Centri di permanenza per il rimpatrio: il Consiglio d’Europa boccia l’Italia
Maltrattamenti, uso eccessivo della forza, psicofarmaci dati senza prescrizione, sbarre alle finestre, cortili come gabbie, nessuna attività ricreativa. I risultati della visita del Comitato per la prevenzione del Consiglio d'Europa nei Centri di permanenza per il rimpatrio di Gradisca d'Isonzo (Gorizia), Milano, Palazzo San Gervasio (Potenza) e Roma
Maltrattamenti fisici, uso eccessivo della forza da parte del personale di polizia, somministrazione di psicofarmaci senza prescrizione al solo scopo di mantenere calme le persone trattenute. Sono i principali rilievi del Comitato per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti inumani e degradanti del Consiglio d’Europa dopo la visita fatta ad aprile 2024 in quattro Centri per il rimpatrio in Italia (la possibilità di compiere visite nei luoghi di detenzione è prevista dall’articolo 7 della Convenzione europea per la prevenzione della tortura).
Il rapporto del comitato sui centri di Gradisca d’Isonzo (Gorizia), via Corelli a Milano, Palazzo San Gervasio (Potenza) e Ponte Galeria a Roma è stato adottato e trasmesso alle autorità italiane a luglio e poi pubblicato a metà dicembre 2024 insieme alla risposta del governo italiano.
Centri di permanenza per il rimpatrio in Italia: la situazione «è grave»
Altri rilievi del comitato riguardano le pessime condizioni materiali, l’approccio sproporzionato alla sicurezza, la mancanza di personale di custodia formato e in grado di riconoscere i sintomi di possibili reazioni da stress, la qualità variabile dell’assistenza sanitaria, l’assenza di attività ricreative, la qualità del cibo che non riflette le esigenze di persone con diete particolari (ad esempio, diabetici) o le abitudini di una popolazione straniera, le condizioni stesse di detenzione che il comitato definisce simili a quelle del regime carcerario previsto dall’articolo 41 bis dell’Ordinamento penitenziario italiano.
Il fatto che i gestori privati di diversi centri siano oggetto di indagini penali da parte delle autorità giudiziarie (per cattiva gestione dei fondi, fornitura fittizia di servizi, medicazione eccessiva e forzata) è un ulteriore indicatore della gravità della situazione.
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Cpr, rimpatri solo per la metà delle persone trattenute
Nel 2023 sono state quasi 6.700 le persone transitate nei Cpr, i luoghi di detenzione amministrativa in cui vengono trattenuti i cittadini stranieri irregolari o destinatari di un provvedimento di espulsione (dati Rapporto Trattenuti Action Aid 2024): ad aprile 2024, quando il comitato ha fatto le visite, erano 450 i migranti presenti nei centri italiani, di cui 79 a Gradisca d’Isonzo, 45 a Milano, 90 a Potenza e 79 a Roma.
Il periodo medio di permanenza (il trattenimento può arrivare a 18 mesi) è di 38,6 giorni. Il tasso di allontanamento, cioè la percentuale di persone trattenute in un Cpr che vengono rimpatriate, è del 41 per cento. Ciò significa che meno della metà delle persone vengono poi espulse.
Nei registri le prove dei maltrattamenti nei Centri di permanenza per il rimpatrio
Anche se la maggior parte delle persone ha dichiarato di essere stata trattata in modo corretto dal personale del centro, al comitato sono stati riferiti casi di maltrattamenti e uso eccessivo della forza per rispondere a tentativi di fuga, vandalismo, proteste, episodi di agitazione delle persone trattenute.
Le prove sono state trovate nella documentazione esaminata (referti ospedalieri, filmati delle telecamere a circuito chiuso, registri degli eventi critici, rapporti di polizia), anche se il comitato ha evidenziato la mancanza di un monitoraggio indipendente di questi interventi (in alcuni casi da parte di agenti in tenuta antisommossa con manganelli e scudi), l’assenza di una registrazione accurata delle lesioni subite dalle persone trattenute e di una valutazione oggettiva della loro origine.
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Nel Cpr di Potenza psicofarmaci senza prescrizione
Nella struttura della provincia di Potenza, il comitato ha osservato la diffusa somministrazione da parte del personale sanitario di psicofarmaci diluiti in acqua senza alcuna prescrizione medica o supervisione e si è trovato di fronte a persone che mostravano segni di sovramedicazione e di astinenza.
