo pochi giorni dopo.

Il 1° aprile 2021 in aeroporto, in attesa di ripartire, Zennaro è stato arrestato con l’accusa di truffa e portato prima in commissariato, poi in carcere, dove ha trascorso 75 giorni senza poter parlare con la famiglia e in condizioni disumane.

A metà giugno 2021 è stato rilasciato in attesa di processo, ma non gli è stato restituito il passaporto e Marco è stato ospitato nell’ambasciata italiana in attesa di capire le decisioni del giudice. D’allora sono passati 9 mesi, oltre 20 rinvii e un colpo di Stato che ha contribuito a far salire la tensione diplomatica.

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Marco Zennaro (a sinistra) – Foto: gentile concessione di #SosteniamoMarco

Moglie, padre, tre figli e tutta la città di Venezia per Marco Zennaro

Dal momento dell’arresto di inizio aprile, la famiglia e gli amici più cari hanno cominciato una lunga partita per tenere alta l’attenzione e ottenere il rilascio. La pagina Facebook SosteniamoMarco ha coinvolto migliaia di persone, organizzato cortei acquei in Canal Grande, a Venezia, manifestazioni alla Mostra del Cinema e seminato magliette del colore della città con la scritta Sosteniamo Marco.

Centinaia di striscioni sono comparsi sulla facciate dei palazzi, il primo quello di aprile 2021 sul palazzo in Canal Grande dei familiari di Marco. Sul palazzo Ca’ Farsetti, sede del Comune di Venezia, solo a fine anno si è srotolato SosteniamoMarco, a seguito di una polemica tra cittadini e istituzioni per una mancata azione politica concreta per la liberazione dell’imprenditore. Durante i lunghi mesi di isolamento Zennaro ha sempre dato alla sua famiglia e alla sua città il ruolo di sostenitrici e àncore di salvezza.

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Uno striscione esposto a Venezia chiede la liberazione di Marco Zennaro – Foto: gentile concessione della pagina Facebook #SosteniamoMarco

Il lavoro che ha portato alla liberazione dell’imprenditore

Dopo una prima somma di 400 mila euro data all’imprenditore Abdallah Esa Yousif Ahamed, che lo accusava del malfunzionamento del materiale, la famiglia di Marco è stata affiancata dal direttore generale della Farnesina, Luigi Vignali.

Era stato deciso di dividere il lavoro a metà: la causa civile in tribunale per la famiglia, le dinamiche politiche con il governo per Vignali. Visto che Abdallah Esa Yousif Ahamed riforniva con materiale elettrico una società statale sudanese, infatti, c’era un coinvolgimento del governo da seguire.

Ma a fine ottobre 2021 il Sudan è stato attraversato da un colpo di Stato e il primo ministro Abdallah Hamdok arrestato. E così si era bloccata anche l’attività del tribunale.

Il dialogo con l’Italia è stato interrotto e la richiesta di risarcimento era salitia a quasi 1 milione di euro. La famiglia, visto che le proteste dei sudanesi erano sfociate nel frattempo in morti e violenze, ha chiesto di aumentare la pressione per riportare a casa Marco, ma la situazione è entrata in una situazione di stallo.

Marco Zennaro in Sudan: la storia degli ultimi mesi

A metà novembre Luigi Di Maio, ministro degli Affari esteri, aveva incontrato personalmente la famiglia a Padova, confermando che il suo entourage stava lavorando per un rimpatrio entro l’anno. Dopo quasi due mesi di blocco, il tribunale di Khartum aveva deciso di riprendere le udienze civili l’8 dicembre e ci si aspettava la conclusione del processo.

Rinviato di una settimana, il 15 dicembre l’avvocato dell’accusa aveva passato l’intero dossier a un collega, ottenendo così di rimandare a inizio 2022 la decisione. “Processo farsa!”, Aveva reagito la famiglia Zennaro, stremata dall’idea di non festeggiare il Natale insieme.

I tre figli sono quindi rimasti in attesa, mentre moglie e padre si alternavano in ambasciata per dare forza a Marco. Solo a metà febbraio 2022  è stato chiuso il procedimento civile con una mediazione economica inferiore a quella richiesta dall’accusa e la riabilitazione del passaporto.

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Marco Zennaro – Foto: gentile concessione di #SosteniamoMarco

Marco Zennaro a casa: le ultime notizie

Sabato 14 marzo, di mattina, sulla pagina Facebook è comparso lo screenshot di una chat, mittente Zennaro: “Ndemo fioi” (“Andiamo ragazzi”, in dialetto). Marco era appena atterrato a Fiumicino, dopo una settimana di rinvii dell’aereo per tempeste di sabbia in Sudan e tempeste di neve nello scalo europeo.

La famiglia era lì con lui, e da Roma hanno cominciato ad arrivare le foto degli abbracci e i ringraziamenti con la sua voce, finalmente, verso chi si era speso per la sua sopravvivenza emotiva e psicologica: due psicologhe italiane, i carabinieri dell’ambasciata e, prima di tutto, la moglie e i tre figli.

Poi un treno lo ha portato la sera tardi alla stazione di Santa Lucia, Venezia, casa. In stazione ha incontrato decine di amici, dopo l’appello lanciato sui social: Accogliamo Marco, ha bisogno degli amici. Una famiglia enorme ha tolto a Marco la solitudine di 360 giorni in isolamento, 75 giorni di prigionia e il terrore di un incubo infinito. Domenica alle 17.30 Marco ha ringraziato tutti a Rialto, appendendo uno striscione, “Grazie Venezia“, dal balcone di casa in campo San Bortolo.

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