Zara e H&M contribuiscono alla deforestazione
L'inchiesta “Fashion Crimes” dell'associazione britannica Earthsight ha scoperto che il cotone usato per gli abiti dei due colossi del fashion è legato a illeciti ambientali, appropriazione illegale di terre e violazione di diritti umani in Brasile
Zara e H&M, due dei più grandi brand di abbigliamento nel mondo, usano cotone “sporco”, la cui produzione è legata all’appropriazione illegale di terre, alla deforestazione illegale, alla violazione di diritti umani e alla corruzione in Brasile.
È quanto emerge dall’inchiesta “Fashion Crimes” (Crimini di moda) realizzata da Earthsight, associazione britannica che indaga su crimini sociali e ambientali, e che punta il dito anche contro il sistema di certificazione Better Cotton, utilizzato anche dai due brand.
Brasile, dove inizia la filiera del cotone sporco
Negli ultimi dieci anni l’esportazione di cotone brasiliano è quasi raddoppiata: oggi il Brasile è il secondo esportatore al mondo e, fa notare Earthsight, si prevede che entro il 2030 salirà al primo posto, superando gli Stati Uniti.
Quasi tutto il cotone del Paese viene prodotto nello Stato di Bahia, nel Cerrado, una regione caratterizzata da una grande biodiversità: qui si trova il 5% delle specie mondiali di flora e fauna e ci vivono milioni di persone che dipendono dalle sue foreste e savane per sopravvivere.
«La distruzione portata avanti nel Cerrado dall’agricoltura industriale negli anni recenti è forse ancora peggiore di quella che abbiamo visto nella foresta umida del Nord. Circa metà della vegetazione nativa è andata perduta, soprattutto per l’espansione del business agricolo. E se dall’Amazzonia arrivano notizie cautamente positive, nel Cerrado è il contrario. La situazione sta peggiorando: nel 2023 la deforestazione è aumentata del 43% rispetto all’anno precedente», dice Earthsight.
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Zara e H&M producono in Asia con cotone brasiliano
Zara e H&M (la cui proprietà è di Inditex, società che ha anche i marchi Pull&Bear, Bershka, Massimo Dutti e Stradivarius) sono tra le più grandi aziende di abbigliamento a livello mondiale. Nell’indagine di Earthsight si legge che nel 2022 i loro profitti hanno raggiunto i 41 milioni di dollari.
H&M ha 4.400 negozi nel mondo, mentre Zara e gli altri brand di Inditex arrivano a 6 mila.
Queste aziende non acquistano il cotone direttamente dai produttori brasiliani. Come molti altri giganti della moda, fanno produrre i loro abiti in Asia dove il cotone grezzo si trasforma in abiti e altri prodotti poi venduti nei negozi di tutto il mondo.
Setacciando registri di spedizione, sentenze, immagini satellitari e lavorando sotto copertura, gli investigatori di Earthsight hanno scoperto che il cotone utilizzato da Zara e H&M viene prodotto nello Stato di Bahia, in Brasile, da SLC Agrícola e Grupo Horita (Horita Group). «Le due aziende sono legate a numerose illeciti», scrive Earthsight.
Earthsight ha identificato otto aziende in Indonesia, Bangladesh e Pakistan che usano il cotone di Horita e SLC e sono al tempo stesso fornitori di Zara e H&M con milioni di capi di abbigliamento prodotti che vengono poi venduti nei negozi in tutto il mondo, Italia compresa.
Zara, H&M e il cotone brasiliano
Secondo l’inchiesta, Horita Group e SLC Agricola sono due aziende agricole orientate all’esportazione che danneggiano l’ambiente, le comunità e il clima.
«Sugli altopiani dove c’erano i macachi blu e i giaguari, adesso ci sono le monocolture di cotone e soia. Quasi un quinto delle specie che vivono in quest’area, compreso il lupo dalla criniera, rischiano l’estinzione a causa della perdita del loro habitat», scrive l’associazione.
Gli abitanti della zona hanno mostrato a Earthsight i letti dei fiumi secchi e le sorgenti scomparse: il business agricolo del cotone a Bahia ha bisogno di quasi 2 miliardi di litri di acqua al giorno e scarica circa 600 milioni di litri di pesticidi nel Cerrado ogni anno.
