Gender gap pensioni: cresce il divario tra donne e uomini

La differenza mensile media tra le nuove pensioni erogate nel 2023 alle donne e agli uomini supera i 400 euro, il 30 per cento. E crollano le adesioni all’Opzione donna, strumento per il collocamento anticipato a riposo. A rivelarlo sono le ultime note statistiche dell'Inps

Nessuna inversione di tendenza. Il gender gap pensionistico non accenna a ridursi. Anzi. L’importo mensile medio percepito dalle donne uscite nel 2023 alla vita lavorativa (con tutti i limiti e le eccezioni che un dato di sintesi può avere), fa segnare un calo rispetto al 2022, mentre salgono le cifre incassate dagli uomini (anche se di poco). E il solco si approfondisce.

A certificarlo sono i numeri e le statistiche elaborate dall’Inps con il Monitoraggio sui flussi di pensionamento.

Gender gap e pensioni: differenza media mensile di oltre 400 euro

Le 415.233 pensioni mensili erogate a ex lavoratrici a partire dal 2023 scendono in media a 950 euro pro capite (da 963 euro del 2022). I 349.674 lavoratori messi a riposo dall’anno scorso si trovano in tasca in media 1.366 euro a testa (erano 1.353 nel 2022).

La differenza di trattamento tra donne e uomini lievita a 416 euro (dai 390 del 2022), con il divario di genere sale al 30,45% (dal 28,82% del 2022).

Opzione donna: progetto fallito

La stretta sui requisiti per l’accesso alla pensione con Opzione donna, con il ricalcolo dei versamenti interamente contributivo, ha abbattuto il ricorso a questo strumento. E il crollo, in assenza di correttivi, secondo gli addetti ai lavori, è destinato a continuare.

La Cgil stima che quest’anno appena in 250 riusciranno ad avere questa opportunità, a parere del sindacato avviata verso la sparizione. Globalmente, a causa di altri correttivi in negativo su Ape sociale e Quota 103, sette donne su dieci dovranno lavorare più a lungo, sempre che un impiego ce l’abbiano.

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gender gap e pensioni
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Prepensionate sotto la soglia dei mille euro al mese

Nel 2023, a fronte di 24.644 nuove adesioni ad Opzione donna censite nel 2022, si sono contate solo 11.225 pensioni liquidate con questa modalità: 2.184 delle richiedenti sono riuscite ad ottenerla prima dei 59 anni, 5.364 avevano 60 o 61 anni, altre 2.555 erano 62enni o 63enni.

E, ancora: tra i 64 e i 65 anni hanno agganciato l’Opzione donna 970 ex lavoratrici, le over 66 sono state appena 152. Oltre metà delle nuove entrate (5.980) prende meno di 1.000 euro al mese, solo una su 22 porta a casa 2.000 euro e più.

Gender gap pensioni: situazione diffusa a tutte le erogazioni dirette

Le cifre e le percentuali cambiano in relazione alla tipologia di pensione, oltre che al settore di provenienza e alle singole posizioni. Quelle anticipate arrivano a 1.758 euro al mese per le donne e a 2.111 euro per gli uomini. Con le pensioni di vecchiaia, assegni sociali compresi, le ex lavoratrici percepiscono 758 euro e gli ex lavoratori 1.071 euro, sempre in media e su base mensile.

Lo scostamento si rileva anche per le pensioni di invalidità: 897 euro per gli uomini, 661 euro per le donne.

Il rapporto si inverte specularmente per gli indennizzi destinati ai superstiti, le pensioni di reversibilità di vedove e vedovi e figlie e figli: 924 euro vanno mediamente alle beneficiarie (molte di più, 165.552), 536 ai beneficiari (in netta minoranza numerica, 38.156).

Tra le più penalizzate le lavoratrici parasubordinate

Tra le più penalizzate, anche sul fronte delle pensioni e dei diritti, ci sono le lavoratrici parasubordinate. Una donna appartenente a questa categoria (ad esempio una ex co.co.co, una venditrice a domicilio, una professionista senza cassa previdenziale) prende in media 247 euro di pensione di vecchiaia, un uomo 436 euro, il che fa 189 euro in meno, il 43,35 per cento di gap.

Altissimo lo scarto degli assegni di invalidità, sempre tra ex parasubordinate e colleghi: 186 euro l’erogazione mensili al femminile, 308 al maschile, con un solco di 122 euro, il 39,6 per cento.

Di rilievo in negativo anche il dato riferito alle ex dipendenti del settore privato, quelle coperte dal fondo Fpld: i colleghi maschi incamerano una pensione di vecchiaia pari in media a 1.476 euro al mese, le colleghe si fermano a 743: 683 euro di abisso, il 46,27 per cento.

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Diminuisce il numero dei neo pensionati

In diminuzione è anche il numero complessivo delle nuove pensioni erogate dall’Inps a partire dal 2023: assommano a 764.907, contro le 865.948 pagate a cominciare dal 2022, con un decremento dell’11,67 per cento.

In particolare, per l’anno scorso, si registrano 296.153 pensioni di vecchiaia in avvio, 218.584 anticipate, 46.462 di invalidità e 203.708 di reversibilità.

Le uscite dal lavoro del 2023 categoria per categoria nei dati Inps

Analizzando le singole gestioni, come fa sempre il Monitoraggio dell’Inps, la generalità dei lavoratori dipendenti del settore privato totalizza 376.753 pensioni nel 2022 e 327.558 nel 2023. Seguono dipendenti pubblici (con 148.544 e 116.952 posizioni), artigiani (92.141 e 83.900), commercianti (82.140 e 73.503), parasubordinati (42.425 e 41.431) e l’insieme di coltivatori diretti, coloni e mezzadri (39.872 e 33.024).

Gli assegni sociali sono stati erogati a 84.073 persone nel 2022 e a 88.539 nel 2023, sempre con un gap di genere: 446 euro mensili per le donne e 500 euro mensili per gli uomini (l’anno scorso, rispettivamente contro 414 e 462 di due anni fa).

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