Cuba: economia di guerra tra proteste e repressione

Il governo di Cuba ha annunciato a inizio luglio un nuovo piano speciale che deve rispondere con misure drastiche alla recessione e contenere i disordini sociali.  Una vera e propria "economia di guerra", come l'ha definita lo stesso presidente, Miguel Diaz Canel

Proprio nel mese nel quale ricorre l’anniversario delle storiche proteste del 2021 in piena pandemia da Covid-19 (11 luglio, 2021), il governo di Cuba è costretto a prendere delle misure “correttive” per far fronte alla scarsità di beni di prima necessità, alla tensione sociale e ad uno storico flusso di migranti in uscita.

Manovre che rispondono alle crescenti proteste sull’isola, come quelle dello scorso 17 e 18 marzo scoppiate al grido di “elettricità e cibo”, contro i blackout e la scarsità di medicinali e viveri sull’isola dei Caraibi.

Proteste iniziate nella seconda città più grande dell’isola, Santiago de Cuba, e che si sono estese poi ad altre zone, provocato decine di arresti. Detenzioni avvenute nella provincia di Holguín, Santiago de Cuba, L’Avana, Cienfuegos e Artemisa, secondo quanto riportato dalle ong che seguono il caso.

Dai video girati in loco e postati sulle reti sociali si osserva la disperazione degli abitanti, che affrontano una delle peggiori crisi dall’epoca del Período Especial en Época de Paz (Periodo particolare in epoca di Pace) proclamato da Fidel Castro nel 1990.

Un momento di particolare emergenza che si riflette anche nei numeri dell’emigrazione cubana che ha toccato punte senza precedenti: basti considerare che solo nel 2023 la pattuglia di frontiera Usa ha registrato più di 153.000 ingressi irregolari di persone procedenti da Cuba.

Cuba: storia di proteste che vengono da lontano

La situazione a Cuba continua ad essere molto tesa, come denunciano varie organizzazione internazionali per la difesa dei diritti umani, come Amnesty International, e questa nuova ondata di proteste è la più grande dopo quelle dell’11 e il 12 luglio 2021, quando migliaia di cubani sono scesi in piazza per gli stessi motivi.

A radice di quelle manifestazioni e la forte repressione che ne è seguita, rimangono oggi in carcere volti noti come quelli di Luis Manuel Otero Alcántara e Maykel Castillo Pérez, insieme a numerosi altri prigionieri politici (leggi anche: Cuba: proteste del 2021 silenziate arrestando gli artisti del dissenso).

Oltra ai dissidenti costretti all’esilio, infatti, sono 1117 i prigionieri politici detenuti nelle carceri cubane, secondo quanto denunciato (e registrato) dall’ong spagnola Prisioners Defenders.

In questo senso, l’attivista per i diritti umani cubana Carolina Barrero Ferrer, ha invitato le forze armate a la polizia a non seguire più gli ordini repressivi del governo centrale, con un messaggio netto condiviso sui suoi social, proprio il 17 marzo.

«Schieratevi dalla parte del popolo. Non seguite gli ordini dell’élite corrotta al potere. Libertà o libertà».

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L’Avana, Cuba – Foto: © Diego Battistessa

La versione de L’Avana

Dagli organi di stampa vicini alle autorità governative cubane, come lo storico “Granma”, si legge però che Cuba ha denunciato più volte il piano destabilizzante degli Stati Uniti e la sua esecuzione sull’isola.

Si fa rifermento «al rafforzamento di una spietata guerra economica per provocare e sfruttare la naturale irritazione della popolazione» attraverso il finanziamento ogni anno, con decine di milioni di dollari dal bilancio federale degli Stati Uniti, ad organismi che provocano caos sociale.

Il punto di partenza di questo ragionamento è l’embargo (il blocco economico) portato avanti dagli Stati Uniti dagli anni 60’ e più volte condannato dall’Onu come misura che viola i diritti umani della popolazione (leggi anche: Embargo Cuba, Onu: “Il blocco economico Usa vìola i diritti umani”).

Dal Ministero degli Esteri di Cuba è arrivata in questo senso una nota di protesta, consegnata all’ambasciata Usa a L’Avana:

«Se il governo degli Stati Uniti avesse una minima e onesta preoccupazione per il benessere della popolazione cubana, eliminerebbe Cuba dalla lista arbitraria degli Stati che si suppone sponsorizzano il terrorismo; metterebbe fine alla persecuzione delle forniture di carburante che l’isola ha bisogno di  importare; smetterebbe di perseguire ogni transazione finanziaria cubana nel mondo; metterebbe fine alla brutale persecuzione contro i programmi di cooperazione medica di Cuba nel mondo; smetterebbe di intimidire gli imprenditori, i turisti, gli artisti e chiunque senta di avere interesse e diritto di interagire con il popolo cubano».

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L’Avana, Cuba – Foto: © Diego Battistessa

Diritti umani a Cuba oggi: povertà, violenza e repressione

Per capire le proteste di marzo e la nuova ondata di arresti e repressione statale e però necessario approfondire una situazione strutturale complessa nella quale il presidente Miguel Diáz-Canel ha già dichiarato in passato che «con i controrivoluzionari non ci sarà né dialogo né tolleranza» (leggi anche: Cuba: il governo Díaz-Canel prova a silenziare il dissenso).

A fine 2023 infatti, Amnesty International aveva scattato una fotografia impietosa della situazione dell’accesso ai diritti sull’isola caraibica, in un contesto di precarizzazione della vita della cittadinanza, aumento dei livelli di violenza, dei femminicidi e delle proteste pubbliche antigovernative.

Le denunce dell’ong puntavano il dito anche sulle gravi condizioni in cui vivono le persone private della libertà sotto la custodia dello Stato, esposte non solo a malattie come la tubercolosi, ma anche a torture e trattamenti inumani e degradanti.

Sottolineando come le continue violazioni dei diritti umani nelle carceri del paese avvengono senza che attori internazionali imparziali come la stessa Ue effettuino visite sul posto, poiché la legislazione cubana le omette, o le nega, come parte dei meccanismi di controllo.

In generale sull’isola si vive una costante criminalizzazione della protesta, con l’esercizio da parte delle autorità di una pratica repressiva contro attivisti, giornalisti e difensori dei diritti umani.

1 Commento
  1. Gian Paolo Filipponi dice

    SONO ORMAI 54 ANNI CHE DURA IL BLOCCO TOTALE DEGLI YANKEE USA VERSO LA MARTORIATA CUBA-SAREBBE ORA CHE FINISCA- PRIMA AVEVANO UN SUPPORTO ED AIUTO ECONOMICO DALL’EX UNIONE SOVIETICA, ORA ANCHE LO SCHIAVISTA PUTIN L’HA ABBANDONATA AL PROPRIO DESTINO- iL FUTURO DI CUBA ORMAI E’ SEGNATO, DIVENTERA’ COME L’EX COLONIA USA ( ANNI 50)
    NELLE MANI DEI TRAFFICANTI DI DROGA –

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