Panama: società civile in piazza contro la multinazionale mineraria
A Città di Panama si continua a manifestare contro la concessione di nuovi progetti minerari che colpirebbero pesantemente l'ambiente e la popolazione. Sul banco degli accusati c'è l'accordo tra il governo e la filiale Minera Cobre Panamá della compagnia canadese First Quantum Minerals
Migliaia di persone continuano a scendere in piazza a Città di Panama e altre zone del paese per manifestare il loro dissenso alla nuova espansione dei progetti minerari a Panama. Il 28 di agosto, infatti, è iniziato ufficialmente il dibattito parlamentare per la firma del nuovo contratto tra lo Stato panamense e la filiale Minera Cobre Panamá della compagnia canadese First Quantum Minerals, una negoziazione che riguarda la regolarizzazione della concessione per lo sfruttamento di una zona mineraria già in disputa dalla seconda metà degli anni ’90.
Da fine agosto non si sono fermate le proteste nelle quali decine di cittadini e membri di organizzazioni ambientaliste, lavoratori, giovani, agricoltori, donne, popoli indigeni e artisti, hanno fatto sentire la loro voce davanti all’Assemblea dei deputati.
I manifestanti gridano slogan contro la norma che legalizza il contratto, «Questa terra non si vende, questa terra si difende», mostrando striscioni con messaggi come «Justin Trudeau, questo è neocolonialismo», facendo riferimento alle politiche portate avanti dal governo canadese fuori dai propri confini.
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Attività mineraria a Panama: la società civile chiede una moratoria
La mobilitazione si focalizza contro le politiche che promuovono un estrattivismo minerario predatorio, imposto da interessi statali senza consultazioni con le comunità, che chiedono una vera e propria moratoria mineraria.
La concessione che ha scatenato la protesta riguarda un territorio di 12.000 ettari nel distretto di Donoso, provincia caraibica di Colón. Si tratta di un ecosistema che include un foresta protetta e che fa parte del corridoio biologico mesoamericano, un importante santuario per migliaia di specie animali e piante.
Già in passato le comunità della zona avevano denunciato che dove prima c’erano alberi, vita e un corridoio biologico funzionante, ora c’è terra nuda, acqua inquinata, macchinari per l’estrazione mineraria e distruzione.
Questo perché lo Stato panamense aveva già autorizzato la società Minera Cobre Panamá alla realizzazione del progetto e all’estrazione di rame, ma nel 2017 quel contratto era stato dichiarato incostituzionale e quindi legalmente annullato.
Oggi quello che si pretende è la regolazione attraverso la legge 1043, in discussione presso la commissione Commercio e Affari economici dell’Assemblea nazionale, delle stesse pratiche distruttive che hanno già lasciato un segno devastante sul territorio: pratiche che hanno portato all’apertura di diversi processi amministrativi e di indagini del pubblico ministero per presunte non conformità in materia ambientale.
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Panama, una contaminazione che viene da lontano
In passato erano già stati denunciati più di 200 danni ambientali descritti in 13 rapporti che danno conto di oltre venti ispezioni del ministero dell’Ambiente di Panama (Miambiente), effettuate tra il 2012 e il 2019 presso la miniera di rame di Colón, gestita da Minera Cobre Panamá.
Queste ispezioni hanno registrato l’inquinamento dei fiumi e del suolo, con impatti negativi sia sugli ecosistemi naturali sia sulle comunità umane, vista la presenza in grandi quantità di elementi altamente tossici come metalli pesanti e altri agenti patogeni.
Questa situazione proviene da una concessione data dallo Stato panamense attraverso la legge n. 9 del 25 febbraio 1997 a Petaquilla Gold (che ha permesso l’ingresso di Mineria Cobre Panamá). Il Centro di Incidenza Ambientale – Ciam, ong panamense dedicata alla conservazione ambientale, ha denunciato per incostituzionalità nel 2009 il suddetto contratto alla Corte suprema di giustizia.
Lo Stato avrebbe infatti dovuto realizzare una gara d’appalto pubblica per dare la concessione e avrebbe dovuto far realizzare uno studio d’impatto ambientale, elementi che hanno portato al verdetto favorevole della Corte rispetto alla denuncia del Cima (21 dicembre 2017).
Sembrava una vittoria per gli ambientalisti, ma di fronte alla decisione dei giudici, il governo ha deciso di mantenere in piedi le operazioni della filiale di First Quantum Minerals (non pubblicando la sentenza nella gazzetta ufficiale dello Stato) e ora cerca di regolarizzarne le attività.
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Proteste a Panama contro l’attività mineraria: la situazione attuale
Radio Temblor ha dato voce alle proteste fin dall’inizio e continua a dare aggiornamenti sugli sviluppi di questa vicenda. Si tratta un mezzo di comunicazione alternativo del collettivo Voces Ecológicas Covec emerso nel 2008 nel quadro della Mobilitazione socio-ambientale rurale e nazionale a Panama.
Attraverso la mobilitazione continua e la denuncia di quanto sta accadendo, il movimento ambientalista panamense è riuscito a farsi sentire nel dibattito attraverso udienze pubbliche celebrate a settembre.
L’appello al governo del presidente Laurentino Cortizo e ai deputati dell’Assemblea nazionale è chiaro: ritirare il disegno di legge 1043 e dichiarare una moratoria su questo modello di sviluppo predatorio.
In questo senso il Movimiento Panamá Vale Más Sin Minería MPVMSM (Panama vale di più senza l’industria mineraria) sottolinea come Panama sia già passata per la cessione dei diritti sovrani del suo territorio con il caso della vecchia zona del Canale e che ci sono voluti 96 anni per poter riavere quell’enclave coloniale. Ora l’attuale governo sembra voler fare le stesse concessioni a una multinazionale mineraria.
Dal canto suo il governo di Panama difende i vantaggi dell’accordo (che durerebbe 20 anni con possibilità di proroghe), che prevede la creazione di 40.000 posti di lavoro (diretti e indiretti) e un introito annuale minimo per le casse dello Stato di circa 350 milioni di euro, con un impatto generale stimato pari a circa il 4,8% del Pil del Paese.
Dal canto suo First Quantum ha investito dall’inizio delle operazioni circa 10 miliardi di euro, costruendo la più grande operazione mineraria dell’America Centrale e non sembra intenzionata a cedere.