Caporalato: triplicati i casi in agricoltura

Sono almeno 200 mila i lavoratori irregolari nel settore agroalimentare. In crescita gli illeciti, il legame tra sfruttamento e violenza di genere, il lavoro malpagato. Ecco l'analisi del VII Rapporto Agromafie e caporalato dell'Osservatorio Placido Rizzotto della Flai Cgil

Sfruttamento, caporalato, lavoro irregolare, illegalità, reati ambientali, sono fenomeni strutturali nella filiera agroalimentare italiana. Fenomeni che spesso si intersecano con la criminalità organizzata e con leggi (come la Bossi-Fini sull’immigrazione) che, anziché contrastarli, finiscono per favorirli.

È l’analisi contenuta nel VII Rapporto Agromafie e caporalato dell’Osservatorio Placido Rizzotto della Flai Cgil appena pubblicato, da cui emerge che nel settore i reati e gli illeciti amministrativi sono in crescita così come il lavoro povero e il legame tra sfruttamento e violenza di genere.

Caporalato agricoltura: lavoro irregolare al Sud e in provincia di Latina

Nel 2023 si stima che siano circa 200 mila i lavoratori irregolari nell’agroalimentare: comparto che vale 73,5 miliardi di euro, ma in cui le paghe di chi contribuisce a quel valore sono molto basse, in media poco più di 6 mila euro l’anno.

Le lavoratrici potenziali vittime di sfruttamento sono circa 55 mila e la maggior parte non viene intercettata dalle istituzioni: reclutate illegalmente, senza alcuna forma di protezione sociale e previdenziale e quindi vulnerabili ad abusi e violazioni di diritti.

Più di un terzo dei lavoratori irregolari è nelle regioni del Sud (Campania, Calabria, Sicilia, Puglia) a cui si aggiunge il Lazio: l’incidenza nella sola provincia di Latina è pari al 40 per cento.

Ma i dati sono sottostimati e comprendono al loro interno lavoro sfruttato e pratiche para-schiavistiche.

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Foto: su concessione di Flai Cgil (via Flickr)

Caporalato in Italia

Questi fenomeni però non sono presenti solo nel Sud Italia: irregolarità, sfruttamento, crimini e danni ambientali sono presenti anche in Emilia-Romagna, Toscana, Piemonte e Veneto, con modalità e configurazioni diverse a seconda del grado di industrializzazione, delle condizioni dell’immigrazione, del ruolo degli enti locali, del peso della grande distribuzione, della capillarità dei presidi sindacali e dell’efficacia dei controlli.

Elemento trasversale a questi territori è l’intermediazione illecita di manodopera: nel 2023 sono più che raddoppiati rispetto al 2022 i controlli in base alla legge 199/2016 sul caporalato e sono aumentati gli arresti, i reati e gli illeciti amministrativi e le denunce.

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Foto: via PIxabay

I casi di Piemonte, Basilicata, Trentino Alto Adige, Calabria

Nel rapporto vengono approfonditi i casi dei territori di Asti, Potenza e la Val d’Agri, Trento e Crotone, dove i ricercatori dell’Osservatorio hanno condotto analisi sul campo e interviste con testimoni chiave. Da queste è emerso, ad esempio, che in Basilicata i lavoratori irregolari sono circa 10 mila, di cui 5/7 mila sono pendolari e sfruttati che arrivano da altri territori.

In Trentino si stima che i lavoratori irregolari in agricoltura e nel settore della lavorazione/macellazione delle carni siano oltre 6 mila, di cui 1.500/2.000 sono richiedenti asilo e rifugiati ospiti dei centri di accoglienza del territorio.

A Crotone, i lavoratori impiegato in modo non standard (in nero o con lavoro grigio, cioè con irregolarità contrattuali) oscillano tra 11 e 12 mila, compresi anche i lavoratori stranieri che arrivano durante la stagione della raccolta.

In Piemonte i numeri vanno da 8 a 10 mila: nella provincia di Asti ci sono 32 diverse località in cui i rapporti di lavoro sono non formali (grigio e nero), c’è intermediazione di manodopera e lo sfruttamento riguarda circa 2 mila lavoratori.

In agricoltura 6 aziende su 10 praticano il lavoro irregolare

Nel rapporto della Flai Cgil si legge che secondo gli ultimi dati del ministero dell’Economia risalenti al 2020 le aziende che praticano lavoro regolare, a prescindere dal settore, sono circa il 60% a livello nazionale, le altre ricorrono al lavoro grigio (il 30%) e le restanti al nero.

