Conseguenze crisi climatica: imputare i danni alle aziende ora è possibile

Un nuovo studio dimostra come calcolare e imputare alle aziende del settore fossile i danni climatici. Complessivamente, inoltre, questa analisi della crisi climatica stima che per le sole ondate di calore queste imprese abbiano causato 28 mila miliardi di dollari di perdite all’economia mondiale negli ultimi 30 anni

di Carlo Resta

Il 2024 è stato l’anno più caldo da quando abbiamo cominciato a misurare la temperatura in maniera sistematica, cioè dal 1850, e il primo la cui temperatura media ha superato di 1,5°C quella del periodo pre-industriale (la soglia fissata dagli accordi di Parigi sul clima).

Accanto alla temperatura, anche la frequenza e l’intensità di eventi estremi come ondate di calore, siccità e inondazioni sono aumentate.

Nonostante sia da tempo appurato che siano gas serra e combustibili fossili a causare il riscaldamento globale, le aziende del settore hanno quasi sempre evitato di pagare il prezzo delle proprie emissioni.

Ora qualcosa potrebbe cambiare, visto che esiste uno strumento di pressione in più. Un articolo pubblicato sull’autorevole rivista Nature, infatti, propone una procedura per provare in tribunale i danni causati dalle aziende per il loro contributo alla crisi climatica.

Un problema di prove

Nonostante un crescente numero di tentativi (con sorti alterne), costruire un caso legale sui danni causati dal contributo delle aziende al cambiamento climatico non è facile. La difficoltà principale è rappresentata dalla necessità di stabilire una catena di prove che porti dalle emissioni dell’azienda (relativamente facili da quantificare e dimostrare) agli specifici danni che queste hanno causato — passando attraverso gli effetti sul clima.

Questa attribuzione di responsabilità “dall’inizio alla fine” deve inoltre avere un alto grado di certezza, dovendo in sostanza stabilire che, senza le emissioni dell’azienda accusata, i danni non ci sarebbero stati.

Doverlo fare in un ambito di grande scala come quello del cambiamento climatico non aiuta, perché le inevitabili incertezze associate a emissioni, effetti climatici e impatti economici finiscono per combinarsi.

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Effetti della siccità sul raccolto di mais in Iowa – Foto: Dave Kosling – Via Flickr (U.S. Department of Agriculture)

Conseguenze crisi climatica: come imputare i danni alle aziende

Proprio questa difficoltà nel provare la causa di specifici danni è stata sfruttata in passato come uno scudo legale da parte delle aziende del settore fossile, in modo da evitare di pagare i giusti risarcimenti. Callahan e Mankin, autori dello studio su Nature, suggeriscono però che questa scusa possa aver esaurito il suo corso.

L’articolo propone infatti un sistema trasparente e riproducibile per costruire la necessaria catena di prove “dall’inizio alla fine”, combinando due strumenti già ampiamente supportati dalla letteratura e dal consenso scientifici: un metodo di attribuzione per calcolare quali effetti abbiano avuto sul clima le emissioni di una certa azienda e funzioni dose-risposta per quantificare i danni economici dovuti a quegli effetti climatici.

Come starebbe l’ambiente senza le aziende

Il metodo di attribuzione usato nell’articolo si basa su modelli semplici, ma accurati, del clima terrestre. Usando i dati sulle emissioni di anidride carbonica e metano (i principali gas serra), sono in grado di stimare l’andamento della temperatura media della superficie terrestre. Altri algoritmi si occupano poi di scalare questa temperatura a seconda del luogo, per poterne osservare la variazione non più in termini di media mondiale, ma nelle singole regioni del globo.

Grazie al database Carbon Majors, che raccoglie dati storici sulle emissioni delle principali aziende del settore fossile (e non solo), i ricercatori hanno costruito innanzitutto un modello del clima terrestre considerando il contributo delle 111 più grandi aziende del settore fossile. Questo modello è la Terra com’è veramente: serve da metro di paragone e può essere tarato considerando le temperature realmente misurate negli anni.

