
Banche armate: ZeroArmi fa luce sugli istituti di credito italiani
La crescente spesa militare globale e il sostegno dell’Unione europea all’Ucraina hanno evidenziato il crescente ruolo delle banche italiane nel finanziamento dell'industria delle armi. Il progetto ZeroArmi offre un’analisi approfondita del legame tra istituti di credito italiani e industria bellica, valutandone finanziamenti e partecipazioni
L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia nel 2022 ha accelerato la corsa agli armamenti in Europa, così come nel resto del mondo. Secondo i dati del Sipri, Istituto Internazionale di Ricerche sulla Pace con sede a Stoccolma, la spesa militare globale ha raggiunto un record di 2.443 miliardi di dollari nel 2024. Una cifra «otto volte di più di quanto stanziato alla recente Cop 29, a Baku, per contrastare il cambiamento climatico».
Nello specifico, l’Unione europea ha stanziato 124 miliardi di euro a sostegno dell’Ucraina, cifra che ha sollevato interrogativi sulla destinazione delle risorse anche rispetto a investimenti in settori sostenibili.
Anche le banche italiane, storicamente coinvolte nel finanziamento dell’industria bellica, si trovano quindi al centro di un dibattito su etica e trasparenza finanziaria. Ed è proprio su questo legame che si concentra il progetto ZeroArmi, un nuovo strumento di misurazione e valutazione del coinvolgimento degli istituti finanziari nel settore degli armamenti.
«Anche per quanto riguarda l’esportazione di materiale d’armamento l’Italia ha una posizione di tutto rispetto: si trova al 6° posto come paese esportatore di armi nel mondo. Il database aggiornato annualmente del Sipri colloca l’Italia subito dietro la Germania, ma prima del Regno Unito», si legge nel report.
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L’aumento della spesa militare e il ruolo delle banche
Nato dalla collaborazione tra la Rete Italiana Pace e Disarmo e la Fondazione Finanza Etica (che fa capo al Gruppo Banca Etica), ZeroArmi analizza il livello di coinvolgimento delle principali banche italiane tramite indicatori specifici che riguardano finanziamenti diretti, partecipazioni azionarie e supporto all’export militare.
Le banche italiane, infatti, hanno assunto un’importanza sempre più strategica nel sostenere l’industria bellica, sia attraverso finanziamenti diretti sia tramite strumenti di credito e assicurativi.
L’analisi si basa su tre aspetti chiave: il possesso di partecipazioni azionarie in aziende del settore bellico, la concessione di finanziamenti diretti a imprese militari, o a specifici programmi di sviluppo, e il supporto all’export di armamenti tramite servizi finanziari e assicurativi.
«Attraverso 35 incontri individuali e la sottoscrizione di quattro accordi di riservatezza, è stato possibile ottenere una visione più chiara delle operazioni bancarie legate all’industria militare, migliorando la qualità delle valutazioni».
I punteggi assegnati vanno da zero, assenza totale di coinvolgimento, a un massimo di 75 punti, indicativo di un’esposizione elevata senza trasparenza. Le banche con un punteggio compreso tra 0 e 5 mostrano, perciò, un coinvolgimento nullo o minimo, mentre quelle con un punteggio tra 20 e 40 punti hanno un’esposizione moderata. Oltre i 40 punti, invece, il sostegno al settore bellico diventa significativo.
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Banche armate: ZeroArmi fa la lista degli istituti più esposti
L’indagine ha evidenziato differenze significative tra gli istituti bancari italiani analizzati. La valutazione è stata condotta sulle nove principali banche italiane per flusso di cassa nel 2021, con l’inclusione di Banca Etica, Iccrea e Cassa Centrale Banca, considerate per il loro diverso approccio finanziario.
Degli istituti finanziari presi in considerazione, Banca Etica è risultata l’unica priva di qualsiasi coinvolgimento nel settore militare. Mentre «le due banche tradizionali con il maggiore flusso di cassa, Intesa Sanpaolo e Unicredit, si posizionano all’interno della terza fascia (40-60) a conferma del loro storico ruolo di protagoniste strutturali nel settore, con un coinvolgimento significativo».
