Diritti umani nel mondo: il nuovo rapporto di Amnesty International

Pratiche autoritarie, repressione del dissenso, escalation dei conflitti armati, azioni inadeguate per fronteggiare la crisi climatica, passi indietro sui diritti di migranti, donne, persone Lgbt. Ecco cosa emerge dal Rapporto 2024-2025 sui diritti umani nel mondo di Amnesty International

Gli spari contro gli studenti che protestano in Bangladesh. La guerra a Gaza e in Sudan. Gli attacchi razzisti contro i rohingya in Myanmar. La catastrofe della Cop29 sul clima. Le ulteriori limitazioni introdotte in Afghanistan contro le donne. La criminalizzazione delle relazioni omosessuali in Malawi, Mali e Uganda. La repressione della cosiddetta “propaganda Lgbt” in Bulgaria, Russia e Georgia. L’approvazione in Italia del decreto sicurezza.

È solo una parte di ciò che viene documentato da Amnesty International nel Rapporto 2024-2025 dal quale emergono l’insinuarsi di pratiche autoritarie, la repressione del dissenso in tutto il mondo, l’escalation dei conflitti armati, le azioni inadeguate per contrastare la crisi climatica e la regressione nella tutela dei diritti umani, in particolare di donne, persone Lgbt e migranti.

E poi c’è quello che Amnesty definisce l’effetto Trump: le azioni adottate nei primi due mesi di amministrazione dal presidente Donald Trump negli Stati Uniti, che hanno intensificato le tendenze distruttive già in atto.

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Protesta a Londra contro l’inazione del governo nel contrasto alla crisi climatica – Foto: Alisdare Hickson (via Flickr)

Diritti umani violati: il commento di Agnès Callamard

«Cento giorni dopo l’inizio del suo secondo mandato, il presidente Trump ha mostrato solo profondo disprezzo per i diritti umani universali. Il suo governo ha frettolosamente e deliberatamente preso di mira istituzioni statali e internazionali fondamentali e iniziative sorte per rendere il mondo più sicuro e più equo. Il suo assalto a tutto campo all’essenza stessa dei concetti di multilateralismo, asilo, giustizia razziale e di genere, salute globale e azioni sul clima per salvare vite umane, sta aggravando i danni già arrecati a quei principi e a quelle istituzioni e sta ulteriormente incoraggiando leader e movimenti contrari ai diritti umani a unirsi in quell’assalto», ha detto Agnès Callamard, segretaria generale di Amnesty International.

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La segretaria generale di Amnesty International, Agnès Callamard – Foto: © Amnesty International

Diritti umani nel mondo: dissenso, media e uso della forza

Amnesty International nel Rapporto 2024-2025 documenta tre tipi di pratiche autoritarie. La prima è la normalizzazione di misure adottate per contrastare il terrorismo sempre più utilizzate anche contro gli attivisti climatici o i difensori dei diritti umani.

«È vero che possono praticare la disobbedienza civile, possono essere fastidiosi, e fare cose che non ci piacciono, come imbrattare opere d’arte con la vernice. La risposta a queste azioni però deve essere proporzionata, ma ciò a cui assistiamo invece è assolutamente sproporzionato, fatto non per reagire a un’azione, ma per silenziare e assicurarsi che quell’organizzazione non sia più in grado di funzionare», dice Callamard.

Poi ci sono gli attacchi alla voce dei media e delle persone. In diversi Paesi sono state adottate restrizioni alla libertà di espressione, di associazione e di riunione pacifica, in altri sono stati messi al bando organi di informazione considerati critici, smantellati ong e partiti politici, arrestato con accuse infondate chi critica i governi, criminalizzati i difensori dei diritti umani.

E infine c’è l’uso della forza contro chi protesta, come è accaduto in Mozambico, dove le forze di sicurezza hanno risposto in maniera violenta alle proteste contro un contestato risultato elettorale, uccidendo almeno 227 persone, o in Turchia, dove sono stati imposti divieti generali di protesta e si usa la forza contro le manifestazioni pacifiche.

Ma ci sono esempi in tutti i continenti, come ha precisato Callamard, anche in Europa e negli Stati Uniti.

