Difensori dell’ambiente: il prezzo più alto lo pagano gli indigeni

Anche nel 2023 i dati registrati dall’ong Global Witness dimostrano quanto sia pericoloso difendere l’ambiente e le sue risorse. Le vittime nel mondo sono quasi 200, con l’America Latina che svetta (ancora) come regione più violenta

A livello globale almeno 196 persone sono state uccise l’anno scorso per aver difeso l’ambiente secondo gli ultimi dati diffusi da Global Witness nel settembre 2024.

Il documento dell’ong fondata a Londra nel 1993 non lascia dubbi su quale sia la regione del mondo più pericolosa per chi difende la natura, il territorio e le risorse della casa comune: ancora una volta, si tratta dell’America Latina.

Si concentra in questa area, infatti, il maggior numero di omicidi documentati, l’85% dei casi del 2023, con la Colombia che primeggia in questa terribile classifica, con più di un terzo degli omicidi registrati a livello mondiale. Proprio il Paese, la Colombia, che ospiterà la COP 16, tra il 21 ottobre e il 1° novembre a Cali.

Dagli attivisti che lottano contro i megaprogetti minerari alle comunità di popoli indigeni prese di mira da gruppi criminali organizzati, sono decine gli uomini e le donne uccise per avere usato la loro voce e la loro capacità di incidenza sociale e politica, in opposizione allo sfruttamento predatorio del loro territorio: anche nel 2023 un difensore dell’ambiente è stato ucciso ogni due giorni.

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Santa Marta (Colombia), murales di una contadina afrodiscendente – Foto: © Diego Battistessa

Difensori dell’ambiente: in Colombia sono sotto attacco

Si scrive Colombia ma si legge “tomba dei giusti”, un’espressione forte che manifesta un dramma che di anno in anno dimostra una tendenza al rialzo del numero degli omicidi dei difensori dell’ambiente.

Anche nel 2022, infatti, quando gli omicidi a livello mondiale registrati da Global Witness furono 177 (200 nel 2021), la Colombia è risultato essere il paese più pericoloso per chi difende l’ambiente. Per due anni consecutivi, più di un terzo dei casi totali a livello globale sono stati registrati in questo paese latinoamericano.

Nel 2022 Global Witness aveva registrato in Colombia ben 60 omicidi di difensori dell’ambiente e in questo report 2023 i casi sono stati almeno 79: di questi omicidi, 31 riguardano persone indigene e 6 persone appartenenti a comunità afrodiscendenti.

Nel report leggiamo che si tratta del totale annuale più alto per qualsiasi paese documentato da Global Witness da quando l’ong ha iniziato a registrare i casi nel 2012.

In poco più di un decennio, in Colombia sono stati assassinati 461 attivisti.

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Laguna Colorada (Potosì, Bolivia) – Foto: © Diego Battistessa

La situazione dei difensori dell’ambiente in America Latina

Anche Brasile (25 casi), Messico (18), Honduras (18), Nicaragua (10), Panama (4), Perù (4), Guatemala (4), Paraguay (2), Ecuador (1) e Venezuela (1) appaiono nel report di Global Witness. In tutto, fanno 89 casi di omicidio di difensori dell’ambiente

Sommando i 79 omicidi della Colombia, quindi, solo in America Latina sono stati contati 166 casi su un totale di 196 registrati nel 2023 da Global Witness.

Non solo numeri e dati statistici, ma nomi e cognomi, storie di vite dedicate alla difesa delle comunità contadine, indigene e in generale di gruppi di attivisti che affrontano lotte (spesso enormemente diseguali) contro grossi interessi di multinazionali per lo sfruttamento delle risorse minerarie, idrologiche, boschive e fossili di Abya Yala (il continente americano).

Una situazione gravissima, che dimostra come le misure adottate per la protezione di questi attivisti non siano efficaci, nonostante l’adozione (per esempio) dell’Accordo di Escazú il 22 di aprile del 2021 proprio in America Latina. Un trattato firmato da 24 Paesi della regione che, tra le altre cose, obbliga a “prevenire, indagare e punire attacchi, minacce o intimidazioni” contro i difensori dell’ambiente.

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Lago Atitlán (Guatemala) – Foto: © Diego Battistessa

Criminalizzazione della protesta e attacco ai popoli indigeni

Altro elemento che emerge con forza dal report di Global Witness riguarda l’aumento a livello globale delle leggi anti-protesta, normative che mirano a punire individui e gruppi coinvolti nell’attivismo pacifico per il clima.

In questo senso, uno dei collettivi più colpiti risultano essere le comunità indigene, così come denunciato da una recente dichiarazione di Indigenous Peoples Rights International, che lamenta una tendenza crescente alla criminalizzazione e all’attacco  istituzionale contro i difensori indigeni che si oppongono all’imposizione di progetti minerari ed energetici che vìolano i loro diritti umani.

Se da un lato risulta essere chiaro alla comunità internazionale, che la conoscenza delle popolazioni indigene può fornire spunti utili sulla gestione sostenibile delle risorse, sulle pratiche di conservazione e sulle strategie di adattamento tradizionali, dall’altro la violenza esercitata nei loro confronti non cessa.

Global Witness denuncia infatti che, invece di essere ascoltati, i popoli indigeni subiscono un costante attacco, una violenza multifattoriale che ha portato a registrare tra il 2012 (anno del primo report dell’ong) e il 2023, la cifra di 766 indigeni assassinati per aver difeso il loro territorio, pari a ben il 36% di tutti gli omicidi contabilizzati.

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