Migranti Polonia: al confine con la Bielorussia solo muri e respingimenti
I migranti portati in Bielorussia dal Medio Oriente continuano a essere bloccati al confine con la Polonia. Che da una parte accoglie un milione di rifugiati ucraini, mentre dall'altra parte costruisce un muro di 186 km. Ecco cosa succede oggi
Secondi i dati dell’Alto commissariato Onu per i rifugiati (Unhcr), finora la Polonia ha ospitato circa un milione e mezzo di persone in fuga dalla guerra tra Ucraina e Russia. Ma poco lontano dai luoghi di accoglienza, lungo il confine polacco con la Bielorussia ci sono persone bloccate da diversi mesi, che ripetutamente provano a oltrepassare la frontiera per entrare in Unione europea, rischiando di essere respinte, picchiate e di trovarsi faccia a faccia con la morte.
Sono i migranti arrivati mesi fa in Bielorussia, che da tempo provano a raggiungere la Polonia ma, a differenza delle centinaia di migliaia di persone che continuano a varcarne i confini in questi giorni, continuano a essere respinti.
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Migranti Polonia-Bielorussia: situazione invariata
Di come queste persone fossero arrivate fino in Bielorussia e fossero state incoraggiate dal governo di Aleksander Lukashenko a dirigersi verso e oltre il confine polacco con la falsa promessa di un canale facilitato verso l’Unione europea, ne avevamo parlato qualche tempo fa (leggi Bielorussia, migranti stremati al confine con la Polonia per entrare in Europa)
Migliaia di migranti si erano ritrovate all’improvviso in bilico tra i due Paesi. Non c’erano strutture adeguate per accoglierli, fornire loro vestiti, sacchi a pelo e cibo era un’attività al limite della legalità. In Polonia i volontari lasciavano di nascosto pacchi umanitari nei boschi, fuori dalla “zona rossa” istituita per non far avvicinare nessuno al confine, compresi giornalisti e operatori umanitari. Vivevano all’aperto con temperature sotto zero o in luoghi fatiscenti come il campo di Bruzgi, in Bielorussia, o per chi riuscisse a passare quello di Wędrzyn, in Polonia.
Il dato ufficiale dei morti fino ad ora è stato di almeno 21, anche se si presume che i numeri siano più alti.
Oggi, a diversi mesi di distanza, moltissime persone si trovano ancora in questo limbo, sparse lungo il confine bielorusso.
«Non possiamo saperlo con certezza, nessuno lo sa, ma presumiamo che lungo il confine dal lato della Bielorussia al momento siano presenti circa 1.500 persone, 500 nel campo di Bruzgi e un migliaio altrove», racconta Silvia Cavazzini, attivista di Gandhi Charity che collabora anche con Hope & Humanity Poland.
«Si tratta di iracheni, siriani, yemeniti, afghani, iraniani, pakistani, egiziani e qualcuno dalla Somalia e dal Camerun. Ci sono diverse famiglie, uomini e anche donne sole». Silvia ha trascorso due settimane in Polonia tra la fine di novembre e inizio dicembre e ancora oggi il suo telefono è pieno di richieste di aiuto di persone bloccate in Bielorussia che si trovano senza cibo, acqua o che necessitano di un posto dove dormire.
Le persone che riescono a varcare la frontiera sono molto spesso recuperate nei boschi in gravi condizioni di salute, stremate per il freddo e per la fame. Le azioni di solidarietà e aiuto sono criminalizzate.
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Zona rossa e muro: ecco cosa succede in Polonia
Il governo polacco ha preso la decisione di prorogare il divieto di ingresso nelle zone di confine con la Bielorussia dal 2 marzo fino al 30 giugno 2022, in pratica estendendo la permanenza della “zona rossa”. La giustificazione, riportata sul sito ufficiale del governo, è questa:
«Tenendo conto che i tentativi di attraversare illegalmente il confine di Stato continuano a verificarsi e che gli incidenti nelle immediate vicinanze del confine di Stato possono essere utilizzati dalla parte bielorussa per aggravare la crisi migratoria in corso e, di conseguenza, per rallentare i lavori di investimento in corso relativi alla costruzione di una barriera tecnica ed elettronica per la sicurezza del confine di Stato, è ragionevole imporre un divieto temporaneo di soggiorno nella zona di confine per un nuovo periodo dal 2 marzo 2022 al 30 giugno 2022, che permetterà il completamento dei lavori relativi alla costruzione del suddetto sistema di sicurezza del confine di Stato».