La società civile locale ha detto agli investigatori dell’associazione che è difficile trovare una singola azienda agricola che produce soia o cotone su larga scala in tutta la zona occidentale di Bahia che non sia il risultato dell’appropriazione illegale di terreni.
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Appropriazione di terra, violenza e corruzione
Il rapporto di Earthsight dimostra che negli ultimi 25 anni la corruzione e la violenza, oltre all’incuria del governo, hanno contribuito a trasformare il Cerrado in un luogo in cui il business agricolo è violento e non sostenibile.
Tra gli illeciti che vengono collegati da Earthsight alle due aziende brasiliane ci sono l’appropriazione illegale e violenta delle terre abitate dai popoli indigeni, le intimidazioni e le aggressioni verso gli abitanti del luogo, le tangenti a giudici e politici, la deforestazione illegale.
Earthsight segnala che Horita Group è stato multato più di venti volte tra il 2010 e il 2019 per violazioni ambientali (mancanza di permessi per disboscare e altro), per una cifra pari a 4,5 milioni di dollari. Anche SLC ha una storia simile.
Better Cotton, i punti deboli della certificazione
Il sistema di certificazione utilizzato dai Zara e H&M è Better Cotton (BC) ma, come evidenzia l’indagine, anche il cotone la cui produzione è collegata ad abusi ambientali e violazione dei diritti umani nel Cerrado brasiliano porta quel marchio.
«Questo non dovrebbe sorprendere. Better Cotton è stato ripetutamente accusato di greenwashing e criticato per non aver garantito la completa tracciabilità delle sue catene di rifornimento», scrive l’associazione.
Tra i punti deboli del sistema, Earthsight ha individuato i requisiti vaghi richiesti ai produttori, la mancanza di indicazioni sulla proprietà o sulle dispute legate alla terra, un sistema di tracciamento inadeguato perché segue la filiera del cotone solo fino al Paese di origine ma non individua la singola azienda produttrice, i conflitti di interesse legati ai sistemi di accreditamento e verifica: in Brasile la certificazione è in mano a un’associazione di produttori di cotone.
In seguito all’indagine, Better Cotton ha aggiornato le sue regole, ma rimangono ancora molti punti deboli: ad esempio, il cotone coltivato in terreni deforestati illegalmente prima del 2020 può comunque ottenere il marchio BC.
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Sostenibilità: cosa dovrebbero fare aziende e governi
Nei Paesi occidentali qualcosa si muove. L’Unione europea ha adottato una direttiva in materia di sostenibilità per richiedere alle grandi aziende di identificare e ridurre l’impatto negativo su diritti umani e ambiente nelle loro filiere produttive, anche se il testo finale è molto meno stringente di quello originale, e ha approvato una normativa sulla deforestazione per tracciare la provenienza delle merci fino alla terra di produzione delle materie prime. Entrambe hanno dei limiti: la prima è rivolta solo alle aziende più grandi, la seconda non riguarda il cotone.
Anche Regno Unito e Usa stanno adottando leggi per regolare il consumo di beni la cui produzione potrebbe essere legata alla deforestazione, ma con alcuni limiti: fanno riferimento solo alla deforestazione illegale e non riguardano il cotone, ma la soia e la carne.
In Brasile il governo federale sta promuovendo un piano per ridurre la deforestazione nel Cerrado, ma solo quella illegale: in questo modo lascia la porta aperta per politiche non sostenibili a livello locale.
«Tutti sanno cosa hanno fatto alle foreste brasiliane la produzione di soia e gli allevamenti, l’impatto del cotone invece è passato inosservato. Negli anni recenti le coltivazioni sono esplose e sono diventate un disastro ambientale. Se avete abiti di cotone, tovaglie o lenzuola di Zara o H&M, probabile che siano macchiate dalla distruzione del Cerrado. Queste aziende parlano di buone pratiche, responsabilità sociale e certificazioni, dicono di investire in tracciabilità e sostenibilità, ma è tutto finto come le loro vetrine. È chiaro che i crimini legati ai beni che compriamo devono essere combattuti con regole, non con le scelte dei consumatori. I legislatori dei Paesi di consumo devono adottare leggi più rigide e applicarle. Nel frattempo, gli acquirenti devono pensare due volte prima di comprare il loro prossimo vestito».