Diritti dei lavoratori stranieri: condannati Viminale e Prefettura di Milano
Accolta la class action di un centinaio di cittadini stranieri e datori di lavoro, penalizzati da ritardi e disservizi nell’iter per l’emersione e la regolarizzazione. Il Tribunale amministrativo lombardo stigmatizza inerzia e carenze di ministero dell’Interno e Ufficio territoriale del Governo e intima di porre rimedio entro tre mesi
Il 19 maggio 2020, in piena emergenza Covid, il governo Conte II varò un provvedimento per far emergere e regolarizzare lavoratrici e lavoratori stranieri impiegati sotto traccia in agricoltura e allevamento, attività domestiche e assistenza ad anziani e malati non autosufficienti, cioè braccianti, pastori, colf e badanti, “invisibili” quanto indispensabili.
La gestione delle pratiche della sanatoria, onerosa per gli interessati, venne affidata alle prefetture, dotate di risorse ad hoc, chiamate ad organizzarsi.
I tempi di trattazione delle istanze si sono allungati e dilatati a dismisura, ben oltre il termine fissato per l’inoltro delle richieste (15 agosto 2020), al di là dei 180 giorni poi indicati dal Consiglio di Stato per definire le singole posizioni. Migliaia di domande, ciascuna delle quali corrispondente a una persona portatrice di diritti e di bisogni, si sono accumulate, inevase. E non solo a Milano.
L’esercito dei lavoratori stranieri “invisibili”
Nel capoluogo lombardo sono state raccolte 26.225 istanze, su un totale nazionale di 207.502. A maggio 2022 risultavano completati appena 6.381 fascicoli, 5.484 in modo positivo per i lavoratori e 533 con esito negativo.
Al 21 luglio 2023 le domande smaltite sono salite a 15.528, la discesa delle pratiche arenate si è fermata a 10.697.
Leggi anche:
• 3 ottobre: la Giornata della memoria nelle analisi di Oim, Unhcr e Unicef
• Richiedenti asilo: hanno diritto all’accoglienza, ma vivono in strada
Lavoratori stranieri e datori di lavoro contro Viminale e prefettura di Milano
Coalizione italiana libertà e diritti civili, Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione, Oxfam Italia, Spazi circolari e Naga, sette immigrati e cinque datori di lavoro si sono rivolti al Tar della Lombardia per denunciare le inadempienze delle amministrazioni coinvolte nella gestione delle pratiche (ministero dell’Interno e Prefettura di Milano in primis e Questura, Ispettorato del lavoro e ministero dell’Innovazione tecnologica) e per far rispristinare corrette funzioni amministrative.
Nel 2022 è partita una class action contro i referenti istituzionali lenti e inerti, impermeabili ad una formale diffida, lasciata cadere nel vuoto.
Il Tar accoglie le richieste dei lavoratori immigrati
Il Tribunale amministrativo lombardo ha accolto l’azione collettiva, cui hanno aderito un centinaio di uomini e donne. Ha riconosciuto l’inerzia degli apparati. E ha intimato a Viminale e Prefettura milanese di adottate soluzioni efficaci e correttivi entro 90 giorni dalla comunicazione della sentenza, pubblicata il 4 dicembre 2023.
L’analisi dei giudici è impietosa, calata nella realtà. Si parla di «oggettiva inefficienza dell’amministrazione nell’attuazione, sul piano esecutivo e gestorio, della decisione legislativa di procedere a una sanatoria straordinaria delle posizioni lavorative irregolari».
Diritti negati ai lavoratori stranieri in Italia
I ritardi hanno danneggiato non poco i lavoratori sommersi stranieri che hanno intrapreso la strada della emersione, già costretti a code, pellegrinaggi tra uffici, attese, perdite di giornate di lavoro, rimpalli, giri a vuoto. Con in mano la sola ricevuta di presentazione dell’istanza, elenca il Tar, gli irregolari totali non hanno potuto cercare impieghi migliori, sono stati impossibilitati ad aprire un conto corrente in banca e ad iscriversi all’Anagrafe, hanno dovuto rinunciare a tornare temporaneamente nei Paesi di origine per vedere mogli, figli, familiari.
