Difensori dell’acqua: Álvaro Arvizu ucciso in Messico
Álvaro Arvizu, ambientalista e difensore dell'acqua, è stato ammazzato nel corso di un attacco alla sede della sua organizzazione a Tlalmanalco, in Messico: ecco la sua storia e cosa rischiano i difensori dei diritti nel Paese latinoamericano
Il 13 giugno a Tlalmanalco, cittadina di circa 50 mila abitanti situata nella parte est dello Stato del Messico (uno dei 31 stati della Federazione), si è consumato un attentato premeditato contro Álvaro Arvizu Aguiñaga, di 62 anni.
Persone non ancora identificate dalle forze dell’ordine hanno fatto irruzione negli spazi del Centro per la Sostenibilità Incalli Ixcahuicopa (Centli), dove Arvizu Aguiñaga lavorava e lo hanno attaccato ferendolo gravemente. Lesioni che lo hanno portato alla morte il 19 giugno nella clinica 71 dell’Istituto messicano della salute pubblica (Imss).
Álvaro era un pilastro della comunità, riconosciuto per il suo lavoro nella ricerca e promozione di pratiche agro ecologiche e sostenibili nel Centli, oltre ad essere un noto difensore dell’acqua: attivismo che lo vedeva vincolato a diverse iniziative come la mobilitazione cittadina per l’importante promulgazione della legge generale sull’acqua (Ley General de Aguas) che intaccava gli interessi di grossi gruppi di investimento nella regione.
Carlos Vargas Cabrera, direttore accademico del Centli, anch’egli aggredito sul posto, ha spiegato che l’attacco era premeditato e pianificato.
«Gli aggressori sono arrivati in moto da una zona non sorvegliata e hanno tolto la corrente elettrica. Prima che arrivassero le pattuglie della polizia, abbiamo sentito dei suoni che sembravano mettere in allerta i malviventi, che a quel punto se ne sono andati immediatamente. La polizia non è venuta ad assisterci ma si è diretta immediatamente dove giaceva Álvaro. Noi eravamo in un altro spazio, ammanettati e malconci, e soli 20 minuti dopo ci hanno soccorso: avevano paura di entrare nella casa dove eravamo legati».
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Difensori dell’acqua, le reazioni all’omicidio di Álvaro Arvizu
La morte di Alvaro in seguito alle gravi ferite riportate durante l’attacco ha generato non solo commozione e rabbia nella sua comunità, ma anche delle forti reazioni da parte di diverse istituzioni, tra le quali anche l’ufficio messicano dell’Alto Commissario per i diritti umani delle Nazioni Unite (Onudh Messico).
Attraverso un comunicato pubblicato su Twitter, l’Onudh Messico ha dichiarato:
«Questa aggressione ribadisce la necessità di garantire l’incolumità di chi difende l’ambiente e l’acqua, in particolare nelle zone di difficile accesso e comunicazione».
La nota ha sottolineto anche che Álvaro è già il quarto difensore ambientale (di cui si è a conoscenza) ad essere assassinato nel 2023.
Nel comunicato l’Onu sollecita le autorità ad indagare sui fatti considerando il lavoro che il difensore dei diritti ha svolto all’interno di Centli, gli interessi che avrebbero potuto essere lesi dai progetti a cui ha partecipato e il contesto di presunte vicende simili nell’area.
Comunicati di condanna per l’attacco e per la dilagante impunità per i criminali, sono arrivati anche dall’Università Autonoma Metropolitana, così come da ong nazionali e internazionali, insieme alle richieste di giustizia e verità, al grido di Álvaro somo todos (siamo tutti Alvaro).
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Attacco continuo ai difensori dell’ambiente
In Messico difendere l’ambiente è un’attività ad alto rischio e la violenza contro gli attivisti come Álvaro Arvizu Aguiñaga è generalizzata, nonché ammantata da una imperante impunità.
Secondo i dati raccolti dal Centro messicano del diritto dell’ambiente (Cemda), solo nel 2022 si sono registrati almeno 582 aggressioni contro persone e comunità che difendono l’ambiente. La cifra più alta dal 2014, l’anno in cui l’organizzazione ha iniziato a contabilizzare e documentare i casi di violenza.
Lo scorso anno sono state 22 le persone uccise per aver difeso il territorio e di queste almeno 7 casi vengono indagati come presunte esecuzioni extragiudiziali per la possibile partecipazione delle forze dell’ordine pubblico negli omicidi.
Durante i primi 4 anni dell’amministrazione dell’attuale presidente Andrés Manuel López Obrador, sono stati 82 i casi di omicidio di difensori dell’ambiente, ai quali vanno purtroppo aggiunti i morti del 2023.
Tra questi anche l’apicultore e dottore della Benemérita Universidad Autónoma de Puebla, Cuauhtémoc Márquez Fernández, che è stato attaccato nella sua casa la sera prima dell’attentato ad Alvaro, alle 21 del 12 giugno, ed è morto poco dopo per le ferite riportate nell’ospedale Zentlalpan, nel comune di Amecameca (sempre nello Stato del Messico).
Accordo di Escazú ancora tutto da mettere in pratica
Gustavo Alanís Ortega, presidente del Cemda, nel commentare il report che dettaglia i dati del 2022, ha sottolineato come durante i processi giudiziari che nascono da questi omicidi e da queste aggressioni si osservi come non si dia particolare rilevanza nelle indagini all’opera di difesa ambientale della persona assassinata e che in pochissimi casi si arriva ad arrestare qualcuno e quasi mai ad avere una sentenza.
Una situazione allarmante, dove risulta chiara la mancanza di una politica pubblica nazionale per la protezione dei difensori dell’ambiente, nonostante l’accordo di Escazú (ratificato dal Messico il 5 novembre 2020) preveda che lo Stato disponga di risorse umane e di un budget sufficiente per la loro protezione.
L’accordo di Escazú entrò in vigore ufficialmente giovedì 22 aprile 2021 (giornata internazionale della Terra), salutato con forti speranza dall’Onu, che sottolineava come fosse il primo trattato ambientale regionale dell’America Latina e dei Caraibi.
Un pioneristico strumento giuridico regionale che conta la firma di 24 paesi dell’America Latina e dei Caraibi (anche se non tutti lo hanno ratificato) che, tra le altre cose, obbliga gli Stati aderenti a prevenire, indagare e punire attacchi, minacce o intimidazioni contro i difensori dell’ambiente.