Altri istituti come Cassa Centrale Banca, Bper e Banco Bpm mostrano livelli di coinvolgimento ridotti, con una valutazione inferiore ai 20 punti, mentre altri come Banca Mediolanum, Crédit Agricole Italia, Mediobanca e Banca Popolare di Sondrio si collocano in una fascia intermedia (dai 20 ai 40 punti).
Il caso Leonardo SpA e il nodo delle armi nucleari
La ricerca ha inoltre portato alla luce una controversia significativa che coinvolge la società italiana Leonardo SpA, attiva nei settori della difesa, della sicurezza e aerospaziale. Secondo la Fondazione Finanza Etica, diverse banche italiane e internazionali, pur avendo adottato policy che escludono il finanziamento di armamenti nucleari, risultano in rapporti finanziari con l’azienda italiana, la quale «sarebbe coinvolta nella produzione di armamenti controversi»vietati dai trattati internazionali.
L’aspetto centrale della questione riguarda la partecipazione di Leonardo SpA nel consorzio Mbda, colosso europeo della difesa di cui detiene il 25% delle quote. Il consorzio, a guida francese, sviluppa per l’esercito transalpino il missile a testata nucleare ASN4G. Inoltre, Leonardo contribuisce alla produzione delle ali degli F-35, caccia in grado di trasportare le bombe nucleari assemblati negli Stati Uniti dalla Lockheed Martin.
Il coinvolgimento di Leonardo SpA in questi progetti solleva interrogativi rilevanti per gli istituti bancari che, sulla carta, hanno escluso dai finanziamenti chi partecipa alla produzione di armi nucleari. Tuttavia, molte di queste banche continuano a erogare credito a Leonardo SpA.
Bisogna inoltre considerare che «fra i paesi importatori delle armi italiane spiccano l’Ucraina (al 2° posto con 417 milioni, paese in guerra) e l’Arabia Saudita (al 4° posto con 363 milioni), paese già colpito da embargo nel 2021 per il coinvolgimento nella guerra in Yemen».
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Banche armate e controlli: tra procedure e scudo formale
Gli istituti bancari coinvolti si difendono affermando di aver rispettato le proprie policy di esclusione attraverso un processo di verifica con il cliente. In sostanza, al momento di concedere finanziamenti a Leonardo SpA, le banche hanno chiesto chiarimenti formali all’azienda, la quale ha risposto con una dichiarazione ufficiale in cui afferma di non essere coinvolta nella produzione di armamenti nucleari. Ricevuta questa autodichiarazione, gli istituti di credito hanno considerato esaurita la verifica di conformità con le proprie regole interne.
Tuttavia, il report ZeroArmi solleva diversi dubbi sulla reale efficacia di queste procedure di controllo. La società italiana, infatti, non ha smentito la propria partecipazione al consorzio Mbda durante l’ultima assemblea degli azionisti. Questo caso, secondo i ricercatori del progetto, dimostra come il controllo delle banche sul rispetto delle proprie regole sia spesso demandato alle autodichiarazioni delle aziende clienti, con il rischio che questo sistema risulti più un escamotage formale che un vero presidio etico.
Banche e armi: nuove minacce alla trasparenza
Uno degli strumenti normativi chiave per il controllo sulle esportazioni di armi italiane è la Legge 185/90, che impone agli istituti bancari di rendere pubbliche le operazioni di finanziamento relative all’industria bellica.
Tuttavia, una recente proposta di legge al Senato mira a ridurre drasticamente questi obblighi di trasparenza. Se approvata, la revisione della normativa renderebbe più complesso il monitoraggiodell’interazione tra sistema bancario e industria degli armamenti, limitando ulteriormente l’accesso alle informazioni per i cittadini e le organizzazioni della società civile.