I ricercatori hanno poi costruito un modello di “Terra alternativa” per ciascuna azienda, senza l’anidride carbonica e il metano che ha emesso negli anni. Quasi come se l’azienda non fosse esistita. La differenza tra le temperature risultanti da questo modello e da quello di confronto è proprio l’effetto attribuibile ad essa.

Conseguenze crisi climatica: i danni da ondate di calore

Nel valutare gli effetti climatici, Callahan e Mankin si sono concentrati sulle ondate di calore, calcolando per ogni regione del mondo quanto le aziende abbiano contribuito a innalzare la temperatura dei giorni più caldi dell’anno.

Hanno poi usato funzioni econometriche di dose-risposta (che quantificano l’effetto su un sistema economico di una certa “dose” di pericolo, in questo caso proprio le ondate di calore) per calcolare i danni in termini di mancata crescita del Prodotto interno lordo (Pil) dei vari Stati.

Parlando dei soli effetti delle ondate di calore negli anni dal 1991 al 2020, la conclusione è questa:

«L’economia mondiale sarebbe più ricca di 28 mila miliardi di dollari, se non fosse per il riscaldamento estremo causato dalle emissioni delle 111 aziende del settore fossile considerate nello studio».

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Rifugiati in coda per l’acqua nel campo di Jamam, Sud Sudan – Foto: DFID – UK Department for International Development (via Flickr)

Crisi climatica, chi paga e chi guadagna

Stimando i danni a livello regionale, lo studio ha anche evidenziato la forte iniquità nelle cause e conseguenze del riscaldamento globale. Non tutte le regioni del mondo reagiscono allo stesso modo all’aumento delle ondate di calore e il fattore determinante è la temperatura media, molto spesso collegata alla latitudine.

Africa, Sud America e il Sud-est asiatico subiscono le maggiori perdite economiche all’aumentare del rischio di ondate di calore, mentre le regioni dove hanno base le maggiori aziende del settore fossile e dove fluiscono la maggior parte dei guadagni (Europa e Nord America) soffrono molto meno.

I danni valutati dall’articolo sono poi solo una piccola parte di quelli causati dalle aziende con le loro emissioni. Siccità, inondazioni, perdita dei raccolti, incendi stagionali, una maggiore mortalità per caldo e malnutrizione… la lista è lunga e terribile.

I paesi più colpiti sono in molti casi caratterizzati da economie e stati sociali meno resilienti e un numero crescente di persone è costretto a lasciare le proprie case per poter sopravvivere. La Federazione internazionale di Croce Rossa ha contato un totale di 30 milioni di persone costrette a spostarsi a causa del clima nel 2020, che secondo le stime potrebbero arrivare a più di 140 milioni nel 2050.

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“Exxon sapeva del cambiamento climatico dal 1981. Ma lo ha comunque negato”. Foto: Johnny Silvercloud (via Wikimedia Commons)

Un nuovo strumento per calcolare le conseguenze della crisi climatica

Considerando solo le cinque aziende più inquinanti del settore fossile (Saudi Aramco, Gazprom, Chevron, ExxonMobil e BP) sono responsabili per quasi un terzo delle enormi perdite stimate dal lavoro: 9 mila miliardi di dollari.

Un modo affidabile per provare la catena delle loro responsabilità potrà aiutare a ottenere più giustizia e a fare pressione per allontanare il mondo dalle fonti fossili, ma gli autori sono cauti. Queste stesse aziende, infatti, hanno già dimostrato di poter schivare anche le colpe più palesi, come il fatto di aver predetto internamente gli effetti delle emissioni già negli anni Settanta, mettendo però in atto una sistematica campagna diffamatoria per minare la credibilità della scienza climatica.

Allo stesso tempo, il metodo proposto dall’articolo è flessibile e sarebbe facilmente adattabile per sostenere altri tipi di azioni legali, come quelle basate sul diritto internazionale dei diritti umani. Stimando le conseguenze della negligenza degli Stati come protettori delle proprie cittadine e cittadini, o quelle del loro dolo per non aver rispettato gli accordi internazionali sul clima, sarebbe possibile spingere per politiche più efficaci quantificando i danni subiti.

La conclusione di Callahan e Mankin è che il futuro dipenderà soprattutto dai risultati delle prossime cause legali.

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