Diritti umani violati oggi nel mondo: Gaza, Sudan, Myanmar, Ucraina

Nel Rapporto sono documentati l’intensificarsi e il moltiplicarsi dei conflitti armati nell’ultimo anno. Il genocidio di Israele contro la popolazione palestinese della Striscia di Gaza, il sistema di apartheid e l’occupazione illegale in Cisgiordania sono diventati più violenti, ma lo è diventata anche la guerra in Ucraina, dove nel 2024 la Russia ha ucciso più civili che nel 2023 e ha continuato ad attaccare infrastrutture civili.

In Sudan, dove è in corso da due anni una guerra civile che ha provocato 11 milioni di sfollati interni, la violenza sessuale contro donne e bambine è sempre più usata come arma di guerra.

In Myanmar i rohyngia continuano a subire attacchi razzisti e molti di loro hanno dovuto lasciare le loro abitazioni nello Stato del Rakhine.

I tagli agli aiuti internazionali decisi da Trump (con la chiusura di Usaid, l’Agenzia degli Usa per lo sviluppo internazionale) hanno portato alla chiusura degli ospedali e dei programmi di sostegno dei rifugiati in Thailandia, allo stop dei programmi contro la malnutrizione infantile e dei centri per le donne sopravvissute alla violenza di genere nello Yemen.

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Conferenza stampa a Bruxelles – Foto: © Amnesty International

Giovani generazioni a rischio

Il documento si occupa anche del fallimento delle azioni per contrastare la crisi climatica, di quelle per invertire la disuguaglianza e per porre un freno alle aziende tecnologiche.

La Cop29 che si è tenuta in Azerbaijan nel 2024 ha segnato la vittoria delle aziende fossili, presenti in numero molto alto a Baku. A inizio 2025 poi Trump ha deciso di abbandonare gli Accordi di Parigi sul clima, una scelta che potrebbe incoraggiare altri a seguirlo.

In Afghanistan sono state introdotte limitazioni ancora più severe contro le donne, mentre in Iran le autorità hanno intensificato la repressione contro ragazze e donne che protestano contro l’obbligo di indossare il velo.

In Mali, Malawi e Uganda sono state introdotte norme per criminalizzare o rafforzare i divieti sulle relazioni tra persone dello stesso sesso. In Ungheria Viktor Orbàn ha vietato il Pride e stabilito che il genere stabilito alla nascita non è modificabile.

Negli Stati Uniti Trump ha smantellato le iniziative per contrastare la discriminazione, attaccato i diritti delle persone transgender e interrotto i finanziamenti ai programmi sanitari ed educativi a sostegno delle donne e delle ragazze nel mondo.

Le imprese tecnologiche da tempo facilitano le pratiche discriminatorie e autoritarie, scrive ancora l’organizzazione per i diritti umani, e con le azioni dell’amministrazione Trump questa tendenza si sta intensificando: ne è un esempio l’addio di Meta ai programmi di fact checking.

Tortura, migranti, Lgbt: diritti umani violati nel nostro Paese

In Italia Amnesty ha registrato nuovi episodi di tortura da parte degli agenti di polizia penitenziaria nei confronti delle persone detenute, alti livelli di violenza contro le donne e discriminazioni verso persone migranti e Lgbt.

Ma anche l‘uso della forza contro manifestanti, come è accaduto nel febbraio 2024 a Pisa, dove la polizia ha usato i manganelli contro gli studenti che manifestavano in solidarietà con la popolazione di Gaza ferendone 15; gli ostacoli all’esercizio del diritto all’aborto; le disuguaglianze nell’accesso ai servizi sanitari e il mancato rispetto degli standard internazionali nei centri di rimpatrio per migranti.

Diritti umani: il decreto sicurezza e i 50 anni di Amnesty in Italia

A inizio aprile 2025, inoltre, il governo ha approvato il Decreto legge sicurezza che prevede, tra le altre cose, le bodycam per le forze di polizia, ma non i codici identificativi alfanumerici, la punibilità di chi blocca le strade per protesta, l’introduzione del reato di rivolta in carcere anche per chi resiste in modo passivo.

È questo il contesto in cui l’0rganizzazione nata a Londra celebra i primi 50 anni di attività in Italia. «Mezzo secolo di impegno costante per conquistare diritti attraverso la mobilitazione nelle piazze e poi proteggere queste conquiste, creare consapevolezza sull’importanza della difesa dei diritti umani a partire dai luoghi d’istruzione. In termini più semplici, creare una cultura dei diritti umani che produca cambiamento», ha detto Ileana Bello, direttrice di Amnesty International Italia.

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