Elezioni in India: riflettori puntati sui diritti umani dopo la riconferma di Modi

Narendra Modi è stato riconfermato per il terzo mandato consecutivo alle elezioni in India, ma sarà costretto a venire a patti con i partner della coalizione che non condividono la linea maggioritaria del suo partito. Ecco cosa aspettarsi nei prossimi 5 anni sui diritti umani

Le elezioni in India si sono concluse a inzio giugno, al termine di un processo di voto iniziato a metà aprile. I sondaggi e gli analisti davano per certa una rielezione del premier uscente Narendra Modi per il terzo mandato consecutivo e così è stato, ma non esattamente nei numeri che ci si aspettava.

Il leader nazionalista puntava ad accaparrarsi 400 seggi (in coalizione) alla Lok Sabha, la camera bassa del parlamento indiano, sui 543 disponibili. I risultati sono andati molto al di sotto delle aspettative di Modi e del suo Bharatiya Janata Party (Bjp), che si è aggiudicato 240 seggi: parecchi meno dei 272 necessari per governare in maggioranza.

Elezioni in India 2024, i risultati del voto

Per la prima volta da quando è al salito potere nel 2014, Modi dovrà a scendere a patti con gli alleati della National Democratic Alliance (Nda), capeggiata dal Bjp, che ha preso 293 voti contro i 235 della Indian National Developmental Inclusive Alliance (India), la coalizione di opposizione guidata dallo storico partito della famiglia Nehru-Gandhi, l’Indian National Congress. Alla sua guida, il rampollo della più influente dinastia politica indiana, Rahul Gandhi.

Contro ogni aspettativa, Gandhi ha saputo ridare vigore al suo partito – che in molti davano per moribondo – conducendo una marcia da nord a sud e da est a ovest del Paese, a contatto con la gente e le reali problematiche dell’India: alti tassi di disoccupazione giovanile, inflazione rampante, clientelismo del governo a guida Bjp, oltre che discriminazione delle minoranze e repressione del dissenso.

Gandhi, figlio, nipote e pronipote di ex-primi ministri, è riuscito a compattare un’opposizione molto frammentata contro lo strapotere sempre più autoritario del Bjp e le sue politiche maggioritarie che, in 10 anni di governo, hanno stravolto la politica e la società indiana minacciando i valori su cui si basa la costituzione. Il Congress ha portato a casa 99 seggi, conquistandone 47 in più rispetto alle scorse elezioni generali del 2019.

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Narendra Modi durante la cerimonia del giuramento a Nuova Delhi il 9 giugno 2024 – Foto: Prime Minister’s Office (via Wikimedia Commons)

Cosa aspettarsi dal terzo mandato di Modi

Narendra Modi ha così prestato giuramento per il suo terzo mandato come primo ministro indiano e per il suo primo alla guida di un governo di coalizione. Sotto alcuni aspetti, la nuova amministrazione somiglia molto a quella precedente: dei 72 ministri, quasi l’85 per cento appartiene al Bharatiya Janata Party (Bjp) di Modi. Alla guida di molti dei più importanti dicasteri sono rimaste le stesse persone.

«Nonostante tutti i discorsi sulla battuta d’arresto del Bjp – che ha ottenuto molti meno seggi del previsto quando sono stati pubblicati i risultati delle elezioni nazionali – il partito occupa ancora una posizione così forte all’interno della coalizione che continuerà a dominare la politica indiana», ha scritto Michael Kugelman, direttore del South Asia Institute del Wilson Center, nella sua rubrica su Foreign Policy. «Il Bjp detiene più dell’80 per cento dei seggi controllati dalla coalizione, conosciuta come National Democratic Alliance».

Tuttavia secondo Kugelman, i risultati di queste elezioni sono stati un momento molto umiliante per Modi e in effetti i numeri parlano di una vittoria stentata. Non sarà semplice per il Bjp governare in coalizione, essendo abituato a guidare governi di maggioranza. Per la prima volta da quando è salito al potere con una vittoria esorbitante, Modi dovrà infatti fare affidamento sui suoi (non tanto attendibili) partner di coalizione, che in più occasioni gli hanno già voltato le spalle.

