Alla mia piccola Sama: la guerra in Siria raccontata alla figlia
Waad al-Kateab, regista siriana 26enne, dirige Alla mia piccola Sama (For Sama): il racconto autobiografico di una madre a sua figlia per spiegarle 5 anni della sua vita da ribelle ad Aleppo. Il film, candidato all'Oscar 2020 come miglior documentario, arriva al cinema in Italia il 13 febbraio
Come spiegare alla propria bambina quanto possa essere doloroso, ma necessario, restare in Siria sotto i missili, in mezzo alla sofferenza, accettando di mettere a rischio la vita? Waad al-Kateab, regista siriana 26enne, ci prova, insieme a Edward Watts, con il documentario Alla mia piccola Sama (For Sama): il racconto autobiografico di 5 anni da ribelle, ad Aleppo, dal 2012 al 2017.
Premiato ai Bafta (British Academy of Film and Television Arts, ovvero gli Oscar britannici) e candidato agli Academy Award 2020 nella categoria Miglior Documentario, il film arriva nelle sale italiane il 13 febbraio distribuito da Wanted Cinema con il patrocino di Amnesty International Italia.
Alla mia piccola Sama: trailer del film in arrivo al cinema in Italia
La trama: la guerra raccontata da madre a figlia
Sama è nata ad Aleppo, sotto i bombardamenti: è a lei che si rivolge sua madre, la regista Waad al-Kateab, con questo documentario in forma di video-diario. In originale il titolo è ancora più diretto ed evocativo: For Sama. Una lettera cinematografica, la confessione di una madre a sua figlia per provare a spiegarle la guerra, i diritti civili violati, per raccontarle cos’è stata la sua vita in quei cinque anni trascorsi in Siria dall’inizio delle rivolte sino ai momenti più efferati del conflitto.
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Waad inizia la sua storia nel 2012 quando, studentessa alla Aleppo University, decide di scendere in piazza contro il regime di Bashar al-Assad. Inizia da qui la cronaca video delle rivolte in Siria, che si alterna ai momenti più importanti della sua vita, come la storia d’amore con Hamza, giovane medico, che diventerà suo marito e il padre di sua figlia.
Nel frattempo, intorno a loro, gli scontri in piazza, lo scoppio della guerra, i bombardamenti, i feriti, l’assedio della città. Le inquadrature di Waad si allargano, dalla sua vita, cambiata per sempre, a un paese sconvolto dalla guerra. Alla fine Waad e Hamza sono fuggiti: la regista dal 2017 vive e lavora a Londra.
«Ho iniziato a raccontare la mia storia personale senza avere un piano. Non avrei mai immaginato dove mi avrebbe portato il mio viaggio. Ho continuato a vivere la mia vita. Mi sono sposata e ho avuto una figlia. Mi sono ritrovata a cercare di bilanciare diversi ruoli: Waad madre, attivista, giornalista, cittadina e regista. Tutte queste parti di me hanno incarnato e portato avanti la mia storia, che non è così diversa da quella che hanno vissuto la maggior parte dei miei concittadini»
Così Waad al-Kateab descrive l’avventura che è stata la sua vita e il suo film. Non è facile immaginare di rendere storia una guerra nel momento in cui la si sta vivendo: Waad ci prova, immaginando la cronaca bellica come qualcosa da raccontare a sua figlia, come se il futuro della sua bambina fosse quello del loro paese ed entrambi non potessero essere costruiti senza conoscere il suo passato.
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Alla mia piccola Sama (For Sama): un film da Oscar
Dal 2017 Waad al-Kateab collabora come video-reporter per Channel 4: il canale britannico è anche tra i produttori di Alla mia piccola Sama. Il film, che ha già vinto un Bafta e un European Film Award, è nella cinquina dei documentari candidati all’Oscar 2020.
Le immagini di Alla mia piccola Sama sono durissime: documentato il caos, le esplosioni, la morte e la paura di una città e di una nazione. Ma lo sguardo della regista è pur sempre quello di una giovane donna, che non rinuncia a incantarsi di meraviglia quando un neonato dato per morto apre gli occhi inaspettatamente. O quando osserva sua figlia, sorridere, incerta, in mezzo alle macerie.
Ma alla mia piccola Sama è stato anche oggetto di una campagna di critiche. Siti di controinformazione, che giudicano criticamente l’intervento bellico contro Assad, mettono in discussione alcuni dei fatti narrati nel documentario (tra cui l’attacco all’ospedale di Medici senza frontiere) e, di conseguenza, la ricostruzione della guerra fatta dal film. Vedremo se, dopo la cerimonia degli Oscar e dopo il risalto che questa è destinata a dare al film, le polemiche si quieteranno o diventeranno ancora più aspre.
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Storie dalla Siria agli Oscar 2020
Il documentario di Waad al-Kateab non è il solo candidato agli Oscar a parlare di Siria. Tra i cinque nominati c’è anche “The Cave“, del regista siriano Feras Fayyad. Dopo “Last Men in Aleppo”, Fayyad porta all’Academy la storia di una donna, la dottoressa Amani Ballour, pediatra che dirige un ospedale sotterraneo a Ghouta, vicino Damasco.
Il film è il risultato di centinaia di ore di riprese, che documentano il lavoro di Amani, tra il 2011 e il 2018, in mezzo alla guerra, ai feriti e ai pregiudizi.
Alla fine, però, è stato premiato come miglior documentario Made in USA – Una fabbrica in Ohio.