Venezuela: il potere attacca i difensori dei diritti umani

Un'attivista in carcere dal 9 febbraio scorso. I funzionari delle Nazioni Unite espulsi. Ecco qual è la situazione oggi nel Venezuela di Nicolás Maduro Moros

Si chiama Rocío San Miguel, è una nota attivista in Venezuela per i diritti umani, presidentessa dell’ong Control Ciudadano (Controllo Cittadino) e dal 9 febbraio scorso è detenuta nel carcere del servizio bolivariano d’intelligenza nazionale (Sebin)​ a Caracas.

Per tre giorni non si sono avute notizie sulle sorti dell’attivista e si sono rincorse le denunce di sparizione forzata e detenzione arbitraria da parte di ong nazionali e internazionali.

Il suo avvocato, Juan Gonzaléz, non ha potuto comunicare con lei e solo lunedì 12 febbraio, dopo 72 ore di silenzio da parte delle autorità, il tribunale responsabile in materia di terrorismo ha comunicato l’imputazione dei delitti di tradimento alla patria, cospirazione, terrorismo e associazione a delinquere che giustificherebbero l’arresto della Rocio.

La donna è stata detenuta all’aeroporto Internazionale Simón Bolivar di Maiquetia (Caracas) insieme ad alcuni membri della sua famiglia mentre stava per lasciare il paese. Tra gli arrestati anche Alejandro González De Canales, militare in pensione ed ex compagno della presidentessa di Controllo Cittadino, anche lui ora nella prigione del Sebin con l’accusa di rivelazione di segreti politici e militari riguardanti la sicurezza della nazione, ostacolo all’amministrazione della giustizia e dell’associazione a delinquere.

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Forze armate del Venezuela, Stato Bolivar – Foto: © Diego Battistessa

La cacciata dei funzionari Onu

E mentre aumentano le proteste per questa nuova detenzione arbitraria, che conferma quanto denunciato da Amnesty International nell’ottobre 2023, che parlava di politica sistematica di repressione della società civile che ha portato in carcere decine di prigionieri di coscienza (come il caso di Javier Tarazona), anche l’Onu viene colpita.

A poche ore dal caso Rocío San Miguel, infatti, Yvan Gil, cancelliere venezuelano, ha emesso una ordine di espulsione per il personale dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani, dando 72 ore per lasciare il paese.

La conferenza con la quale il ministro venezuelano ha sospeso le attività dell’Alto Commissariato dell’Onu per i diritti umani e caccia di fatto 13 funzionari delle Nazioni Unite è stata tenuta il 15 febbraio. Nel corso dell’incontro è stato dichiarato che la misura è stata presa a fronte ad un comportamento colonialista, abusivo e che vìola la Carta delle Nazioni Unite.

I funzionari, accusati dal governo venezuelano di appartenere a uno studio legale privato a favore di golpisti e gruppi terroristici, nei giorni scorsi avevano denunciato che il modo in cui si era gestito il caso San Miguel qualificava l’operazoine come “sparizione forzata” a ne avevano chiesto l’immediata liberazione e il rispetto al suo diritto alla difesa rispetto alle accuse.

Caccia alle ong

Quanto accaduto alla presidentessa di Controllo Cittadino rientra in un particolare contesto di criminalizzazione dei difensori dei diritti umani, e in particolare delle ong, che vede la sua manifestazione nel progetto di legge, in discussione dal 12 gennaio nell’Assemblea venezuelana, dal titolo “Progetto di legge sulla supervisione, regolarizzazione, performance e finanziamento delle organizzazioni non governative e correlate“.

La legge descritta avrebbe effetti catastrofici secondo la direttrice di Amnesty International per la Americhe Ana Piquer, che ne chiede il blocco immediato:

«Se approvata, questa legge avrebbe conseguenze devastanti per le popolazioni più vulnerabili, colpite dalla crisi umanitaria, dai fattori di espulsione migratoria e dagli abusi di potere quotidiani. Questa legge metterebbe fuori legge tutte le associazioni civili e, quindi, tutte le iniziative dei cittadini che hanno cercato di contenere e invertire la gravissima situazione dei diritti umani e le sfide istituzionali in Venezuela».

Una preoccupazione condivisa anche dalla Commissione interamericana per i diritti umani (Cidh) e dal suo relatore speciale per la libertà di espressione, che in un comunicato del 26 di gennaio avvertivano del pericolo di questa misura.

In special modo si faceva riferimento al fatto che il progetto fa parte di una serie di atti governativi che mirerebbe a controllare e limitare il lavoro svolto dalle organizzazioni della società civile e a restringere lo spazio civico, sottolineando che durante le due discussioni su questo progetto i deputati filogovernativi hanno accusato le organizzazioni della società civile di essere “nemiche”, “destabilizzanti”, “traditrici del paese” e “facciate di partito”. Un tipo di dichiarazioni che mostrano, secondo la Cidh, il clima di ostilità contro le persone e le organizzazioni che difendono i diritti umani o praticano il giornalismo in Venezuela.

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Omaggio a Hugo Chávez, Caracas, Venezuela – Foto: © Diego Battistessa

Con le “buone” o con le “cattive”

A questo si aggiunge il fatto che Nicolás Maduro Moros, in carica come presidente dal 2013 (dopo la morte di Hugo Chávez) cerca quest’anno una terza rielezione, anche se già le seconda fu molto discussa e non accettata da tutta la comunità internazionale.

La principale candidata dell’opposizione, Maria Corinna Machado, è stata inabilitata a inizio 2024 e secondo quanto stabilito dalla autorità venezuelane non potrà partecipare ai comizi elettorali previsti per la seconda metà di quest’anno.

Comizi elettorali che, secondo gli accordi firmati alle isole Barbados tra i rappresentanti dell’opposizione e la delegazione del governo di Maduro, si dovranno svolgere alla presenza di osservatori internazionali e in totale trasparenza.

Maduro però, in un evento pubblico a Caracas il 4 febbraio scorso – in occasione della commemorazione dal fallito colpo di stato di Stato del 1992 (chiamato Operazione Zamora) nel quale partecipò Hugo Chavéz – ha dichiarato quanto segue in merito alle prossime elezioni: «Il nostro gruppo è vincente e vinceremo, con le buone o con le cattive, vinceremo».

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