Terremoto in Afghanistan, il racconto della giovane Roqia
Uno dei terremoti più forti degli ultimi anni ha colpito l'Afghanistan, un Paese già travolto pesantemente da una crisi umanitaria, economica e politica. Ecco cosa ha raccontato a Osservatorio Diritti Roquia da un villaggio vicino a Herat
Era la mattina di sabato 7 ottobre, le 11 ora locale. Roqia, una giovane di 23 anni, stava guardando la televisione nella sua casa, in un piccolo villaggio vicino a Herat, in Afghanistan, quando le pareti attorno a lei hanno improvvisamente cominciato a tremare.
«Ho sentito un suono fortissimo – racconta Roqia a Osservatorio Diritti – e ho subito pensato che stesse arrivando un carro armato. Ma la casa tremava sempre di più e quando ho capito che si trattava di un terremoto sono corsa fuori. Gli altri membri della mia famiglia erano già usciti. Sono rimasta fuori con mia nonna e mio nonno, tutti i nostri vicini di casa gridavano e scappavano fuori dalle loro case, io non vedevo più i miei genitori. Ero sotto shock, piangevo, ero sicura che sarei morta».
Afghanistan, il terremoto fa migliaia di morti
La serie di terremoti, uno dei quali di magnitudo 6.3, che il 7 ottobre ha colpito diversi villaggi rurali a circa 35 km dalla città Herat, nell’omonima provincia, la terza più grande dell’Afghanistan che conta circa 1,9 milioni di abitanti, in molte zone ha sbriciolato le case, uccidendo oltre duemila persone (alcune fonti stimano quasi 3000, e il bilancio potrebbe salire ancora) e ferendone svariate migliaia. Alla prima grande scossa ne sono seguite altre di assestamento, ma sempre ad alta intensità, terrorizzando la popolazione e aggravando i danni, fino al giorno successivo.
Secondo i dati delle Nazioni Unite per ora sono 12.110 le persone colpite (1.730 famiglie), nei distretti di Injil, Gulran, Kohsan e Kushk e Zindajan. In quest’ultimo, i villaggi di Kushk, Naieb Rafi e Siah Ab sono stati pesantemente danneggiati. I familiari delle persone disperse, ancora quasi 500, da giorni continuano a cercare i loro cari sotto le macerie aiutati dai volontari. In alcuni paesi il 100% delle abitazioni è stato distrutto. A Siah Ab lunedì si è tenuto un funerale di massa per 300 vittime. I corpi avvolti da coperte e tappeti vengono sepolti nella terra.
Cinque giorni dopo, un’altra scossa di magnitudo 6.3, alle 5 del mattino, questa volta più vicino alla città di Herat, ha aggravato la situazione causando, secondo le prime informazioni ufficiali, circa 80 feriti e il danneggiamento di 700 abitazioni. Fortunatamente gran parte delle persone si trovavano fuori casa a causa delle precedenti scosse.
«È stato terribile. Nel primo terremoto tantissime donne e bambini sono morti. Sono passati giorni e ho ancora mal di testa e vertigini. E questa notte ci siamo svegliati gridando con la terra che tremava ancora sotto i nostri piedi. Ancora adesso sentiamo muoversi tutto».
Il sisma di sabato è stato riconosciuto come uno dei più letali di quest’anno, dopo le scosse in Turchia e Siria che hanno ucciso oltre 50 mila persone.
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Afghanistan, la scossa di magnitudo 6.3 colpisce un Paese in equilibrio precario
Questa scossa, la più intensa degli ultimi anni nel Paese, si aggiunge alla situazione già molto precaria dell’Afghanistan, consumato dalla guerra e nel pieno di una crisi economica che ha messo colpito duramente gran parte della popolazione.
Roqia era una studentessa, ma nel 2021 è stata costretta a lasciare gli studi perché dopo l’instaurazione del regime imposto dai Talebani non le è stato più permesso avere accesso a un’istruzione, in quanto donna. In questi giorni non è più al sicuro nemmeno in casa propria. Resta fuori, all’aperto con la sua famiglia, composta da 14 persone, ha dovuto interrompere tutte le sue attività e trascorre le giornate come può, proprio come tutti gli altri attorno a sé.
«Tornare dentro casa è troppo pericoloso. Le persone stanno tutto il tempo fuori, senza speranza. Noi abbiamo un cortile abbastanza ampio, ma alcuni non hanno spazio fuori di casa e stanno vivendo per strada. Di notte le temperature sono molto basse e la gente non è attrezzata per scaldarsi. Credimi, è veramente difficile per il popolo afghano vivere questa situazione. Non sappiamo cosa succederà in futuro, non sappiamo cosa sarà delle nostre vite. Ho molta paura e prego che non ci siano altri terremoti, che tutta questa distruzione finisca, non possiamo davvero sopportare più di questo».
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Gli aiuti umanitari oggi
Gli aiuti umanitari stanno facendo molta fatica ad arrivare, soprattutto nelle zone rurali più lontane. Strade bloccate, comunicazioni rallentate e scarsa attrezzatura da giorni rendono complicate le operazioni di soccorso.
Alcuni elicotteri sorvolano le zone più danneggiate, ad esempio il distretto di Zindajan, racconta Roqia, e le comunità vicine si sono mosse per portare aiuti primari come cibo e acqua.
Gli ospedali locali sono saturi, cercano di curare i feriti come possono.
A supporto, le Nazioni Unite sono intervenute fornendo attrezzature mediche per effettuare interventi e anche Medici senza frontiere ha portato sollievo installando anche tende mediche nel complesso ospedaliero di Herat. Ma mancano coperte, dispositivi, beni di prima necessità.