Rom e Sinti, l’Italia si conferma il paese dei campi

Dal 2016 al 2024 le persone che vivono in insediamenti monoetnici in Italia si sono più che dimezzate, anche se il loro numero continua a essere importante: oggi sono poco più di 13 mila. A Napoli c'è la maggiore presenza di rom e sinti in emergenza abitativa. Ecco cosa emerge dal report dell'associazione 21 luglio

A fine 2024 sono poco più di 13 mila le persone rom e sinte che vivono in insediamenti formali e informali in Italia, il 17% in meno rispetto all’anno precedente e il 53% rispetto al 2016.

Il calo è costante e rivela che il processo per il superamento dei campi è irreversibile: il numero degli insediamenti formali è passato dai 146 del 2016 ai 106 del 2024. Gli insediamenti informali sono più difficili da mappare, ma quelli di dimensioni medio-grandi sono comunque in numero molto limitato in questo momento.

I dati sono contenuti in Bagliori di speranza, il nuovo rapporto annuale pubblicato dall’associazione 21 luglio (qui il PDF). Dal documento emerge che, nonostante la spinta alla fuoriuscita da parte degli abitanti e le politiche di integrazione adottate da numerose amministrazioni comunali e regionali, l’Italia fatica ancora a distaccarsi dal “sistema dei campi”.

Leggi anche:
Rom e sinti: l’Italia è (ancora) il Paese dei campi 
Caduto dalla finestra durante controllo di polizia: Hasib è in coma e la famiglia chiede verità

rom e sinti oggi
Su gentile concessione dell’associazione 21 luglio – Foto: Veronica Alfonsi

Rom e sinti: più di 6 su 10 sono cittadini italiani

Dei 13.100 rom e sinti presenti in insediamenti monoetnici in Italia, circa 11.100 vivono in aree create e gestite dai Comuni, in gran parte nelle 38 baraccopoli (le più grandi sono a Napoli e Roma) e nelle 64 macroaree presenti in 75 comuni e in 13 regioni.

Tra le persone che vivono nelle baraccopoli oltre la metà ha meno di 18 anni, il 65% ha la cittadinanza italiana.

La loro aspettativa di vita è di almeno 10 anni inferiore rispetto a quella del resto della popolazione italiana.

Gli altri abitano in una microarea, due centri di accoglienza riservati a persone rom (Latina e Napoli) e un edificio di edilizia residenziale pubblica (Gioia Tauro, Calabria).

A queste persone se ne aggiungono altre 2 mila circa di etnia rom che vivono all’interno di insediamenti informali in aree periferiche, isolate, difficili da raggiungere e spesso immerse nella vegetazione urbana per attuare quella che nel rapporto viene definita la strategia dell’invisibilità.

«Come conseguenza, e allo stempo tempo per evitare sgomberi forzati o indotti, le persone scelgono di nascondersi o vivere in microinsediamenti informali che ospitano una o più famiglie», si legge nel rapporto. Un’invisibilità che ne rende difficile il monitoraggio.

Leggi anche:
Disuguaglianza nel mondo: si allarga la forbice tra super ricchi e poveri
Disuguaglianza sociale: il potere a servizio di pochi

rom e sinti chi sono
Foto: associazione 21 luglio

Rom e sinti in Italia: a Napoli il maggior numero in emergenza abitativa

In Italia il numero degli insediamenti monoetnici è in calo rispetto agli anni passati, ma a Napoli e nei comuni limitrofi la situazione è molto diversa. Nel capoluogo campano sono circa 3 mila le persone che vivono in baraccopoli, un numero molto alto rispetto alla media nazionale.

Sono 8 gli insediamenti formali sul territorio metropolitano di Napoli: Secondigliano, via del Riposo a Napoli, Cupa Perillo a Scampia, poi Afragola, Casoria, Caivano e due campi a Giugliano, in Campania. A questi va aggiunto il centro di raccolta organizzato dal Comune all’interno dell’ex istituto scolastico Grazia Deledda.

I principali insediamenti informali sono 3, tutti presenti nel quartiere di Gianturco, a Napoli.

Le problematiche rilevate dall’associazione 21 luglio nei diversi contesti abitativi sono le stesse: mancanza di acqua, elettricità, riscaldamento, servizi, abitazioni costruite con materiali di risulta e non sicure, accumulo di rifiuti, difficoltà nella regolarizzazione dei documenti per le persone che abitano in questi insediamenti.

Leggi anche:
Discriminazione: storia di Ervin, gay e rom in lotta per i diritti delle minoranze
Diritti umani: storia e convenzioni Onu dalla Dichiarazione universale a oggi

rom e sinti in italia
Su gentile concessione dell’associazione 21 luglio – Foto: Agenzia Robin

Rom e sinti: cosa accadrà agli insediamenti entro il 2026

Chiusura dei campi e superamento non significano la stessa cosa: nel primo caso, ci può essere uno sgombero forzato o indotto con abbattimento delle abitazioni e allontanamento delle persone o il tentativo riuscito di convincere le persone a spostarsi in altri luoghi; nel secondo caso, invece, l’amministrazione comunale sul cui territorio si trovano gli insediamenti di persone rom e sinte intraprende un percorso di inclusione, dialogando con loro e cercando di rispondere ai loro bisogni.

L’accesso a un alloggio adeguato è uno degli obiettivi della Strategia nazionale per l’uguaglianza, l’inclusione e la partecipazione di rom e sinti 2021-2030; gli altri sono lotta contro antiziganismo e discriminazione e accesso a istruzione, lavoro e servizi sociosanitari.

Attraverso il progetto Marea (Mappare e realizzare comunità), l’associazione 21 luglio collabora con Comuni e Regioni per il superamento degli insediamenti istituzionali.

Tra quelli che saranno chiusi nei prossimi due anni (con percorsi abitativi alternativi per gli abitanti) ci sono Chiesa Rossa a Milano, via Guerra 36 ad Asti, Cupa Perillo a Napoli, Scordovillo a Lamezia Terme e cinque insediamenti a Roma (Candoni, Castel Romano, Gordiani, Salone, Salviati), per un totale di 2.950 persone.

Lascia una risposta

L'indirizzo email non verrà pubblicato.