Bielorussia: l’ultima dittatura d’Europa contestata in mezzo mondo

Mentre Aleksander Lukashenko blinda la Bielorussia con una repressione totale, nel mondo la protesta si diffonde per le piazze per chiedere libertà e rispetto dei diritti umani

«Vedere le piazze mondiali riempirsi dei colori bielorussi ci riempie il cuore, non si può più ignorare la nostra tragedia», racconta a Osservatorio Diritti Ekaterina Ziuziuk, portavoce dei bielorussi in Italia.

Decine di piazze nel mondo hanno ospitato infatti negli ultimi giorni la manifestazione globale per la libertà in Bielorussia, organizzata il 29 maggio dal governo in esilio della leader Svetlana Tsikhanouskaya. La richiesta è anche quella di rilasciare immediatamente i 451 prigionieri politici che da luglio 2020 sono detenuti nelle carceri del paese.

In Italia sono state cinque le città che hanno risposto alla chiamata: Padova, Milano, Bologna, Palermo e Roma. L’obiettivo è stato quello di tenere alta l’attenzione sull’escalation di violenza e repressione messa in atto dal governo di Alexander Lukashenko.

«Da un anno il nostro popolo combatte con azioni gentili e resistenti contro una dittatura. Chiediamo libertà per la nostra patria», dichiara ancora la portavoce di Supolka, l’associazione di cittadini bielorussi in italia.

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Aleksander Lukashenko, presidente della Bielorussia dal 1994 – Foto: © Tut.by

Proteste contro la Bierlorussia di Lukashenko e repressione: la storia di Ekaterina Ziuziuk

Ekaterina Ziuziuk vive in Italia da oltre vent’anni, abita in una città del nord Italia e dalle contestate elezioni di luglio 2020 lavora incessantemente per denunciare nel mondo la politica repressiva di Lukashenko. Fa parte, insieme ad altri connazionali presenti in Italia, dell’associazione Supolka (“diaspora”, in bielorusso) e sabato 29 maggio era a Milano come portavoce e attivista.

Ekaterina a inizio maggio è stata minacciata tramite social dal governo bielorusso. «Ho avvisato subito i carabinieri, non ho paura per me ma mi preoccupo per i miei cari che in Bielorussia non hanno niente a che fare né con il mio attivismo né con le proteste», ha raccontato a Osservatorio Diritti Ekaterina.

In alcuni canali Telegram delle testate filogovernative, Zheltye Slivy e Provocatory2020, infatti, sono stati pubblicati i dati personali dei genitori e del fratello della Ziuziuk.

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Manifestazione a Milano per la libertà in Bielorussia – Foto: © Marina Villa

Come si vive in Bielorussia oggi: giornalisti arrestati

Il 18 maggio l’intera redazione della rivista indipendente Tut.by, che ha sempre raccontato le violenze del regime di Lukashenko, è stata arrestata e accusata di evasione fiscale. I server della testata sono ancora sotto sequestro e undici dipendenti più altre quattro persone legate a Tut.by sono in carcere in attesa di processo.

La caporedattrice Marina Zolotova, di cui Osservatorio Diritti ha raccontato alcune settimane fa la storia (leggi Bielorussia: la dittatura silenzia le proteste con arresti indiscriminati), è stata arrestata in casa sua alle 7 del mattino e per diverse ore non ha dato notizie ai suoi familiari.

Ora è detenuta in attesa di processo e rischia una condanna a sette anni di carcere, mentre il sito internet è chiuso.

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Marina Zolotova, caporedattrice di Tut.by – Foto: © Tut.by

Prigioniero politico morto in carcere: sospetti di torture

Pochi giorni dopo questi arresti Vitold Ashurak, attivista in carcere con una condanna a 5 anni per manifestazione non autorizzata, è morto di una morte sospetta. La causa ufficiale data alla vedova è stata arresto cardiaco, ma ci sono sospetti che le cose possano essere andate diversamente.

Il corpo, restituito dopo 5 giorni dalla morte, aveva la testa fasciata e, malgrado la famiglia avesse deciso di non effettuare autopsie, i media indipendenti riportano le testimonianze di alcuni amici di famiglia che hanno trovato sul corpo i segni evidenti di torture. Ashurak è il primo prigioniero politico morto in carcere da agosto 2020.

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Suicidi nell’ultima dittatura d’Europa

Stepan Latypov, arrestato a settembre 2020 per aver manifestazioni contro il regime, scrive il sito d’informazione Voice of Belarus, ha tentato il suicidio nell’aula di tribunale durante la sua causa il 1° giugno. Dopo essersi infilato una penna in gola è stato soccorso dalle guardie, senza però essere ospedalizzato ed è stato quindi riportato in carcere. Le sue condizioni attuali non sono pubbliche.

A 17 anni Dzimitry Stakousky ha deciso di togliersi la vita dopo essere stato accusato di terrorismo. Aveva partecipato alle manifestazioni a Minsk ed era accusato dal codice penale di atto terroristico contro il paese. In una nota trovata vicino al corpo, il ragazzo ha scritto:

«Il Comitato investigativo bielorusso è colpevole del mio gesto, se fossi libero non mi ammazzerei».

Aereo dirottato per arrestare chi protesta contro la dittatura

Il suo suicidio segue di pochi giorni l’arresto dopo il dirottamento aereo del blogger Roman Pratasevich e la sua compagna Safia Sapega, accusati anche loro di terrorismo e attualmente in carcere in attesa di processo.

Con un’azione militare, il governo bielorusso ha costretto l’aereo Ryanair su cui viaggiavano i due ad atterrare. La mossa è stata condannata dall’Unione europea che ha confermato la volontà, insieme agli Stati Uniti, di stringere ancora di più intorno a sanzioni mirate contro Lukashenko.

Lukashenko dal 4 giugno deve anche reagire al divieto assoluto di far transitare, decollare e atterrare gli aerei delle compagnie bielorusse nell’intero territorio europeo. Una restrizione che colpisce sia gli aerei civili sia quelli commerciali, un problema concreto per le oltre 50 aziende italiane che attualmente hanno rapporti commerciali con il paese.

La Russia di Putin e la Turchia di Erdogan appoggiano Lukashenko

Aleksander Lukashenko ha reagito alle restrizioni economiche mondiali chiedendo direttamente soldi al presidente russo Vladimir Putin. In un incontro a Sochi il 28 maggio, il dittatore ha ottenuto che la Russia dia un sostentamento economico a fondo perduto per tutta la durata delle sanzioni europee e americane.

Anche il presidente della Turchia, Recep Tayyip Erdoğan, ha deciso di sostenere la politica repressiva del governo bielorusso al tavolo della Nato.

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