Iran, donne senza velo attaccate dalla polizia morale
Donne convocate presso gli uffici della polizia in Iran e obbligate a scusarsi perché il velo non era stato indossato in maniera corretta: ecco le loro testimonianze
Se l’elezione a presidente del moderato Masoud Pezeshkian fa guardare con ottimismo al futuro dell’Iran, dall’altra parte continuano nel paese le proteste per garantire i diritti delle donne.
Nelle ultime settimane si è registrata una escalation dell’attività di controllo da parte della cosiddetta Polizia morale che monitora le strade principali delle grandi città a caccia delle ragazze che non indossano, o non la indossano in maniera corretta, la hijab.
L’attività viene svolta anche attraverso telecamere installate lungo le strade per il riconoscimento facciale.
Donne in Iran: i loro racconti
Ma come opera la Polizia morale? Athena è una ragazza di 30 anni che ha ricevuto parecchie multe nel corso dell’ultimo anno.
«Sono stata multata almeno una decina di volte – afferma la donna – per non avere indossato correttamente l’hijab. Ero in auto, in giornate molto calde e non pensavo potesse rappresentare un problema. Le telecamere mi hanno inquadrata e, tramite messaggio arrivatomi sul telefonino, sono stata convocata negli uffici della Polizia. C’erano due donne di fronte a me che, con toni molto gentili, mi spiegavano come fosse importante indossare l’hijab in maniera corretta, anche se mi trovassi da sola in auto».
Quello di Athena è solo uno dei tanti esempi che emergono ascoltando le ragazze che vivono a Teheran. Spesso costrette a scusarsi negli uffici della Polizia morale e ad assicurare che vivono in piena fedeltà con i dettami religiosi. Oltre, naturalmente, a garantire che non ripeteranno più il loro comportamento.
Se ci si scusa, allora tutto potrebbe finire con un semplice rimprovero. Ed è così anche all’aeroporto Ayatollah Komeini, dove la pattuglia della Polizia morale circola in continuazione coperta da una sorta di divisa verde che la rende riconoscibile. Una ragazza è stata rimproverata perché non indossava il velo come si dovrebbe. Se l’è cavata con un semplice rimprovero da due donne agenti della Polizia morale perché si è scusata e lo ha riportato in maniera corretta.
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Iran, le proteste (silenziose) delle donne contro il velo
Circolando per Teheran, ma anche per le altre città dell’Iran centrale, ci si addentra in luoghi dalla tranquillità assoluta, caratterizzati dalla totale assenza di turisti stranieri. Dove nelle moschee, nei luoghi pubblici o religiosi, come la chiesa armena di Esfahan, si entra senza controlli del metal detector.
Ma dove le donne stanno, in maniera coraggiosa, adottando dei comportamenti di resistenza passiva. Si incontrano tantissime ragazze che non indossano la hijab. Anche sui mezzi pubblici, nei locali e nei bazar.
«Non mi importa nulla – racconta Mina – dell’eventuale intervento della Polizia. Lascerò questo paese per andare a studiare in Europa e, se ne avrò la possibilità, non vi farò più rientro».
L’idea di emigrare è diffusa nelle donne e nelle ragazze che stanno contrastando l’obbligo del velo in maniera decisa e dicono di non far parte di alcun movimento di protesta. Rifiutando le regole, come se non esistessero. La maggior parte di loro non si è recata a votare alle ultime elezioni, quasi per una sorta di rifiuto totale nei confronti della politica.
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Diritti delle donne in Iran: attiviste in carcere
Negli ultimi tempi in Iran si è assistito ad un’attività repressiva notevole da parte della Polizia morale riportata dai mezzi di informazione locali. Nel mese di aprile la giornalista Dina Ghalibaf è stata arrestata per non avere indossato la hijab, rivelando quanto accaduto sul suo profilo Instagram, compreso il fatto di essere stata aggredita sessualmente durante la sua detenzione e sottoposta a scosse elettriche mentre era ammanettata.
Dopo la morte di Masha Amini, nel mese di settembre del 2022, deceduta mentre era in stato di arresto e detenzione sotto la vigilanza della Polizia morale, la presenza di pattuglie di tale corpo speciale era diminuita per le vie di Teheran e delle altre grandi città.
Successivamente, si è verificato un inasprimento delle attività di controllo. E questo è accaduto dopo che la guida suprema dell’Iran, l’Ayatollah Ali Kamenei, ha impartito una direttiva, dopo il sermone della festività di Eid al Fitr, volta ad intensificare i controlli all’interno della società iranana per la violazione delle norme religiose. Una direttiva che ha scatenato notevoli tensioni nelle principali città dell’Iran. E nell’ultimo periodo si sono verificati una serie di episodi rilevanti.
Sara Jahani, attivista per i diritti delle donne, si è presentata al carcere di Lakan affinché la sua pena alla reclusione venisse eseguita. Sara è una delle dodici attiviste per i diritti delle donne arrestate a Gilan durante le manifestazioni indette per il primo anniversario della morte di Masha Amini.
Tutte le attiviste erano state condannate a pene variabili da uno a nove anni di carcere. Sara Jahani è stata condannata a 3 anni e 6 mesi di reclusione per sabotaggio. Lo scorso 4 luglio Rana Korkov è stata arrestata dalle forze di sicurezza a Teheran. Un arresto avvenuto all’inizio del mese di luglio, in relazione al movimento Donna, vita, libertà, sorto dopo la morte di Masha Amini. Questi episodi aiutano a dare un’idea dell’elevato livello di tensione che sta permeando oggi la società iraniana.