Ecuador: 305 morti nelle stragi in carcere nei primi 11 mesi del 2021

Quattro massacri, per un totale di 305 morti: è quanto sta accadendo nelle carceri dell'Ecuador. Dove la violenza è ormai fuori controllo, soprattutto per scontri tra bande di narcotrafficanti. Nel carcere di Guayaquil si sono avute le stagi più efferate

Già più di 300 persone sono state uccise in carcere in Ecuador nel 2021 in quattro massacri che hanno sconvolto il paese: 23 febbraio, 22 luglio, 28 settembre e 13 novembre. Una carneficina che sembra inarrestabile e che fa capo alla nuova geografia del potere delle bande criminali ecuadoregne che rispondono ai grossi cartelli della droga del Messico.

Tra le vittime di questi scontri anche Victor Guaillas Gutama, contadino del Guayas, difensore della terra e dell’acqua, incarcerato ingiustamente e in attesa di giudizio nel carcere di Guyaquil.

Ecuador, nel carcere di Guayaquil si continua a morire

La mattina di sabato 13 novembre nel carcere del Litorale, a Guayaquil, seconda città più importante dell’Ecuador dopo la capitale Quito, si è registrato il quarto massacro di questo terrificante 2021. Secondo fonti governative sono stati 68 i morti e 25 i feriti: un vero e proprio bollettino di guerra.

E di guerra si tratta. Uno scontro scoppiato nel padiglione numero 2, dove ci si contende il controllo di un mercato carcerario molto lucrativo e della distribuzione della droga.

Guillermo Lasso, neoeletto presidente ecuadoregno, aveva già dichiarato lo stato d’emergenza a seguito di quanto successo il 28 settembre scorso nello stesso carcere: uno scontro tra bande che aveva fatto 118 morti e 79 feriti.

Il governo dell’Ecuador sembra non avere però gli strumenti per frenare la violenza, promossa dai cartelli messicani di Sinaloa e Jalisco Nueva Generación che hanno bisogno di alleati sul territorio per controllare la rotta portuale di Guayquil verso gli Usa e l’Europa. In questo senso Lasso chiede a gran  voce da settimane nuovi poteri speciali alla Corte Costituzionale per poter usare l’esercito e militarizzare le carceri.

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Trai i morti in carcere c’è un difensore della natura

Le vittime di questi efferati massacri non sono però solo persone appartenenti alle varie fazioni criminali in lotta, come le bande dei Choneros (vincolati al Cartello di Sinaloa) e i Tiguerones, i Lobos e i Lagartos (legati al cartello Jalisco Nueva Generación), ma anche persone comuni: alle volte detenute in modo arbitrario e ancora in attesa di giudizio.

Un caso emblematico è quello di Victor Guaillas Gutama, 50 anni, difensore della natura, incarcerato per i fatti di Molleturo (provincia di Cuenca) nel 2019 e che si trovava ancora in attesa di giudizio nella carcere del Litorale. Victor è tra i morti del 13 novembre e la sua famiglia non si dà pace.

Dopo la notizia della sua morte sono state innumerevoli le proteste e le richieste di verità su quanto sta succedendo nelle carceri del Paese andino. Nel pomeriggio del 18 novembre, a Quito, davanti al palazzo presidenziale di Carondelet, c’è stata una concentrazione per chiedere giustizia e riparazione per l’assassinio di Victor, incarcerato con l’accusa di sabotaggio mentre difendeva la Madre Terra.

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Manifestazione per chiedere giustizia per Victor Guaillas Gutama. Quito, Ecuador, 18 novembre 2021- Foto: Francesco Martone

Ecuador, città di Guayaquil: soprusi nel carcere del Litorale

La lettera scritta dalla figlia di Victor, Letizia Guaillas, 27 anni, ci parla non solo del dolore che vivono ora i suoi cari, ma di una situazione di completo abbandono nella quale le istituzioni ecuadoregne lasciano i carcerati e le loro famiglie. Scrive Letizia:

«In più di due anni abbiamo visto mio padre solo una volta… Il primo e unico incontro è stato con mia madre (Adriana Sarmiento), quattro mesi dopo l’arresto… Lo ha trovato triste e il suo corpo era totalmente segnato dalle botte e dalle torture. Lo hanno frustato per fare in modo che ci chiedesse di dare soldi in cambio della sua integrità fisica… una volta lo hanno schiacciato sul pavimento e gli hanno tirato la lingua per estorcegli denaro…».

Si parla dunque di continue vessazioni e violenze all’interno del carcere, in alcuni casi con la connivenza del personale penitenziario.

Letizia spiega che dopo quelle violenze «abbiamo pagato 300 dollari. Poi è arrivata la pandemia, le visite sono state interrotte e non hanno permesso a mia madre di entrare, anche con il test Covid-19 negativo».

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Guillermo Lasso, presidente dell’Ecuador – Foto: Casa de América (via Flickr)

Strage in carcere: alla radice dei massacri

Più di 50 omicidi nel 2019, 103 nel 2020 e 305 le persone assassinate nelle carceri ecuadoregne in questi 11 mesi del 2021.

Dopo i cinque giorni dell’operazione reconquista (riconquista) lanciata dalla polizia e dall’esercito il 28 settembre scorso per riprendere il controllo della carcere del Litorale, Lasso aveva dichiarato venerdì 1° ottobre lo stato d’emergenza nel Paese: misura estrema della durata di 60 giorni che mirava a salvaguardare l’integrità fisica dei detenuti.

Come dimostrato però dai fatti del 13 novembre, la autorità non hanno il controllo delle strutture penitenziarie che rispondono a dinamiche criminali che si appoggiano alla corruzione e complicità di parte del personale delle strutture.

La popolazione carceraria in Ecuador si attesta intorno alle 40 000 persone, di cui 8.542 si trovano nel carcere diventato lo scenario di questi bagno di sangue. I problemi del settore penitenziario in Ecuador vengono da lontano e vanno da un tasso di sovraffollamento nazionale del 55% (il 62 % nella carcere del Litorale), alla sproporzione del rapporto tra guardie carcerarie e detenuti (Primicia.ec parla di 1 guardia ogni 27 detenuti).

Il dovere di garantire l’integraità dei detenuti

La garanzia dell’integrità psicofisica dei carcerati e dei loro diritti è prevista sia dai trattati e protocolli internazionali (si vedano le Regole di base per il trattamento dei detenuti adottate dal Primo Congresso delle Nazioni Unite sulla prevenzione del crimine e il trattamento dei delinquenti, tenutosi a Ginevra nel 1955), sia dalla Costituzione di Montecristi del 2008, la Costituzione dell’Ecuador (leggi anche Personale penitenziario: ecco chi deve garantire i diritti umani in carcere).

La Costituzione del paese Sudamericano contempla infatti, all’art. 35, che le persone private della libertà sono un gruppo in condizione di vulnerabilità che richiede un’attenzione prioritaria sia nella sfera pubblica sia in quella privata. E, di conseguenza, sono riconosciuti specifici diritti a chi si trova in carcere, ai sensi dell’articolo 51 di detta norma.

Inoltre, per far sì che i diritti costituzionali a favore della popolazione in una situazione di privazione della libertà diventassero effettivi, nel 2014 entrò in vigore il Codice organico integrale penale, nel quale vennero regolarizzate in modo concreto le azioni dell’amministrazione penitenziaria, con l’obiettivo di garantire il rispetto dei diritti e della dignità di questo gruppo vulnerabile.

Cartina dell’Ecuador (capitale Quito)

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