Secondo i dati dell’Ispettorato nazionale del lavoro (che dipende dal ministero del Lavoro) però nel 2023 il tasso di irregolarità è risultato più alto, il 69,8%, e nel settore agricolo su un totale di oltre 3.500 ispezioni concluse sono circa 2.000 quelle che hanno rilevato irregolarità (il 59,2%).

Dopo l’omicidio di Satnam Singh, l’operaio agricolo vittima di un incidente sul lavoro a giugno 2024 e morto perché non soccorso dal suo datore di lavoro, sono stati fatti controlli su 1.377 aziende agricole (quasi la metà di quelle controllate in tutto il 2023) in tre operazioni distinte: le irregolarità emerse vanno dal 66% della prima operazione, al 57% della seconda e al 53% della terza. Poi la frequenza e il numero dei controlli si sono ridotti.

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Foto: su concessione di Flai Cgil (via Flickr)

Caporalato: triplicati i casi di reato in agricoltura

Nel 2023 l’Ispettorato nazionale del lavoro ha accertato violazioni per 7.915 lavoratori nel settore agricolo, di cui 1.688 per lavoro nero con 146 lavoratori senza permesso di soggiorno.

I casi di caporalato puniti in base all’articolo 603 bis del codice penale sono stati 2.123: un dato che rappresenta la maggioranza dei casi totali rilevati in Italia (in totale 3.208, considerando anche i settori dell’edilizia, dell’industria e del terziario) ed è il triplo rispetto al 2022.

I maggiori accertamenti sono avvenuti in Puglia (oltre mille) e Lazio (più di 600). In Veneto i casi sono 51, in Friuli Venezia Giulia 38, in Toscana 83.

Le regioni in cui non sono stati accertati casi sono Basilicata, Liguria, Valle d’Aosta e Sicilia.

Ma, come si legge nel rapporto, i dati non sono una certificazione della presenza o dell’assenza del caporalato in un dato territorio visto che questi dipendono anche dall’attenzione e dall’azione mirata delle agenzie di contrasto, ma possono essere indicativi dell’attenzione e del peso che viene dato al fenomeno in quel territorio.

Ecocrimini: aumentano reati e illeciti amministrativi

Al caporalato e allo sfruttamento lavorativo si affiancano anche i danni e i reati ambientali che impattano sulla filiera agroalimentare, alimentando sfruttamento e ingiustizia sociale ed ecologica.

Nel 2023 sono stati fatti oltre 528 mila controlli, dai quali risulta un aumento significativo dei reati e degli illeciti amministrativi in tutti i settori dell’agroalimentare (+9.1% rispetto al 2022).

Aumentano le sanzioni penali e amministrative, le denunce, gli arresti e i sequestri.

Il maggior numero di reati e illeciti amministrativi riguarda la violazione della tutela della flora (disboscamenti, dissodamenti, utilizzazione improprie dei terreni, cambiamenti di coltura), con ripercussioni anche sulla produzione agricola. Seguono gli illeciti nella filiera dei prodotti ittici e negli allevamenti.

Agromafie: le organizzazioni criminali si radicano nel settore

Per agromafie si intendono le attività illegali compiute dalle organizzazioni criminali in tutte le fasi di produzione, trasformazione, commercializzazione e distribuzione di prodotti agricoli e agroalimentari. Ne sono esempi la violenza e il controllo del territorio, come le estorsioni alle attività economiche del territorio, l’illecita distribuzione di acqua sottratta alle tubature pubbliche e rivenduta agli agricoltori, il traffico di esseri umani per destinarlo al lavoro nei campi.

Ma anche il traffico di rifiuti tossici e la gestione abusiva di fanghi industriali contaminati.

L’ultimo fronte riguarda l’economia pubblica e, in particolare, l’accaparramento di aziende e terreni per accedere a fondi pubblici come, ad esempio, i contributi europei previsti dalla Politica agricola comune: nel 2022 le frodi al Pac nei 27 Paesi membri dell’Unione europea hanno superato i 200 milioni; l’Italia è al terzo posto, dopo Polonia e Romania, con 307 segnalazioni e 26 milioni di euro di appropriazioni indebite. Tra i territori interessati c’è l’Abruzzo, la cui vocazione agricola e pastorale ha attirato investimenti criminali.

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