Honduras, la criminalità uccide fuori e dentro il carcere
Nelle ultime settimane si contano decine di morti in Honduras a causa della lotta fra bande, dentro e fuori gli istituti di detenzione. E ora si teme anche per la dura reazione del presidente Xiomara Castro, che potrebbe sommare violenza a quella già scatenata dalla criminalità
Martedì 20 giugno uno scontro armato all’interno del principale carcere femminile dell’Honduras ha causato la morte di almeno 46 carcerate. La maggior parte di loro è bruciata viva dentro un bagno.
Altre detenute sarebbero morte per colpi di arma da fuoco o per ferite da arma da taglio all’interno del Centro femminile per l’adattamento sociale (Cefas) situato a Tamara (Francisco Morazán), a circa 30 chilometri a nord-ovest di Tegucigalpa, la capitale del paese centroamericano.
Criminalità in Honduras: la lotta tra bande
Secondo quando diffuso dalle autorità, i fatti sarebbero attribuibili allo scontro tra le due grandi bande criminali che si contendono il paese. Membri della Mara 18 avrebbero fatto irruzione nel carcere sparando con armi di grosso calibro nell’ala dove si trovano i loro rivali della Mara Salvatrucha (MS-13), dando fuoco successivamente alle installazioni.
La criminalità organizzata è responsabile della violenza generalizzata in questo paese del centroamerica, che nel 2022 ha fatto registrare 40 omicidi ogni 100.000 abitanti. Qui i gruppi criminali estendono la loro influenza su vasti territori, a volte città intere, controllano le carceri e proprio da questi istituti, trasformati spesso in roccaforti del crimine, i leader incarcerati delle Maras continuano a gestire traffici illeciti e ordinare omicidi.
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Le reazioni al massacro nel carcere femminile
L’efferato crimine che ha coinvolto le detenute nel carcere di Tamara è stata solo l’ultima goccia di violenza in un paese che vive quotidianamente estorsioni, sequestri, restrizione della libertà di stampa e una generale e costante sensazione di assenza dello Stato.
Papa Francesco, nella sua preghiera domenicale del 25 giugno, ha espresso il suo cordoglio alle famiglie delle vittime per l’accaduto, invocando la benevolenza della vergine di Suyapa (venerata in Honduras), perché possa aiutare ad aprire il cuore alla riconciliazione e dare spazio a una convivenza fraterna, anche dentro le carceri.
La presidentessa Xiomara Castro ha attribuito ufficialmente l’accaduto alle bande che seminano violenza nel Paese e che hanno il controllo indiscusso delle carceri e, a poche ore dai fatti, annunciava una forte e dura reazione da parte del suo governo.
Sull’account Twitter della presidenza, proprio il 20 giugno, si poteva leggere:
«Sconvolta dal mostruoso omicidio di donne nel CEFAS, pianificato da bande sotto gli occhi e con l’inedia delle autorità di sicurezza. La mia solidarietà alle famiglie. Convoco il ministro della Sicurezza e il presidente della Commissione di intervento per rendere conto. Prenderò misure drastiche!»
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Honduras, misure drastiche contro la violenza scatenata dalla criminalità
Mentre il governo stava decidendo sul da farsi dopo i fatti di Tamara, altri orribili crimini hanno sconvolto il paese solo quattro giorni dopo. Sabato 24 giugno, infatti, dentro una sala biliardo a Choloma, delle persone armate hanno fatto irruzione sparando sui presenti: 13 le vittime registrate. Lo stesso giorno, altre 8 persone sono state uccise nel nord del paese, nella zona di San Pedro Sula.
Dopo questi ulteriori 21 morti, la risposta di Xiomara Castro non si è fatta attendere e la presidentessa dell’Honduras ha lanciato un’offensiva militare per far fronte alla violenza che sta dissanguando il paese centroamericano, seguendo la scia di quanto realizzato nel Salvador dal presidente Najib Bukele.
«Ho adottato misure per fornire sicurezza di fronte al brutale e spietato attacco terroristico a cui siamo sottoposti per conto di teppisti addestrati e diretti dai signori della droga che operano impunemente nel corridoio della droga, ovvero il valle di Sula»: con queste parole iniziava il messaggio alla nazione di Castro del 25 giugno.
Specificando poi che nell’ambito del piano di sicurezza “Soluzione contro il crimine e lo stato di eccezione”, si dava inizio all’operazione Candado Valle de Sula, diretta in prima persona dal ministro della sicurezza generale Gustavo Sánchez, accompagnato dal colonnello Julio A. Ruiz della 105a brigata e dalla polizia militare.
Si tratta di un molteplici operazioni militari, raid, catture e posti di blocco eseguiti durante le 24 ore successive, con l’instaurazione di un coprifuoco speciale per Choloma, dalle 21 alle 4, e con un coprifuoco speculare a San Pedro Sula, anche se dal 4 di luglio.
A questo si aggiunge la ricompensa di 800 mila lempira (circa 30 mila euro) per chi faciliterà la cattura degli assassini nelle stragi di Choloma e San Pedro Sula.
Diritti costituzionali sospesi in Honduras
Il nuovo corso intrapreso dall’amministrazione Castro e le immagini di prigionieri nudi, ammanettati e ammassati nei centri di detenzione – immagini che in poche ore hanno fatto il giro del mondo – hanno però messo in allarme le organizzazioni che difendono i diritti umani. Amnesty International il 29 giugno ha diffuso un comunicato nel quale criticava le politiche di sicurezza dell’Honduras che emulano quanto sta accadendo nel Salvador.
L’ong denuncia che l’uso di forze di sicurezza militarizzate e la sospensione dei diritti costituzionali ha già portato nella regione a violazioni dei diritti umani, come la morte di persone detenute dallo Stato, detenzioni arbitrarie, maltrattamenti, violazioni del diritto al giusto processo, discriminazione, restrizioni alla esercizio della libertà di espressione e persino reati ai sensi del diritto internazionale, come la tortura e le sparizioni forzate di persone.
Erika Guevara Rosas, direttrice per le Americhe di Amnesty, ha specificato in un’intervista alla Cnn che stiamo assistendo ancora una volta a un populismo punitivo con immagini dantesche che ricalcano gli stati di emergenza che oramai da più di un anno vengono prorogati nel Salvador.