«Gli elettori indiani si sono assicurati che Modi non sia in grado di comportarsi da dittatore come negli ultimi 10 anni», ha dichiarato Harsh Mander, un noto attivista per i diritti umani che lo scorso inverno è stato più volte perseguitato e preso di mira dalle agenzie federali. «Pare che non abbia consultato il suo gabinetto di governo prima di prendere decisioni importanti. E ora è finita, si spera».

Elezioni in India, riflettori puntati sui diritti umani

Eppure, guardando alla formazione governativa, Modi dovrebbe essere in grado di perseguire molte delle sue priorità politiche con pochi ostacoli da parte del resto della coalizione. Uno degli obiettivi più critici del Bjp (e sensibili per il Paese) – quello di portare avanti la sua agenda nazionalista ultra-hindu – potrebbe però essere ostacolato dai suoi partner di governo che non condividono la linea intransigente e maggioritaria sostenuta dal partito negli ultimi 10 anni al governo federale.

Human Rights Watch (Hrw) ha scritto una lettera al neoeletto primo ministro indiano: nel congratularsi per l’entrata in carica del nuovo governo, ha voluto accendere una spia sulla situazione dei diritti umani in India, esortando il premier a compiere «alcuni passi fondamentali per contribuire a affrontare sia i problemi attuali che quelli di vecchia data».

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Funzionari elettorali trasportano il materiale per il voto elettronico – Foto: Prime Minister’s Office (via Wikimedia Commons)

Modi e il maggioritarismo di Stato

Modi è un leader controverso e polarizzante, che è cresciuto nelle fila del Rashtrya Swayamsevak Sangh (Rss) un’organizzazione paramilitare di stampo fascista che rappresenta la matrice ideologica del Bjp. Da quando è al potere, ha implementato politiche sempre più maggioritarie e discriminatorie verso le molte minoranze del Paese, in primis quella musulmana che rappresenta il 14 per cento della popolazione, o circa 200 milioni di persone.

Durante il primo mandato, Modi ha mantenuto un profilo basso, facendo leva sulla retorica dello “sviluppo” con la quale aveva ammaliato l’enorme elettorato indiano, anche se già si percecipavano le prime avvisaglie di un accentramento del potere e di un maggioritarismo di Stato. Ma è stato durante il secondo mandato, dal 2019 che le politiche e l’atteggiamento del governo hanno pesantemente virato verso una deriva autoritaria e suprematista. 

Elezioni in India, uno Stato a trazione induista

Dopo una campagna elettorale dai toni molto accesi, in cui anche le più alte cariche del partito, come mai prima di allora, hanno usato una retorica apertamente aggressiva e discriminatoria verso la minoranza musulmana, il timore è che il partito, oltre a dare priorità alle riforme economiche, alle infrastrutture e alla crescita su scala globale dell’India, pur senza una decisa maggioranza, proverà a implementare ulteriori misure che porteranno alla creazione di uno Stato a trazione induista.

Nella lettera, Elaine Pearson, direttrice di Human Rights Watch per l’Asia, ha esortato a compiere «passi concreti per difendere i diritti civili, politici, economici, sociali e culturali fondamentali» su una serie di tematiche: dalla libertà di espressione ai diritti delle minoranze, dall’impunità delle forze dell’ordine all’uso della legge per silenziare il dissenso, dai diritti di cittadinanza a quelli dei rifugiati e della comunità LGBTQ.

Mander ha affermato che le ultime elezioni sono state un segnale forte: “C’è la speranza di riprenderci il nostro Paese”. Tuttavia, ha suggerito, sarebbe ingenuo da parte dei critici del Bjp pensare che le elezioni siano servite da antidoto alle tensioni sociali aggravatesi in India negli ultimi anni. «Queste elezioni hanno creato spazio [per i critici di Modi] ma non risolveranno il problema fondamentale dell’odio nella società indiana», ha affermato.

Kugelman ha aggiunto che il ritorno di Modi per la terza volta consecutiva acuirà il dilemma che si trovano a fronteggiare gli Stati Uniti e i Paesi occidentali, ossia «come far fronte all’importanza strategica dell’India [come contrappeso alla Cina nell’equilibrio regionale] mentre il Paese scivola verso l’illiberalismo».

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