Pedofilia: le armi spuntate della Chiesa

Il pasticcio delle indagini sui casi di pedofilia in Cile. I vescovi che offrono le dimissioni a papa Francesco. L'accelerazione sulla fase "repressiva" nella Chiesa. Ma tutto questo non basta: il problema risale alla formazione dei sacerdoti e occuparsi di prevenzione significa anche ripensare la disciplina del celibato

Un paio di settimane fa, dopo le critiche del pontefice sulle modalità con cui erano state condotte le indagini su casi di pedofilia, pare con eccessi di benevolenza verso i colpevoli, i vescovi cileni avevano offerto le proprie dimissioni a Francesco: «In comunione con lui vogliamo ristabilire la giustizia, riparare al danno causato per dare nuovo impulso alla missione profetica della Chiesa in Cile».

Un gesto importante, ma il problema è più profondo, risale alle origini della formazione dei sacerdoti, soprattutto ai criteri di ammissione nei seminari, che, per quanto avevo registrato nella mia esperienza diretta, sono perlomeno disinvolti. L’alternativa, ossia una selezione seria, implicherebbe più o meno la chiusura dei seminari stessi per mancanza di materia prima.

Oggi, grazie alla tenacia di questo Papa, si sta accelerando sulla fase “repressiva”, ma sull’altro fronte, quello preventivo, non accade, né potrebbe accadere, alcunché, perché una scelta del genere nel volgere di pochi anni azzererebbe il numero dei consacrati.

L’unica risposta sensata è sostituire integralmente la disciplina sul celibato, oramai ridotto ad una finzione, discretamente grottesca. La caduta del vincolo celibatario amplierebbe enormemente la platea degli eleggibili, permettendo ai selezionatori di agire con maggiore rigore, senza più l’angoscia di contribuire allo svuotamento dei seminari, a causa di bocciature multiple.

Tutto il resto è solo un palliativo, che si risolverà in una corsa a inseguimento senza fine, minando alla radice l’esistenza stessa della religione cattolica.

Del resto, non c’è nulla di eterno. Nemmeno le cose eterne.

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