La priorità rimane quindi quella di proteggere le frontiere e proseguire con la costruzione del muro difensivo di oltre 186 km che, oltre a fungere da strumento per impedire l’ingresso dei migranti, metterà a repentaglio l’antica foresta vergine di Białowieża, patrimonio Unesco, per salvaguardare la quale 150 organizzazioni ambientaliste hanno scritto una lettera alla Commissione europea. Un investimento di circa 350 milioni di euro.
🆕Ruszyła budowa bariery na granicy polsko🇵🇱-białoruskiej🇧🇾.
Dzisiaj Straż Graniczna przekazała place pod budowę wykonawcom.
To największa inwestycja budowlana w historii Straży Granicznej.Długość bariery to 186 km,koszt jej budowy – 1,6 mld zł.#UNIBEP @BudimexSA @GrupaPolimex pic.twitter.com/lxf13tSSm2— Straż Graniczna (@Straz_Graniczna) January 25, 2022
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La protezione temporanea è selettiva: direttiva 55/2001
Per far fronte alla grave crisi umanitaria dovuta allo scoppio della guerra in Ucraina, il 3 marzo il Consiglio europeo ha scelto di dare applicazione alla Direttiva 55 del 2001 “Sulle norme minime per la concessione della protezione temporanea in caso di afflusso massiccio di sfollati e sulla promozione dell’equilibrio degli sforzi tra gli Stati membri che ricevono gli sfollati e subiscono le conseguenze dell’accoglienza degli stessi”.
Il testo prevede che le persone provenienti da una determinata zona e impossibilitate a farvi ritorno ricevano protezione immediata e la garanzia di accesso ai Paesi membri così da fornire una risposta omogenea ed equilibrata nell’affrontare questa situazione.
Da quando è nata nel 2001, fino ad oggi, questa direttiva non era mai stata applicata, nemmeno durante la crisi migratoria del 2015. E oggi il suo recepimento segnala una discrezionalità marcata, spinta sempre più da volontà politica piuttosto che dal concetto stesso di protezione internazionale. Situazione evidente proprio in Polonia.
«Stiamo assistendo a due situazioni contrapposte all’interno dello stesso Paese. Da un lato c’è l’accoglienza di oltre un milione di rifugiati che fuggono dalla guerra, dall’altro la costruzione di un muro lungo il confine con la Bielorussia», racconta Gianfranco Schiavone, membro dell’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione (Asgi) e presidente del Consorzio italiano di Solidarietà – Ufficio Rifugiati Onlus di Trieste.
«La Polonia, e in generale l’Ue, continuano a sostenere che si debbano bloccare i migranti in arrivo dalla Bielorussia perché si tratta di strumentalizzazione da parte di un Paese terzo. Ma non è che una persona non è più rifugiata per il solo fatto di essere strumentalizzata. È una contraddizione logica, prima ancora che morale. E l’unica soluzione è accogliere quelle persone in territorio polacco per poi risolvere la situazione con strumenti diplomatici e politici senza compromettere il diritto della persona a chiedere asilo».
Migranti Polonia e diritto d’asilo: due pesi e due misure
Secondo Schiavone, il diritto d’asilo è sempre meno come dovrebbe essere, ovvero un diritto, appunto, che prescinde dalla nazionalità, dal contesto politico e ha a che fare con la condizione dell’individuo. Ciò fa sì che lo sfollato proveniente dall’Ucraina sia accolto, ma il rifugiato afghano in arrivo dalla Bielorussia che si trova a 100 km di distanza sia respinto categoricamente.
«Il diritto di asilo torna così a essere una concessione, a volte generosa, data sulla base di valutazioni di carattere politico, dipendente dalle relazioni internazionali».
Una situazione che l’applicazione della Direttiva 55/2001/CE, avvenuta a oltre 20 anni di distanza dalla sua nascita, ha fatto emergere in modo netto.
«La decisione di applicare una misura per la protezione temporanea segue una valutazione, che purtroppo richiede sempre un margine di discrezionalità politica. Questo margine, però, avrebbe dovuto essere esercitato entro limiti più ragionevoli, invece si è trasformato nella scelta di negare l’esistenza della condizione prevista dalla stessa direttiva. Basti pensare al 2015: lì la direttiva non era stata applicata e sinceramente c’era poco da discutere», conclude Schiavone.
«Il fatto che il sistema sia sempre più dipendente da scelte politiche arbitrarie e sempre meno legato a principi giuridici che si applicano indipendentemente dalla volontà politica del momento, è una situazione molto grave e molto avanzata in Europa. E la Polonia in questo momento ne è una rappresentazione quasi visiva».