Marco Zennaro, l’imprenditore di Venezia dimenticato in Sudan
Il 47enne veneziano è ancora in attesa di una sentenza civile che lo vede accusato di frode. Diciotto udienze e diciotto rinvii fanno sempre più pensare a un processo farsa. La Farnesina non risponde alle richieste di informazione e le probabilità che Marco Zennaro torni a casa per Natale si assottigliano
Rimane chiuso in ambasciata, lavorando via web per la sua azienda ZennaroTrafo e senza presenziare alle udienze in tribunale per evitare rischi di sequestri. Marco Zennaro da metà giugno aspetta una sentenza che ponga fine alla sua lenta agonia pagata a caro prezzo con una detenzione disumana e la paura costante di un nuovo arresto.
Le accuse a Marco Zennaro e il processo farsa
L’accusa di frode per aver consegnato del materiale elettrico difettoso è mossa da Abdallah Esa Yousif Ahamed, zio del generale Mohamed Hamdan Dagalo, che a fine ottobre aveva partecipato al golpe militare e alla caduta del governo di transizione. Dopo il ritorno dei miliziani al potere il processo ha subito un arresto forzato, mettendo a rischio la persona fisica di Marco.
L’accusatore infatti ha fatto pressioni sul padre di Marco, Cristiano Zennaro, per ricevere la cifra richiesta (tra 700 mila e un milione di euro, a seconda delle fonti). Il padre, che dopo il golpe è tornato a Khartum in un albergo, ha ricevuto costanti telefonate minacciose da parte di alcuni miliziani. Mohamed Hamdan Dagalo, detto Hemetti, è accusato dal Tribunale penale internazionale dell’Aja per le atrocità commesse in Darfur durante la guerra civile.
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Il processo all’imprenditore di Venezia: 18 udienze, 18 rinvii
Secondo Cristiano Zennaro l’ennesimo rinvio dell’8 dicembre è una decisione ulteriore di insistere sul pagamento diretto all’accusatore, dimostrando che le vie legali sono lunghe e rischiose. Da giugno all’8 dicembre sono infatti ormai 18 rinvii con motivazioni sempre diverse e mosse imprevedibili, come il cambio dell’avvocato dell’accusa.
L’8 dicembre il legale dell’accusa ha chiesto ed ottenuto dal giudice di dimettersi e richiedere un sostituto, facendo rimandare tutto a oggi, 15 dicembre. Uno slittamento che rischia di spostare al 2022 il possibile rilascio dell’italiano sequestrato.
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La situazione in Sudan: il golpe e il nuovo governo
Il 21 novembre le forze militari hanno riabilitato il primo ministro Abdallah Hamdok, fino a metà novembre agli arresti domiciliari con la moglie. Il premier era stato deposto il 25 ottobre, sequestrato per una settimana e poi rinchiuso nella sua villa in centro alla capitale Khartum in attesa di una decisione del generale capo Abdel Fattah al-Burhan.
Ora i due leader hanno raggiunto un accordo, malgrado le proteste di piazza abbiano chiesto un nuovo premier ed elezioni democratiche. Hamdock ha ricevuto l’incarico direttamente da al-Burhan di formare un nuovo esecutivo, facendo così ripartire un possibile governo di transizione depauperato però delle forze democratiche come i movimenti cittadini.
I sindacati soprattutto hanno dichiarato che questo nuovo governo sarà un tradimentoai lavori condotti con le organizzazioni democratiche dal 2019, anno della caduta del regime militare di Al-Bashir.
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Marco Zennaro, niente notizie dalla Farnesina
Il ministro degli Esteri Luigi Di Maio a metà novembre ha incontrato la famiglia di Zennaro a Padova, insieme al governatore del Veneto, Luca Zaia. L’esponente della Farnesina ha confermato il lavoro costante della diplomazia italiana, spiegando come siano ore decisive, ma senza aggiungere di più.
Zaia ai giornalisti presenti ha parlato di sequestro di persona e di essere promotore lui stesso di colloqui serrati con il ministro.
Dalla Farnesina non escono novità, il ministero non ha mai risposto alle richieste di informazioni inviate da Ossevatorio Diritti. Tutto sembra quindi dipendere dall’udienza del 15 dicembre, definita dal legale veneziano della famiglia, Aldo Silanos, un processo farsa. Per ora Zennaro rimane quindi in ambasciata, senza possibilità di uscire dal paese.