Venezuela: l’Onu denuncia la repressione dei diritti umani di Maduro
Aumentano le denunce degli organismi internazionali contro le violazioni dei diritti umani in Venezuela, nel contesto di una repressione che si è acuita dopo il processo elettorale del 28 luglio scorso che ha confermato al potere il presidente Nicolás Maduro
Il 17 settembre è stato reso pubblico il report della Missione internazionale indipendente della Nazioni Unite per accertare i fatti sulla Repubblica Bolivariana del Venezuela. Un documento di più di 20 pagine che lascia poco spazio all’interpretazione e che denuncia in modo chiaro una delle «crisi dei diritti umani più gravi della storia recente».
Marta Valiñas, presidentessa della Missione internazionale indipendente per il Venezuela, nella conferenza stampa di presentazione del report, ha dichiarato:
«Le nostre conclusioni sono schiaccianti: non solo non ci sono stati miglioramenti, ma le violazioni si sono intensificate, raggiungendo livelli di violenza senza precedenti»
Il documento prosegue il lavoro che l’Onu porta avanti da anni in Venezuela in materia di supervisione, denuncia violazioni dei diritti umani e fa seguito al report che venne pubblicato nel settembre 2023, dove si specificava che «la struttura repressiva dello Stato non è stata smantellata e continuava a rappresentare una minaccia latente che può essere attivata quando il Governo lo ritenga necessario».
Ora la Missione Internazionale Indipendente denuncia che, dopo le elezioni presidenziali del 28 luglio 2024, il sistema di minaccia e repressione violenta contro le persone dell’opposizione (o percepite come tali) del governo Maduro, si è riattivato in modo rapido e particolarmente intenso.
Diritti umani in Venezuela: torture, violenze sessuali e arresti arbitrari
Nel nuovo documento presentato nei giorni scorsi si dettagliano decine di morti nel contesto delle proteste che hanno seguito l’annuncio del Consiglio nazionale elettorale (Cne) di una nuova vittoria di Nicolás Maduro.
Proteste che sono seguite nei giorni e nelle settimane successive, rafforzate dal fatto che il Cne non ha ancora mostrato gli atti della supposta vittoria di Maduro e che hanno scatenato un’ondata di repressione da parte delle forze armate, polizia e organismi paramilitari affiliati al Partido Socialista Unido de Venezuela (Psuv).
A questi casi si aggiungono altre centinaia di detenzioni arbitrarie (veri e propri sequestri in violazione di ogni protocollo internazionale), così come violazioni delle procedure processuali, sparizioni forzate, episodi di tortura e trattamenti crudeli, inumani o degradanti, così come violenze sessuali e pratiche di abuso verso le detenute.
Un grido di allarme per la comunità internazionale che fa eco a quanto, dal 28 di luglio in poi, hanno denunciato organismi nazionali e regionali, come la Commissione Interamericana dei Diritti Umani (Cidh), l’Organizzazione degli Stati Americani (Oea), l’ong Foro Penal, Amnesty International e l’ong Reporter senza frontiere, tra le altre.
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Accuse di terrorismo di Stato al Venezuela di Maduro
Prima dell’Onu era arrivato già a fine agosto un comunicato lapidario della Cidh, che, durante una riunione straordinaria del Consiglio Permanente della Oea sulla situazione dei diritti umani in Venezuela, aveva parlato senza mezzi termini di un vero e proprio terrorismo di Stato.
Nel suo discorso (testo disponibile qui), la presidente della Cidh Roberta Clarke, ha affermato che «le manifestazioni sono state represse duramente… in un contesto di assoluta impunità perché gli organi di controllo rispondono al regime e fanno parte della strategia repressiva dello Stato».
Clarke, nel suo intervento pronunciato nella riunione straordinaria del Consiglio Permanente della Oea sulla situazione dei diritti umani in Venezuela, ha fatto riferimento ai dati forniti dall’ong Foro Penal, organizzazione venezuelana che da anni segue i casi di detenzioni arbitrarie del governo venezuelano e che denuncia che dal 2014 nel paese sudamericano si sono registrati 17.609 arresti politici.
Al 16 settembre scorso, il Foro Penal, aveva registrato 1.692 arresti nel contesto della repressione politica che ha seguito ai comizi del 28 luglio, una violenza che non ha risparmiato neanche i minorenni: la stessa ong aveva contato 114 arresti di minori solo nel primo mese di proteste.
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Venezuela, diritti umani al palo: approvata la legge “anti ong”
Anche la società civile e i mezzi di comunicazione sono imbavagliati, come denunciano Amnesty International e Reporter senza frontiere.
Da un lato è stata approvata il 15 agosto scorso una la legge “anti ong”, un progetto in gestazione da tempo che elimina (o riduce di molto) lo spazio di manovra delle organizzazioni non governative e che mira a mettere a tacere chi denuncia da anni esecuzioni extragiudiziali, persecuzione politica, sparizioni forzate, detenzioni arbitrarie e torture sistematiche da parte del governo.
Questo il commento di Ana Piquer, direttrice per le Americhe di Amnesty:
«L’approvazione di questa legge mette a rischio l’esistenza e il funzionamento delle organizzazioni comunitarie, umanitarie e per i diritti umani con articoli ambigui che servirebbero come base per sanzionarle in modo sproporzionato e persino arbitrario rendendole illegali su vasta scala»
Dall’altro lato, Reporter senza frontiere ha contato dall’inizio della campagna elettorale l’arresto di otto giornalisti in diversi Stati del paese sudamericano, accusati di terrorismo e incitamento all’odio.
Si tratta di Luis López, Ismael Gabriel González, Yuosnel Alvarado, Paúl León, Deysi Peña, José Gregorio Camero, Eleángel Navas, Gilberto Reina e Ana Carolina Guaita, che affrontano accuse per reati che possono produrre condanne da 12 a 20 anni di carcere.
Una situazione non nuova in Venezuela e “solo” peggiorata e acuitasi con il processo elettorale per l’elezione del nuovo presidente, tanto che la stessa ong aveva più volte denunciato una vera e propria campagna di intimidazione contro la stampa, in un paese che ricopre la posizione 156 (su 180) nel report sulla libertà di stampa.
Report nel quale si legge che da quando è salito al potere nel 2013, Nicolás Maduro ha mantenuto la politica di «egemonia della comunicazione» stabilita dal suo predecessore, Hugo Chávez.