Questa pratica, che il comitato ritiene avesse l’obiettivo di mantenere la popolazione calma (a Potenza il numero di eventi critici è risultato essere minore rispetto agli altri centri), è stata oggetto di un’indagine penale contro la direzione e uno dei medici che lavoravano nel Cpr.
Sicurezza e condizioni carcerarie nei Cpr italiani
Il comitato ha criticato l’attenzione sproporzionata alla sicurezza, gli ambienti simili a quelli di un carcere, la lontananza rispetto ai centri abitati.
Le strutture hanno blindature rinforzate, sbarre e grate alle finestre, aree esterne con reti di copertura, assenza di vegetazione, piattaforme per dormire in metallo o cemento, assenza di arredi, di rivestimento dei pavimenti e di qualsiasi altro oggetto ritenuto superfluo con l’obiettivo di evitare danneggiamenti, incendi, vandalismo.
Nel rapporto si fa riferimento al disegno di legge del governo italiano per introdurre il reato di sommossa negli istituti penitenziari e nelle strutture di detenzione per l’immigrazione (passato alla Camera e ora in discussione al Senato) e si suggerisce che migliorare le condizioni materiali, con un’adeguata manutenzione delle strutture e in particolare dei servizi igienici e delle stanze, e offrire una serie di attività mirate invece di criminalizzare quegli atti, contribuirebbe in modo più efficace a prevenire le proteste.
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Le persone sembrano «depositate» nei Centri di permanenza per il rimpatrio
Il comitato riferisce di un sistema impoverito, senza attività offerte alle persone trattenute se non l’accesso al cortile esterno e, a volte, a un campo da calcio. A Milano era stato avviato da poco un cineforum e a Gradisca, poco prima della visita, sono state messe a disposizione delle persone trattenute una palestra con cyclette e una console per videogiochi. A Roma c’è una piccola biblioteca nella sezione femminile.
I mediatori culturali sono pochi e quasi esclusivamente di lingua araba, ma il loro accesso è soggetto a restrizioni: in alcuni centri sono costretti a parlare con le persone trattenute attraverso le sbarre, in altri (come a Potenza) entrano nelle unità di detenzione, scortati.
L’assistenza psicologica è prevista per 16 ore alla settimana nei centri con una capacità da 50 a 101 posti ma il comitato ritiene che la presenza di uno psicologo andrebbe aumentata visto l’alto livello di disagio delle persone trattenute.
Assistenza sanitaria ai migranti da migliorare
Il rapporto indica che l’assistenza sanitaria nei centri dovrebbe essere migliorata, ad esempio coinvolgendo personale con esperienza in medicina delle migrazioni, e andrebbe rivisto il sistema di certificazione dell’idoneità alla detenzione da parte dell’Asl per garantire che siano coinvolti medici con esperienza delle condizioni di vita in ambiente detentivo.
Tutte le persone presenti al momento della visita del comitato avevano infatti un certificato di idoneità alla detenzione, ma nella maggior parte dei casi la visita consisteva in un esame sommario dei segni vitali, senza alcun riferimento all’adattabilità in un ambiente ristretto o a possibili segni di disturbi mentali. Anche il 28enne originario del Pakistan che si è suicidato nel Cpr di Gradisca il 31 agosto 2022 un’ora dopo essere entrato nella struttura aveva un certificato di idoneità alla detenzione rilasciato da un medico dell’Ausl.
Nonostante i numerosi eventi critici verificatisi nei mesi precedenti alla visita, nei Cpr non erano in vigore protocolli per la prevenzione del suicidio e dell’autolesionismo.
Gestione dei centri per il rimpatrio: un modello da ripensare
In discussione, secondo il comitato, c’è lo stesso modello di gestione dei centri per il rimpatrio che, in Italia, è affidata a organizzazione private tramite appalti del ministero dell’Interno della durata di 4 anni. E che l’Italia ha replicato anche nei centri in Albania, rispetto ai quali il comitato ha sollevato dubbi e ha chiesto garanzie che i cittadini stranieri che vi saranno trattenuti siano trattati con rispetto e in condizioni dignitose.
Il Comitato per la prevenzione della tortura del Consiglio d’Europa ritiene infine che l’esternalizzazione dei servizi di gestione dei centri per migranti non sollevi lo Stato dalle sue responsabilità in caso di violazione dei diritti delle persone trattenute.
Non bastano insomma le specifiche tecniche e un elenco di servizi da fornire: è necessario determinare standard e regole di condotta del personale e introdurre sistemi di ispezione e supervisione da parte dello Stato.