Giornata mondiale contro l’Aids: contagiate 1,5 milioni di persone in un anno

In dodici mesi il numero di persone infettato dall'Hiv è diminuito di 200.000 e quello dei morti da malattie legate all'Aids di 10.000. Ma la malattia continua a colpire, soprattutto nel Sud del mondo. Ecco la situazione in questa Giornata mondiale contro l'Aids del 1° dicembre

Non solo Covid-19. L’Hiv/Aids continua a colpire, soprattutto nel Sud del Mondo. Nel 2020, circa 1.5 milioni di persone sono state infettate dal virus e 680 mila sono morte a causa di malattie legate all’Aids. Le zone più colpite si trovano in Africa, Asia e America Latina.

A ricordarlo è il rapporto informativo 2021 redatto dall’Unaids, il programma delle Nazioni Unite per l’Hiv/Aids pubblicato annualmente alla vigilia della Giornata mondiale contro l’Aids, che viene celebrata oggi, 1° dicembre.

La Giornata mondiale contro l’Aids del 1° dicembre

Istituita nel 1988, la Giornata mondiale contro l’Aids è stata la prima giornata internazionale dedicata alla salute ad essere stabilita a livello globale. In questa occasione, ogni anno, le agenzie delle Nazioni Unite, i governi e la società civile, si uniscono per condurre campagne di sensibilizzazione su un tema specifico.

E il primo obiettivo è proprio questo: mantenere alta l’attenzione e puntare lo sguardo verso i problemi che riguardano la diffusione del virus, soprattutto nelle parti più povere del mondo, dove l’accesso alle cure è ancora più difficile.

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1 dicembre giornata mondiale della lotta contro l'aids
Foto: Pixabay

Aids, i Paesi del sud del Mondo sono i più colpiti

La zona più colpita è l’Africa orientale e meridionale: 20.6 milioni di casi dall’inizio dell’epidemia nel 1982, con 670 mila colpiti da Hiv nel 2020 e 310 mila morti a causa di malattie legate all’Aids nell’ultimo anno.

A questi vanno aggiunti i dati dell’Africa occidentale e centrale, con 4,7 milioni di contagiati, 200 mila nuovi casi e 150 mila decessi negli ultimi dodici mesi.

Al secondo posto troviamo l’area dell’Asia Pacifico con 5,8 milioni di sieropositivi. Nel 2020 ci sono stati 240 mila contagi e 130 mila morti.

In America Latina i casi totali sono 2,1 milioni. Nell’ultimo anno 100 mila nuovi contagi e 31 mila persone morte.

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Lotta all’Aids: meno casi, ma non si può abbassare la guardia

Le nuove infezioni da Hiv nel 2020 sono state ridotte del 52% dal picco del 1997 e del 31% dal 2010. I decessi correlati all’Aids sono stati ridotti del 64% dal 2004 e del 47% dal 2010. Ma nonostante i numeri diminuiscano di anno in anno, non si può abbassare la guardia.

Secondo i dati che vengono forniti da Unaids, anche l’accesso alle cure migliora: 27,5 milioni di persone hanno potuto usufruire delle terapie antiretrovirali nel 2020. Nel 2010 erano state solo 7,8 milioni.

Lo scorso anno, il 74% degli adulti sieropositivi di età pari o superiore a 15 anni ha avuto accesso ai trattamenti, così come il 54% dei bambini tra 0 e 14 anni. Anche l’85% delle donne incinte che convivono con l’Hiv hanno potuto utilizzare i farmaci per prevenire la trasmissione al proprio figlio.

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1 dicembre giornata mondiale contro l'aids
Foto: Unaids

Più di 36 milioni di persone morte dall’inizio dell’epidemia

Dall’inizio dell’epidemia nel 1982, 79,3 milioni di persone nel mondo sono state infettate dall’Hiv e 36,3 milioni sono morte a causa di malattie legate all’Aids. È bene ricordare che le persone che contraggono il virus dell’Hiv, ovvero che sono sieropositive, non sono malate di Aids, anche se sono destinate a diventarlo in assenza di cure adeguate.

Se si assumono farmaci antiretrovirali, infatti, un soggetto sieropositivo può avere una speranza di vita «normale» indefinita, pur rimanendo sempre un portatore del virus. Se invece il livello dell’infezione supera una determinata soglia, la persona diventa malata di Aids e in questo caso il sistema immunitario non è più in grado di difendere l’organismo dalle malattie.

Il ruolo fondamentale della prevenzione contro l’Aids

«È importantissimo non sottovalutare la malattia e il contagio», spiega a Osservatorio Diritti Saowanee Klinphaka, 48 anni, responsabile dell’ufficio dedito alla prevenzione e informazione del Cammillian Social Center di Rayong, il primo centro di accoglienza in Thailandia per i malati di Hiv/Aids aperto nel 1996 dal missionario italiano Giovanni Contarin.

«Il nostro lavoro è iniziato con le persone a maggior rischio, ovvero con le ragazze che lavorano nell’ambito del sesso a pagamento. Qui circa l’80% del rischio del contagio è dovuta proprio ai rapporti sessuali non protetti. Le abbiamo dunque incoraggiate alla propria difesa, mediante l’uso delle protezioni», continua la responsabile del centro.

«La nostra attività si è poi estesa e rivolta a nuovi target di persone: dalle scuole, alle fabbriche, fino alle più varie e piccole comunità, che spesso non hanno modo di ricevere nessuna informazione dal mondo esterno».

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giornata mondiale contro l'aids 2021
Foto: Unaids

Giornata mondiale contro l’Aids 2021: l’appello dell’Unaids

Fine delle disuguaglianze. Fine dell’Aids. Fine delle pandemie” è il tema scelto quest’anno dall’Unaids, a sottolineare l’urgente necessità di porre fine alla disuguaglianza che causa la malattia e altre pandemie in tutto il mondo.

«Senza un’azione coraggiosa», spiega il programma delle Nazioni Unite, «il mondo rischia di non raggiungere gli obiettivi per porre fine all’Aids entro il 2030, così come una prolungata pandemia di Covid-19 e una spirale di crisi sociale ed economica».

«Rischiamo di non riuscire a porre fine a questo virus non a causa della mancanza di conoscenze o strumenti per sconfiggere l’Aids, ma a causa di disuguaglianze strutturali che ostacolano soluzioni comprovate per la prevenzione e il trattamento dell’Hiv».

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