Lago Titicaca prosciugato e contaminato: milioni le persone a rischio
La Federazione Sindacale Unica dei Lavoratori Contadini Nativi della provincia di Los Andes "Tupac Katari", in Bolivia, ha dichiarato lo stato di emergenza a fine agosto a causa dell'inquinamento e della siccità che sta attraversando il lago Titicaca: chiedono che il governo di Luis Arce dichiari il "Disastro Naturale" nella zona
Il livello dell’acqua del lago Titicaca, che si trova a più di 3.800 metri sopra il livello del mare, è oggi a pochi centimetri dal minimo storico registrato nel 1996, secondo quanto si apprende dall’Unità di previsione del Servizio nazionale di idrologia e meteorologia dello Stato Plurinazionale della Bolivia.
A questo si aggiunge la contaminazione delle acque di questo “mare interno”, che si trova incastonato tra Perù e Bolivia (rispettivamente tra i dipartimenti di Puno e La Paz), inquinamento che colpisce in modo diretto i popoli indigeni che vivono di turismo comunitario, pesca e allevamento sulle rive del corpo d’acqua navigabile più alto del mondo.
Il cambiamento climatico sta facendo sentire anche qui i suoi effetti e l’ondata di caldo record registrata in questo inverno australe (dal 21 giugno al 23 settembre) ha fatto peggiorare una situazione già molto complessa.
In una recente intervista concessa al canale di informazione statunitense Cnn, Sixto Flores, direttore a Puno del Servizio Nazionale di Meteorologia e Idrologia del Perù (Senamhi), ha confermato che le precipitazioni sono state inferiori del 49% rispetto alla media, da agosto 2022 a marzo 2023: proprio il periodo nel quale grazie alle piogge i livelli dell’acqua del Titicaca dovrebbero tornare a salire.
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In Bolivia il lago Titicaca si sta prosciugando
«Chiediamo che venga dichiarata zona di disastro naturale sul versante boliviano perché vediamo che le zone umide, i nostri fiumi e i pozzi si stanno prosciugando a causa del riscaldamento globale. Non abbiamo più acqua», ha detto Tomás Quispe, dirigente della Federazione Sindacale Unica dei Lavoratori Contadini Nativi della provincia di Los Andes “Tupac Katari”.
La mancanza di pioggia e il fenomeno climatico del El Niño hanno portato il livello del lago molto vicino ai minimi storici, facendo seccare una particolare canna chiamata Totora (dal quechua t’utura). Si tratta di una pianta acquatica appartenente alla famiglia Cyperaceae, con la quale le popolazioni locali alimentano parte del loro bestiame.
Di fronte alle scarsità della Totora dovuta alla siccità, gli abitanti delle rive del lago hanno optato per estrarre alghe dal Titicaca per alimentare gli animali. L’operazione però presenta un nuovo fattore di rischio, giacché le alghe sono estremamente contaminate per il livello d’inquinamento delle acque, situazione che ha già provocato il manifestarsi della fasciola hepatica, una pericolosa malattia causata da un verme che può infettare il fegato di diversi animali.
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L’inquinamento del lago Titicaca in Perù
Anche dal lato peruviano, non è solo il cambiamento climatico a complicare le cose per questo immenso lago, ma anche le attività umane che hanno reso estremamente contaminate le sue acque.
Infatti, secondo il report Titicaca: la fogna di Puno, progetto d’indagine giornalistica realizzato da Convoca, in alleanza con Connectas e con il sostegno del Pulitzer Center on Crisis Reporting, tutti i fiumi che sfociano nel lago Titicaca sono contaminati da metalli pesanti, residui fecali e rifiuti di ogni tipo.
Il documento, a firma di Roberth Orihuela Quequezana, spiega che gli studi effettuati sulle acque dei sette fiumi principali affluenti del lago Titicaca (Coata, Azángaro, Huancané, Huaraya, Illpa, Llave,Callacame e Suches) rivelano quantità pericolose di metalli pesanti, riscontrati anche nelle analisi mediche effettuate sugli abitanti della zona.
Nei pesci che vivono negli affluenti del lago sono state trovate microplastiche e, come conseguenza di questo ciclo della contaminazione, anche gli animali che vivono nella zona del Titicaca sono costretti al consumo di sostanze inquinate.
Nel report si legge:
«La città che contribuisce maggiormente all’inquinamento è Juliaca (Perù). Si tratta di un centro urbano dove si concentra il 65% del commercio dell’intera regione dell’altopiano, una sorta di gigantesco mercato dove si commercia di tutto, anche se gran parte proviene dal contrabbando, il che spiega il tasso di informalità, che supera l’89,4 per cento. I quasi 280 mila abitanti di Juliaca non dispongono di un impianto di trattamento delle acque reflue».
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Si teme una grande ondata migratoria
Sono circa 3 milioni le persone che vivono intorno a questo immenso lago nei due stati dell’America Latina di Bolivia e Perù e tra queste spiccano le comunità ancestrali aymara, quechua e uros.
Non solo l’allevamento, ma anche l’agricoltura è stata colpita dalla siccità e le autorità regionali hanno già dato conto delle grandi perdite dei raccolti di quinoa e patate (alimenti di base della popolazione locale) e di avena (alimento utilizzato principalmente per il bestiame).
A questo si aggiunge il forte rallentamento del turismo, fonte di introiti che soprattutto dal lato peruviano avevano contribuito a dare respiro ad una zona storicamente depressa economicamente (una delle aree più colpite dalle recenti proteste in Perù contro la presidente Dina Boluarte e il Congresso).
Di fronte ad un lago inquinato, che perde 120 milioni di tonnellate di acqua all’anno, e ad una commercio locale ancora sofferente per gli strascichi del Covid-19, si prevedono nuove e intense ondate migratorie di persone costrette ad abbondare le rive del Titicaca, a meno di piani strutturali per recuperare un’economia di sussistenza.
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