Per molti, ancora nel limbo, rimane così. Con complicazioni o dinieghi per l’iscrizione al servizio sanitario nazionale. Senza contare i casi in cui sono deceduti gli assistiti oppure i datore di lavoro sono morti o hanno chiuso le attività, con ulteriori tortuosità.
Leggi anche:
• Stop Border Violence, contro la violenza ai confini d’Europa
• Trieste è bella di notte, il film-denuncia dal confine tra Italia e Slovenia
Una «decisione storica»
Rimarca uno degli avvocati schierati a fianco di immigrati e associazioni, Gennaro Santoro: «Quella del Tar lombardo è una decisione storica. Finalmente si stigmatizza la diffusa prassi delle pubbliche amministrazioni di dilatare a dismisura i tempi di evasione delle pratiche che riguardano le persone straniere. Il Tribunale ha il merito di ribadire che il rapporto con i privati deve sempre essere improntato al rispetto dei principi sul buon andamento dell’azione amministrativa, nonché dei criteri di efficienza ed efficacia della stessa. Non resta che augurarsi che la Prefettura di Milano si uniformi alla pronuncia e ponga rimedio alla situazione creata e che lo stesso facciano le molte altre prefetture inadempienti».
Andranno usate le risorse rese disponibili dall’inizio, senza maggiori spese per la finanza pubblica.
I primi effetti della decisione del Tar
I “condannati” potranno impugnare la sentenza davanti al Consiglio di Stato. Nel frattempo hanno cominciato a pianificare e realizzare quello che avrebbero potuto organizzare e fare a partire dal 2020 per rispondere in tempi ragionevoli alle istanze.
Un esempio? Aprire gli sportelli della Prefettura anche di sabato. Un altro? Mettere in campo dipendenti interni di altri settori e avvalersi di un maggior numero di collaboratori esterni, in lavoro somministrato, oltre che interinali. Un altro ancora? Procedere alle istruttorie delle pratiche direttamente in sede di convocazione, in modo da evitare ripetute richieste di documenti, spesso già forniti.
Sistema informatico in panne e procedure penalizzanti
Un intoppo tecnico portato come giustificazione ha pesato relativamente poco sulle tempistiche complessive, secondo la sentenza del Tar. Però rende l’idea di come l’appartato abbia affrontato l’onda d’urto delle domande di emersione, prevedibile in anticipo.
Il sistema informatico utilizzato si è bloccato per più di un mese per il passaggio all’applicativo, che poi ha mostrato problemi di funzionamento e limitazioni.
Il programma adottato, raccontano i giudici, non consente il caricamento dei documenti da parte degli utenti, ma rende necessaria la trasmissione via email. Per rettificare l’inserimento sbagliato di un qualsiasi dato anagrafico, sia del datore di lavoro sia del dipendente, si ritorna da capo. La pratica non va avanti e, come nel gioco dell’oca, fa marcia indietro. Deve essere riportata alla fase preistruttoria per il rilascio dei pareri della Questura e dell’Ispettorato territoriale del lavoro, passaggi burocratici obbligati.
Nessuna attenuante per le lungaggini con i lavoratori stranieri
Argomentano sempre i giudici amministrativi, respingendo altre tesi difensive:
«Neppure la lamentata incompletezza delle istanze o la presenza di documentazione falsa o di dichiarazioni non veritiere può costituire una motivazione sufficiente a giustificare la grave e sistematica violazione del termine di conclusione del procedimento di emersione Sebbene tali circostanze costituiscano innegabili elementi di criticità nella gestione delle domande, non vi è dimostrazione della loro effettiva incidenza sulla tempistica complessiva di definizione delle pratiche, specie considerando la rilevanza del ritardo accumulato dall’amministrazioni».
La Prefettura di Milano valuta il ricorso
Da corso Monforte, sede della Prefettura di Milano, non arrivano commenti sulla “bocciatura” da parte del Tar. «Con l’Avvocatura di Stato – accennano – si sta valutando se ricorrere o meno al Consiglio di Stato».